Futuro

Comunicare con il pensiero, ora si può. E serve a chi più ne ha bisogno

Grazie ai passi da gigante della tecnologia, si stanno aprendo inedite possibilità di comunicazione anche per chi è affetto da malattie neurodegenerative
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12 gennaio 2022 Aggiornato alle 15:00

“Ciao mondo! Tweet breve. Progresso monumentale”. Il primo cinguettio che passerà alla storia è proprio questo, ed è stato pubblicato da Philip O’Keefe, 62 anni, malato di sclerosi laterale amiotrofica da 5 anni. Cosa c’è di strano? Che il messaggio postato sul social network è il primo inviato con unicamente il pensiero: grazie a un dispositivo di otto millimetri senza fili impiantato nel cervello di Philip, chiamato Stentrode, l’australiano - affetto da SLA e paralizzato - è riuscito a pensare, comporre e infine pubblicare un messaggio.

A dare la notizia è stata Synchron, l’azienda sviluppatrice della tecnologia, che ha impiantato nel cervello di Philip un’interfaccia che si serve di una rete neurale artificiale ed è poggiata sulla corteccia motoria (la parte responsabile del movimento fisico volontario). Grazie al sistema utilizzato da O’Keefe, pensato per persone con disabilità gravi che non riescono a comunicare in nessun modo, l’utente può guardare uno schermo con una tastiera e selezionare le lettere per comporre una frase. Attraverso un altro apparecchio posizionato sul petto, un algoritmo di machine learning elabora i dati e traduce i segnali in comandi digitali specifici.

Il tweet è stato pubblicato sul profilo di Thomas Oxley, ceo della Synhcron, che ha commentato la notizia ringraziando Philip: “Sei fonte di ispirazione per noi e una leggenda assoluta! Ci è piaciuto lavorare con te. Grazie a tutti per aver aderito. Phillip ha realizzato 7 tweet, oltre ad aver messo diversi like”.

Quello che è successo in Australia è una dimostrazione di come la comunicazione oculare possa aiutare persone con disabilità fortemente invalidanti a esporre pensieri e parole altrimenti impossibili da esternare. “Brain unlocked (cervello sbloccato, ndr)”, si legge sulla homepage di Synchron. “La nostra visione è trasformare la medicina, con un accesso senza precedenti ai dati del cervello”. La biotech americana dichiara come l’intervento non sia invasivo per i pazienti e che lo Stentrode funzioni come un vero e proprio chip mentale. La sua creazione si limita per ora solo a fini medici: oltre al prototipo impiantato a Philip O’Keefe, nell’aprile del 2020, l’azienda ha incluso nella ricerca un altro paziente affetto da SLA.