Diritti

Italia, non solo pizza e spaghetti

La copertina dell’Economist con Liz Truss disegnata in veste di soldato romano con una pizza al posto dello scudo e una forchetta celebra una rappresentazione (anche politica) della Penisola un po’ razzista. E miope
Credit: ANSA/THE ECONOMIST
Tempo di lettura 3 min lettura
21 ottobre 2022 Aggiornato alle 06:30

Siamo ancora a questo?

Allo stereotipo della pizza e degli spaghetti?

Neanche ci arrabbiamo più, ci è solo venuta a noia. La copertina dell’Economist di questa settimana, con la premier appena dimessa Liz Truss disegnata in veste da soldato romano con una pizza al posto dello scudo e una forchetta al posto della lancia sotto al titolo “Welcome to Britaly”, si inserisce nel solco di una rappresentazione dell’Italia un po’ razzista, normalmente appannaggio dei giornali popolari e tutto sommato indegna di un periodico così raffinato.

Perché non una moka, un cappuccino, una fabbrica della meccanica che esporta in tutto il pianeta, le supercar della Ferrari, il vino, i monumenti, il paesaggio del Chianti così amato dagli inglesi?

O un bidet, dicono i più cattivi, visto che il loro affollamento nei nostri bagni è quasi un unicum?

A scanso di equivoci: non essendo esattamente poco accorti, abbiamo colto perfettamente il riferimento alla rapidità dei cambi di Governo, a un uso disinvolto del denaro pubblico e anche a un andamento dei titoli di Stato che in questa fase appare simile.

Una giornalista italiana del Financial Times, Valentina Romei, ha risposto con un pezzo intitolato “Britaly? Vi piacerebbe”, ricordando che l’Italia al netto degli interessi sono praticamente vent’anni che è in surplus di bilancio e che il Regno Unito ricorda un po’ più il nostro Paese negli anni ’80 che quello di oggi.

Ma il paragone è sballato per molti altri motivi.

È vero che in quest’ultima legislatura ci sono stati tre esecutivi differenti, ma l’ultimo è stato guidato dall’italiano più noto, apprezzato e riconosciuto a livello internazionale, che ci ha dato grande visibilità e solidità sulla scena globale, piaccia o non piaccia la sua azione di Governo.

Ora Mario Draghi al Governo non c’è più, però noi restiamo quelli che in un momento di estrema difficoltà hanno fatto ricorso alla loro risorsa migliore.

Poi c’è il fronte europeo. Qua giova ricordare che tutto il caos britannico è iniziato nel momento nel quale Londra ha deciso di votare sull’uscita dall’Ue e hanno prevalso i sì, nella convinzione che senza Bruxelles la Gran Bretagna avrebbe riconquistato la sua centralità nel mondo, senza calcolare che nel frattempo il mondo si è allargato.

Notava acutamente Ugo Tramballi sul Sole 24 Ore che quasi tutti i Paesi del Commonwealth hanno un interscambio commerciale più fitto con l’Europa che con il Regno Unito. In breve: la gloria dell’impero non tornerà solo perché c’è stata la Brexit. L’Italia, con tutti i suoi difetti, ha resistito a queste spinte centrifughe (che pure ci sono state), all’idea di un’uscita dall’Unione europea e dall’Euro.

Questo le ha consentito di beneficiare di un sostanzioso supporto della Banca centrale europea nelle fasi acute delle crisi da Covid e da debito e di una discreta dote del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il tutto tenendo a bada entro limiti accettabili il costo del debito (almeno fino a ora).

Oggi, più che l’italianizzazione della Gran Bretagna faremmo bene a temere la britannizzazione dell’Italia.

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