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Cina: Xi Jinping mette in guardia Taiwan

In apertura del XX Congresso del Partito Comunista cinese, il segretario che si prepara a essere riconfermato per il terzo mandato dichiara che prenderà «tutte le misure necessarie» per la riunificazione con l’isola
Credit: Li Xueren/Xinhua via ZUMA Press
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
17 ottobre 2022 Aggiornato alle 21:00

«Risolvere la questione di Taiwan è un affare del popolo cinese e spetta al popolo cinese decidere».

Nel suo intervento di apertura al XX Congresso nazionale del Partito Comunista cinese, il presidente Xi Jinping manda un messaggio chiaro agli Stati Uniti e ribadisce che «la riunificazione completa della nostra madrepatria deve essere realizzata e sarà sicuramente realizzata».

E aggiunge: «Insistiamo sulla prospettiva di una riunificazione pacifica con la massima sincerità e i nostri migliori sforzi, ma noi non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza e ci riserveremo di prendere tutte le misure necessarie».

La replica di Taipei però non si è fatta attendere. «La sovranità territoriale, la democrazia e la libertà non possono essere compromesse», ha dichiarato in una nota il portavoce dell’Ufficio presidenziale della Repubblica di Cina, il nome ufficiale dell’isola. Ribadendo che «il confronto militare non deve essere un’opzione per i due lati dello Stretto di Taiwan».

Il rapporto tra la Cina e Taiwan, in crisi dalla formazione dell’attuale assetto dello Stato insulare nel 1949, si è incrinato ad agosto in seguito alla visita a Formosa della speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi – seguita nel giro di pochi giorni da una delegazione del Congresso Usa – che ha provocato immediate esercitazioni militari dimostrative da parte di Pechino.

Pur essendo un Paese con una superficie inferiore alla Svizzera per circa 23 milioni di abitanti, Taiwan è la 21esima economia del mondo anche grazie all’industria dei microchip, che la vede al primo posto con circa il 64% della produzione globale di semiconduttori e il 92% dei semiconduttori avanzati.

«Continueremo a mantenere i vantaggi e la capacità di Taiwan nei processi di produzione di semiconduttori all’avanguardia e contribuiremo a ottimizzare la ristrutturazione mondiale della catena di approvvigionamento dei semiconduttori», ha riferito il 10 ottobre la Presidente della Repubblica di Cina Tsai Ing-wen.

Tsai ha respinto il modello di autonomia “un Paese, due sistemi” proposto da Pechino sulla scorta di quello già adottato a Macao e Hong Kong – che nella parole pronunciate da Xi sarebbe «passata dal caos alla stabilità» –, e sta inoltre provvedendo a intensificare l’apparato di difesa militare dell’isola contro eventuali aggressioni esterne.

Secondo il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning, però, Taiwan «non ha un presidente e non è un Paese indipendente».

«Siamo disposti a creare un ampio spazio per la riunificazione pacifica, ma non lasceremo mai spazio all’indipendenza di Taiwan e alle attività di secessione», ha affermato il portavoce.

Durante il discorso inaugurale del Congresso, che si concluderà il 22 ottobre e dovrebbe confermare Xi per uno storico terzo mandato alla guida del Partito, il segretario ha inoltre ribadito l’importanza della lotta alla corruzione – ovvero al dissenso, secondo gli osservatori occidentali – contro “gravi pericoli latenti all’interno del partito, lo Stato e l’esercito”.

Nei suoi 10 anni di segreteria, ha ricordato Xi, il Pil cinese è salito da 54.000 a 114.000 miliardi di yuan (circa 16.000 miliardi di dollari), pesando per il 18,5% dell’economia mondiale (+7,2%). La scommessa del prossimo futuro, sostiene il segretario, si giocherà su hi-tech e innovazione tecnologica.

Il Congresso, che si tiene ogni 5 anni, arriva in una congiuntura storica delicata per la Cina. I ripetuti blocchi imposti dalle politiche zero-Covid, infatti, hanno avuto ripercussioni drammatiche sulle finanze del Paese, indebolito anche dalla crisi del settore immobiliare, che rappresenta il 30% dell’economia cinese.

Il Paese aveva fissato l’obiettivo di crescita del Pil nel 2022 al 5,5% – una percentuale che avrebbe segnato il dato peggiore degli ultimi 30 anni – ma a settembre la Banca mondiale ha rivisto al ribasso le previsioni della seconda economia al mondo, stimando il Pil al 2,8% contro l’8,1% del 2021, sebbene sia prevista una crescita del 4,5% nel 2023.

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