Economia

L’Asia cresce più della Cina (per la prima volta dal 1990)

La Banca mondiale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil della seconda economia al mondo. A pesare sono effetti delle politiche zero-Covid disposte dal presidente Xi Jinping e la crisi del mercato immobiliare
Credit: EPA/ALEX PLAVEVSKI
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
29 settembre 2022 Aggiornato alle 13:10

Gli effetti delle politiche zero-Covid disposte dal presidente Xi Jinping intrecciati alla crisi del mercato immobiliare di Pechino chiedono il conto. Per la prima volta dal 1990, la produzione economica della Cina crescerà meno rispetto al resto dell’Asia.

La Banca mondiale ha infatti rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil della seconda economia al mondo, stimato al 2,8% contro l’8,1% del 2021 – la crescita più alta registrata dalla Repubblica popolare nell’ultimo decennio – e inferiore rispetto al 4-5% stimato ad aprile di quest’anno. Nel 2023 è prevista una ripresa con un’accelerazione del 4,5%.

La Cina rappresenta l’86% della produzione economica dell’area esaminata dall’Istituto di Washington, che comprende il Sud-est asiatico, l’Asia orientale e le isole del Pacifico mentre esclude il Giappone e le due Coree. Nel 2022 la regione crescerà del 5,3%, più del doppio rispetto al 2021 (2,6%).

Per quest’anno, la Cina aveva fissato l’obiettivo di crescita del Pil al 5,5%, una percentuale che avrebbe comunque segnato il dato peggiore degli ultimi 30 anni.

«I politici devono affrontare un difficile compromesso tra la lotta all’inflazione e il sostegno alla ripresa economica», ha dichiarato Aaditya Mattoo, capo economista della Banca mondiale per l’Asia orientale e il Pacifico, secondo cui le attuali misure politiche come i sussidi ai prezzi del carburante sono una panacea nel breve termine ma possono causare danni sul lungo periodo.

Lo sforzo del governo di Pechino, insomma, deve essere quello di aiutare le famiglie in difficoltà senza alimentare dinamiche di mercato distorsive che rischiano di avere ricadute sull’inflazione. Ma secondo gli analisti le rigide restrizioni anti-Covid di Pechino continueranno fino al 2023, quando gli scienziati sperano di trovare rimedi definitivi.

L’economia della Cina, intanto, continua a indebolirsi, messa ulteriormente alla prova dal crollo del settore immobiliare che rappresenta il 30% dell’economia del Paese e dai dai danni collegati alla siccità record registrata ad agosto.

Il 16 ottobre il XX congresso del Partito Comunista Cinese potrebbe ratificare a Xi il terzo mandato, ma sul piatto della bilancia, oltre alla precaria situazione economica, pesano anche le questioni aperte sul fronte internazionale, a partire da Taiwan e dal ruolo di mediazione tra l’Occidente e la Russia.

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