Diritti

Taiwan: la situazione si fa “scottante”

Gli ultimi avvenimenti in Asia orientale rappresentano un pericoloso focolaio in un mondo destabilizzato dalla guerra. Gli analisti si chiedono se le mosse americane spingeranno Russia e Cina verso un’alleanza contro l’Occidente
Credit: EPA/JIM LO SCALZO
Tempo di lettura 3 min lettura
14 agosto 2022 Aggiornato alle 11:00

Non si placano le tensioni internazionali intorno all’isola di Taiwan, dove la Cina ha annunciato che continuerà a effettuare regolari pattugliamenti, anche dopo la fine delle più grosse esercitazioni militari degli ultimi due decenni.

Una decisione presa come risposta politica al viaggio della Speaker della Camera dei rappresentanti americana Nancy Pelosi, che durante un tour diplomatico in Asia ha fatto visita al governo di Taipei, allargando ulteriormente lo scontro geopolitico con Pechino: «La solidarietà americana nei confronti delle 23 milioni di persone di Taiwan oggi è più importante che mai, mentre il mondo deve scegliere tra democrazia e autocrazia. Di fronte all’accelerazione dell’aggressione del Partito Comunista Cinese, la visita della nostra delegazione dovrebbe essere vista come una dichiarazione inequivocabile del fatto che l’America sta con Taiwan, il nostro partner democratico».

L’iniziativa diplomatica presa da uno dei membri più in vista del Partito Democratico americano ha suscitato notevoli polemiche non solo con la Cina, che tramite il suo ministero degli esteri ha ammonito che «chi gioca con il fuoco si brucia», ma anche all’interno della amministrazione Biden, dove molti hanno tentato invano di scoraggiare la Pelosi.

Il viaggio della Speaker della Camera è stato visto come un affronto da parte del governo cinese, oltre che una violazione del “Principio dell’Unica Cina” che gli Usa formularono negli anni ‘70 rompendo formalmente i legami diplomatici con Taipei e riconoscendo l’esistenza di un solo legittimo governo, quello della Repubblica Popolare Cinese.

Da allora fra le due Potenze si è progressivamente sviluppata una sorta di ambiguità diplomatica con al centro Taiwan, non riconosciuta dagli Usa ma supportata nei fatti dalla potenza americana tramite aiuti economici e militari.

Con l’ascesa del regime di Xi Jinping questa politica ha iniziato a scricchiolare sempre di più, con un’azione cinese più forte nell’area volta a ribadire la sovranità sull’isola con l’obiettivo della riunificazione entro il 2049.

Allo stesso tempo gli Stati Uniti, determinati a mantenere l’egemonia planetaria, hanno manifestato più volte la volontà di difendere militarmente il governo di Taipei, anche attraverso le alleanze con altre nazioni del Pacifico, come Corea del Sud, Giappone e Australia.

L’importanza strategica dell’isola è determinata dal suo ruolo preponderante e fondamentale nel settore dei semiconduttori, cosa che la rende un obiettivo conteso con un rischio di un’escalation militare in tutta l’Asia.

Il Consiglio di Stato cinese negli ultimi giorni ha ripetuto la sua ferma volontà di applicare gli stessi metodi adottati nei confronti di Hong Kong, anche con l’uso dell’esercito: «Non rinunceremo all’uso della forza e ci riserviamo l’opzione di prendere tutte le misure necessarie. L’uso della forza sarebbe l’ultima risorsa presa in circostanze impellenti».

Le nuove tensioni in Asia rappresentano un pericoloso focolaio in un mondo già destabilizzato dalla guerra in corso in Ucraina, tanto che diversi analisti si domandano se le mosse americane spingeranno la Russia e la Cina verso una salda alleanza contro l’Occidente.

Leggi anche