Economia

Il nuovo focolaio della crisi è in Cina

La “strategia zero Covid” varata da Pechino sta producendo effetti negativi sull’economia del Paese. La disoccupazione giovanile è ai massimi storici e i proprietari di immobili boicottano il pagamento dei mutui
Un uomo a Shangai guarda la strada oltre la barriera di quarantena
Un uomo a Shangai guarda la strada oltre la barriera di quarantena Credit: EPA/ALEX PLAVEVSKI
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
20 luglio 2022 Aggiornato alle 11:15

Nel trimestre aprile-giugno, la Repubblica Popolare Cinese ha registrato una crescita del Pil pari allo 0,4% rispetto all’anno precedente, il risultato peggiore dal 1992 se si esclude lo storico -6,9% subito nel primo trimestre del 2020 a causa della crisi pandemica.

Ora proprio il riacutizzarsi di quest’ultima, complici i ripetuti lockdown in ottemperanza alla “strategia zero Covid” varata da Pechino, rischiano di far precipitare il Paese in una dinamica di stagflazione.

Secondo quanto riportato dal Financial Times, in questo momento 31 città della Cina si trovano in lockdown parziale o totale, con misure che colpiscono 247,5 milioni di persone in regioni che rappresentano circa il 17,5% dell’attività economica del Paese.

L’impatto maggiore è avvenuto nel mese di aprile, quando negozi chiusi e fabbriche inattive hanno fatto sì che la vendita al dettaglio sia crollata dell’11,1% su base annua e la produzione industriale si sia ridotta del 2,9%.

Intanto la disoccupazione giovanile è salita toccando il record del 19,3% rispetto al 18,4% di maggio, e oggi quasi un lavoratore su cinque di età compresa tra i 16 ei 24 anni si trova senza occupazione.

In crisi anche il settore immobiliare – mercato che rappresenta il 30% dell’economia cinese – a partire da Evergrande, il secondo sviluppatore immobiliare del Paese vicino al default con debiti per 300 miliardi di dollari.

Da gennaio a maggio, le vendite di immobili sono diminuite del 23,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e negli ultimi giorni un numero crescente di proprietari ha deciso di sospendere il pagamento dei mutui relativi ai progetti abitativi incompiuti o bloccati.

Il boicottaggio, secondo quanto riferito da Bloomberg, avrebbe già coinvolto 230 progetti immobiliari in 80 città, e gli istituti di credito cinesi stimano insolvenze che potrebbero ammontare a oltre 300 milioni di euro di prestiti a rischio.

Per questo la settimana scorsa, il Ministero dell’edilizia abitativa e dello sviluppo urbano-rurale ha incontrato d’urgenza le autorità di regolamentazione finanziaria e i principali istituti di credito cinesi allo scopo di arginare il fenomeno.

L’esecutivo guidato da Xi Jinping teme il tracollo finanziario, ed è preoccupato del calo della fiducia in vista del XX Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese che si svolgerà entro fine anno. Per il 2022 il governo prevede una crescita del Pil pari al 5,5%, la più ridotta degli ultimi 30 anni, ma secondo gli analisti potrebbe mancare l’obiettivo.

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