Diritti

Olimpiadi invernali e Mondiali di calcio, perché tenere d’occhio i più grandi eventi sportivi del 2022

Ad un mese dall’inizio delle Olimpiadi invernali in Cina, si allarga il fronte contro l’evento sportivo in programma a Pechino dal 4 al 20 febbraio 2022
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4 gennaio 2022 Aggiornato alle 12:20

Ad un mese dall’inizio delle Olimpiadi invernali in Cina, si allarga il fronte contro l’evento sportivo in programma a Pechino dal 4 al 20 febbraio 2022. Non è un segreto che Stati Uniti, Canada, Australia e Gran Bretagna abbiano già annunciato il boicottaggio diplomatico dei Giochi invernali per denunciare le violazioni dei diritti umani in Cina. Al centro del sabotaggio, la detenzione di almeno 1 milione di Uiguri e altre minoranze di lingua turca, principalmente musulmani, nei campi dello Xinjiang. E poi, ancora, la repressione dei manifestanti pro-democrazia a Hong-Kong, o il caso della tennista cinese Peng Shuai, scomparsa dalla scena pubblica dopo un post pubblicato sui social, e prontamente rimosso, dove denunciava le aggressioni sessuali subite da Zhang Gaoli, vice premier del governo cinese.

Mentre Xi Jinping non risponde direttamente alle accuse ma avverte minacciosamente i 4 paesi occidentali che potrebbero pagare “il prezzo” della loro decisione, il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) rimane a guardare invocando la sua “neutralità” sulla questione e rifiutandosi di commentare “decisioni puramente politiche”. I giochi si faranno, nonostante la pandemia e le pressioni internazionali: lo aveva detto anche il presidente del Cio Thomas Bach durante la cerimonia di accensione e consegna della fiamma olimpica lo scorso ottobre, definendo l’evento come “un momento importante per riunire il mondo in uno spirito di pace, amicizia e solidarietà”.

Se da una parte lo sport garantirà lo spettacolo, l’evento sarà occasione per rafforzare, dove possibile, la cooperazione internazionale e attenuare le tensioni. Per cercare di mettere da parte la geopolitica, la Cina punterà anche a presentarsi al mondo come paese green: Pechino ha infatti sottolineato come le strutture che ospiteranno le gare siano state realizzate in modo sostenibile, utilizzando per la prima volta nella storia olimpica energia da fonti rinnovabili. Per l’innovazione verde Made in China, l’energia pulita verrà ricavata da sole e vento nell’area di Shangbei, nella provincia di Hebei, e la produzione di ghiaccio avverrà mediante l’anidride carbonica refrigerata del Capital Gymnasium, l’impianto dedicato al pattinaggio artistico.

La Cina è infatti il più grande produttore mondiale di turbine eoliche e pannelli solari, e le Olimpiadi invernali sono viste come un’opportunità per mostrare le tecnologie verdi del paese e conquistare i mercati globali. Per garantire un’alimentazione ininterrotta per i Giochi, e liberare Pechino dallo smog invernale, la provincia di Hebei, vicino alla capitale, ha costruito un gigantesco impianto che riceve energia da ‘progetti rinnovabili’ nella provincia. Come ha però denunciato un’investigazione di AFP, gli agricoltori dei villaggi dove è stato costruito l’impianto sono stati costretti a cedere la loro terra per fare posto al parco solare costruito dallo State Power Investment Group, una delle cinque più grandi società di servizi pubblici del Paese. Stando alle testimonianze raccolte da AFP, gli agricoltori che si sono rifiutati di “affittare” la terra, sono stati picchiati dalla polizia.

Essere disposti a tutto pur di dare una immagine “sostenibile” di sé, nonostante le incerte promesse siglate a Glasgow per la Cop26 e i numeri delle emissioni prodotte in Cina. Secondo un’analisi di Bloomberg sui dati pubblici raccolti nel 2019 da Crea, un gruppo di ricerca ambientale con sede in Finlandia, in un solo anno Pechino ha prodotto infatti la stessa quantità di anidride carbonica di Stati Uniti, India, Russia e Giappone messi insieme: 13 miliardi di tonnellate di anidride carbonica contro i 6,6 miliardi degli Usa, i circa 6 miliardi dell’intera Europa, i 2,2 miliardi dell’India.

Messi in cantiere i Giochi invernali, il 2022 sarà anche l’anno dei Mondiali di calcio in Qatar: per la prima volta saranno disputati da novembre a dicembre e non, come d’abitudine, d’estate. Di diritti umani mancati si sente parlare già da anni nel paese della penisola araba: senza andare tanto lontano, da quando la FIFA ha assegnato l’edizione dei Campionati del Mondo, diverse inchieste hanno riempito le pagine di media internazionali per denunciare la situazione dei lavoratori coinvolti nella costruzione degli impianti. Tra le più importanti quella del quotidiano inglese The Guardian, che all’inizio del 2021 ha svelato lo sfruttamento e le morti di migliaia di lavoratori migranti avvenute in circostanze legate ai lavori di pianificazione e costruzione delle sedi degli incontri. Oltre 6.500 migranti provenienti da India, Pakistan, Sri Lanka, Nepal e Bangladesh sono morti in 10 anni a causa di orari e condizioni di lavoro disumani. Dall’alta mortalità nei cantieri ai continui sospetti di corruzione e manovre politiche per accaparrarsi la candidatura, le ombre sulla Coppa del Mondo hanno ancora una volta sollevato il quesito sulla sostenibilità del costo del calcio moderno, senza lasciare troppe risposte chiare.

“Non essendo possibile indagare sulle cause alla base della morte dei lavoratori migranti, le autorità del Qatar stanno sistematicamente ignorando i segnali d’allarme che potrebbero, se affrontati, salvare delle vite. Questa è una violazione del diritto alla vita”, aveva osservato Steve Cockburn, responsabile di Amnesty per la giustizia economica e sociale. Nonostante le proteste delle nazionali tedesca, olandese e norvegese per denunciare la situazione dei diritti umani in Qatar, anche questa competizione comunque si farà, tra lo sfarzo qatariota e gli occhi del mondo focalizzati solo sul pallone.