Diritti

Pif: «La vera trasgressione è la legalità»

Sono passati 30 anni dalla strage di Capaci, ma di mafia si parla ancora troppo poco in Italia. Chi non smetterà mai di farlo, con la sua ironia, è il giornalista, regista e attore Pif. Che abbiamo intervistato
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23 maggio 2022 Aggiornato alle 09:00

Attore, regista, scrittore, giornalista, Pierfrancesco Diliberto in arte PIF, è da sempre un attivista nella lotta contro la mafia e le ingiustizie sociali. Al Salone del Libro di Torino ha presentato insieme a Marco Lillo, l’edizione 2022-2023 di Illegal, un’agenda tascabile ricca di riflessioni, quiz e azioni concrete per diffondere la legalità. «Un modo divertente per far conoscere ai giovani chi sono gli uomini che hanno dato la vita per la lotta alla mafia - ci ha spiegato PIF – Oggi la vera trasgressione è la legalità, non l’illegalità».

È l’unico che parla ancora di mafia in Italia.

«La mafia è silente, ma esiste e purtroppo molti adolescenti non sanno cos’è. Un mio amico mi raccontò che la figlia dopo aver visto La mafia uccide solo d’estate, gli disse: “Papà sei nato quando c’era la mafia!”. Per questo vado sempre a Palermo il 23 maggio, giornata della legalità, e il 19 luglio a ricordare Falcone, Borsellino, e tutte le vittime degli attentati. E per questo continuerò sempre a parlarne».

Quando ha capito che la sua popolarità poteva fare la differenza?

«Non ho fatto una scelta. Sono stati gli altri a farmelo notare quando hanno cominciato a propormi di parlare di certi temi. Lì ho capito che il mio nome poteva spostare la visione. Voglio precisare che sposo soltanto temi che fanno parte del mio vissuto».

Come la storia delle sorelle Pilliu?

«Certo. Una vicenda esemplare. Due sorelle che dagli anni ‘80 hanno portato avanti una battaglia contro un costruttore colluso, il quale per edificare un palazzo a Palermo, aveva comprato tutte le ville tranne quelle della famiglia Pilliu e che, nonostante il loro rifiuto, era andato avanti distruggendo tutto. Intorno a quelle case è girata la storia della mafia degli ultimi trent’anni».

Una storia infinita.

«Il costruttore è stato condannato a risarcirle con 780.000 E. Una cifra che non può versare perché il suo patrimonio è confiscato. Lo Stato ha mandato lo stesso una cartella esattoriale alle Pilliu chiedendo il 3% della somma. Con Marco Lillo abbiamo tentato di fare luce su questa storia, ma visto che non succedeva granché, abbiamo scritto un libro: Io posso- Due donne sole contro la mafia. Un tentativo disperato che invece è andato bene. Con i diritti d’autore abbiamo coperto la somma richiesta dalle tasse. Un modo per provare che tutti possiamo dare una mano a rimettere le cose a posto».

La precarietà al centro del suo ultimo film, E noi come stronzi restammo a guardare, è un altro tema tabù.

«Se ne parla poco. L’AD di una grande azienda mi disse: “Abbiamo creato un sistema per poveracci”. C’è un problema sociale e un sistema lavorativo ingiusto, attuato in tanti settori, non solo fra i riders, che viene permesso e non da alternativa. Negli anni ‘70 il ragioniere Fantozzi era l’ultima ruota del carro, oggi sarebbe un privilegiato!».

L’umorismo è la chiave vincente?

«Il mio umorismo non è studiato, sono proprio così. Però dico sempre che, solo se si ha il coraggio e la forza di sorridere, si può avere un futuro».

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