Storie

Letizia Battaglia e le sue battaglie

La fuga dalle costrizioni paterne, il matrimonio a 16 anni e la scoperta a 34 della sua vocazione per la fotografia. Così, il lavoro instancabile, le istantanee in grado di catturare la bellezza e le sciagure di Palermo, i premi e la fama internazionale. Una vita votata all’arte e al coraggio di raccontare la verità
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
18 aprile 2022 Aggiornato alle 13:00

Letizia Battaglia. Un nome che sembra custodire l’intimo significato della sua esistenza, spesa a combattere innumerevoli battaglie contro le ingiustizie, le disuguaglianze, la mafia e persino il proprio destino. Molte di queste con una macchina fotografica in mano.

Le fughe: dal padre e dal matrimonio

Nasce a Palermo nel 1935 e a 16 anni per sottrarsi al controllo possessivo del padre fugge e sposa con nozze riparatrici il 22enne Franco Stagnitta, un giovane facoltoso che si sta facendo un nome nel commercio del caffè.

Liberata dalle costrizioni e dalle prepotenze paterne, finisce dritta in una gabbia dorata.

«Forse pensava che io fossi come quei sacchi di juta che conservava gelosamente nei suoi magazzini». Ha raccontato in una recente intervistata su Repubblica. «Insomma, un oggetto che allietasse il suo ambiente. A un certo punto scattò in me una vera insofferenza».

Anche suo marito, infatti, si rivela essere un uomo all’antica che crede di renderla felice ricoprendola di gioielli e vestiti costosi e che non contempla affatto per lei una realizzazione professionale.

Un anno dopo il matrimonio, dà alla luce la prima delle sue 3 figlie.

Fino al 1969 conduce una vita ordinaria, intenta a rivestire il ruolo di madre, “malamente moglie” - come dirà lei stessa in varie interviste - e donna.

Quell’estate decide che le cose devono cambiare e si reca alla redazione del quotidiano locale L’Ora, per chiedere di collaborare. Ad agosto, le dicono i pochi giornalisti presenti, vanno tutti al mare e un aiuto potrebbe far comodo. Inizia a scrivere così i suoi primi articoli e, di tanto in tanto, le capita di scattare qualche foto da pubblicare con il pezzo: la prima, in assoluto, ritrae una prostituta coinvolta in un omicidio.

Sono anni di duro lavoro, ma anche di frustrazione per il suo spirito inquieto, fino a quando non fa le valigie e parte con le figlie.

Milano: l’incontro con Pasolini, Dario Fo e Franca Rame

Il suo peregrinare, prima a Mestre dai genitori, poi in Svizzera, dove viene rinchiusa per qualche mese in una clinica psichiatrica a seguito di un esaurimento nervoso, la condurrà infine a Milano.

Nel capoluogo lombardo, comincia a fare la spola da un giornale all’altro, dal Corriere della Sera a Il Giorno, proponendo i suoi pezzi. Nessuno però pare interessato a pubblicarli, manca infatti un elemento fondamentale a corredarli: le foto. Così, quando la sua amica Marilù Balsamo le regala una piccola macchina fotografica, comincia a realizzare i suoi primi scatti, senza alcuna tecnica, seguendo quell’istinto e quello sguardo tutto interiore che ben presto scoprirà di avere.

Per una serie fortuita di circostanze, poi si ritrova a immortalare l’attività di Pier Paolo Pasolini e l’occupazione della Palazzina Liberty da parte di Dario Fo e Franca Rame.

Inizia, quindi, la collaborazione con il giornale erotico Le Ore, all’epoca vietatissimo ai minori.

Reporter contro la mafia

Nel 1974 riceve una telefonata inaspettata. È il direttore de L’Ora, il giornale della sua città natale, che la vuole per dirigere il servizio fotografico della testata.

Felice di poter tornare nella sua Sicilia e di riuscire a mantenersi da sola, rientra a Palermo, senza avere la minima idea di ciò di cui sarà testimone.

Si apre per lei un periodo intenso, scandito dai tragitti da una parte all’altra della città a caccia di notizie, ma anche dai corsi di regia, dalle attività nel laboratorio d’If per fotografi e fotoreporter da lei fondato e dal volontariato negli istituti psichiatrici. Capisce ben presto di trovarsi in una vera e propria guerra civile e decide di documentare l’egemonia del clan dei Corleonesi.

È sempre la prima a presentarsi sui luoghi degli omicidi, ma è l’ultima che la polizia lascia passare, con quale riserva.

Nessun problema ovviamente per gli altri fotoreporter, tutti uomini, ma quella donna energica, sulla quarantina, che pretende di fotografare la scena del crimine li lascia interdetti.

Battaglia non si lascia intimidire, però, e continua a presentarsi e a protestare gridando, finché il capo della squadra mobile Boris Giuliano - ucciso nel ‘79 da Cosa Nostra - interviene, impartendo un ordine che da quel momento fornirà un lasciapassare assicurato alla fotoreporter: “La signora deve passare”.

Quando Letizia Battaglia accorre all’arresto di Leoluca Bagarella, cerca di avvicinarsi il più possibile per scattare una foto con il grandangolo.

Il malvivente le sferra un calcio violento, che la fa cadere a terra, non prima però che abbia scattato la celebre foto che lo ritrae in manette. Un gesto, quello del mafioso, di profondo disprezzo: «Sembrava volermi dire: tu, donna, come ti permetti». Nel 1980 è la prima fotoreporter a giungere sul posto in cui si è consumato l’assassinio di Piersanti Mattarella.

Il Premio Eugene Smith e la fama internazionale

Nel 1985 riceve un telegramma da New York in cui le viene comunicato che è stata scelta tra i finalisti del prestigioso premio fotografico Eugene Smith. Letizia però non ne sa nulla: è stato il suo amico e collega Lanfranco Colombo da Milano a spedire le sue foto per il concorso.

Fino a ora è stata una fotografa locale, sicuramente talentuosa, ma non del tutto consapevole delle proprie capacità. Il premio che alla fine riesce ad aggiudicarsi, in ex equo con l’americana Donna Ferrato, cambia la percezione che lei stessa ha di sé. È la prima donna europea a riceverlo.

Ottiene la fama internazionale: il soprannome che i giornali le conferiscono è “la fotografa della mafia”, ma lei rifugge da qualsiasi tipo di etichetta e rivendica la sua versatilità artistica. «In ogni caso, sono piuttosto la fotografa contro la mafia e non della mafia».

Le sue foto, spesso in bianco e nero, raccontano Palermo nella sua miseria e nel suo splendore, non solo le morti per mano di Cosa Nostra, ma anche le sue tradizioni.

Si sofferma, in particolare, sugli sguardi delle bambine e delle donne e svela i quartieri, le strade, le feste e i lutti del palermitano.

Inizia a viaggiare e a esporre in giro per il mondo, in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Brasile, Svizzera e Canada.

Dopo la strage di Capaci e la morte di Falcone, decide di allontanarsi dal mondo della fotografia.

A quel punto della sua carriera, potrebbe trasferirsi e vivere dovunque, ma non lo fa, perché sente nel profondo di appartenere a Palermo e di essere davvero se stessa solo se immersa nei colori e negli odori della sua città.

L’impegno politico e gli ultimi anni

Dopo una breve parentesi parigina, avverte il bisogno di nuove sfide: si lancia in politica, candidandosi con i Verdi al consiglio comunale di Palermo.

Dopo gli anni trascorsi a documentare le stragi perpetrate dalla mafia, è felice di poter contribuire concretamente al miglioramento della città: si impegna in iniziative semplici, ma importanti, come smaltire la spazzatura, posizionare nuove panchine o aiutare una famiglia a trovare casa. Interventi piccoli, ma che la fanno sentire viva e appagata.

Non sarà altrettanto soddisfacente l’esperienza da deputata: viene eletta all’Assemblea regionale siciliana e diviene vice presidente della Commissione Cultura, ma sente di non poter migliorare concretamente la vita dei suoi concittadini.

Negli ultimi anni, si riavvicina alla fotografia, riprende in mano il Centro Internazionale di Fotografia, dove ha organizzato fino a qualche tempo fa mostre internazionali, nazionali e locali.

Si spegne, infine, a Cefalù, dopo una lunga e dolorosa malattia, a pochi giorni dalla messa in onda della fiction di Roberto Andò che ripercorrerà la sua vita intensa e interamente votata alla fotografia e al coraggio di raccontare la verità.

Leggi anche
Il fotografo brasiliano Sebastião Salgado con le sue fotografie insegna a comprendere i drammi profondi del mondo e al contempo la sua bellezza.
Culture
di Ilaria Michela Coizet 2 min lettura
Culture
di Ilaria Michela Coizet 2 min lettura