Ambiente

Mar Baltico: le petroliere russe rischiano di provocare un disastro ambientale

Il ministro degli Esteri Tobias Billström ha chiesto nuove regole e meccanismi di applicazione per evitare che la flotta ombra russa, ormai obsoleta e non assicurata, causi una catastrofe ambientale
Tobias Billström, ministro degli Esteri svedese
Tobias Billström, ministro degli Esteri svedese Credit: EPA/CHRISTINE OLSSON SWEDEN OUT 
Tempo di lettura 4 min lettura
18 aprile 2024 Aggiornato alle 17:00

Il Mar Baltico sta diventando un nuovo terreno di scontro fra le nazioni occidentali e il regime di Putin.

A seguito delle sanzioni imposte sulle esportazioni di petrolio russo, da parte degli Stati Uniti e delle nazioni europee impegnate a fermare l’invasione dell’Ucraina, Mosca ha acquistato e sviluppato una flotta ombra di petroliere per evadere queste costrizioni. Una delle rotte più trafficate da queste navi è nel Mar Baltico, dove queste petroliere operano spesso sotto proprietà opache, situate nei paradisi fiscali, e utilizzano primariamente le acque internazionali per cercare di evitare i controlli marittimi.

Le misure di sicurezza sono minime, mancano le assicurazioni e i protocolli per evitare alcuni possibili problemi sono assenti, mentre in certi casi la flotta è obsoleta. Il movimento continuo di queste navi ha suscitato l’immediata preoccupazione dei Paesi europei che si affacciano sul Mar Baltico, spaventati da un possibile disastro ambientale a causa della violazione di tutte le regole marittime.

Di fronte a questo pericolo 2 settimane fa i ministri degli esteri delle 8 nazioni nordiche e baltiche hanno avuto un incontro diplomatico sull’isola di Gotland, in Svezia, dove sono state discusse le misure da adottare per fronteggiare i comportamenti russi.

Il ministro degli Esteri svedese, Tobias Billström, ha ribadito l’importanza di stabilire una nuova cornice di sicurezza per la navigazione nelle acque internazionali: «Tutti saremmo colpiti se si verificasse un grave problema derivante da una collisione o da una perdita di petrolio da una di queste navi, che in molti casi non sono idonee alla navigazione, o sono molto vicine a non esserlo. Il fatto che trasportino petrolio, cosa che alimenta l’aggressione russa contro l’Ucraina, è già abbastanza grave. Ma ancora peggio è il fatto che alla Russia, a quanto pare, non interessa minimamente la questione che queste navi potrebbero causare gravi danni ambientali nei mari, specialmente se si considera che il Mar Baltico è già un’ecosistema sensibile».

La strategia adottata dal governo di Putin, atta a evitare il meccanismo sanzionatorio occidentale che blocca l’accesso alle assicurazioni nel caso la Russia dovesse vendere il petrolio a un prezzo superiore ai 60 dollari al barile, sta generando un flusso di entrate notevoli per il bilancio di Mosca rendendo molto meno rilevanti le altre sanzioni economiche. Un flusso che garantisce la piena prosecuzione degli sforzi bellici in Ucraina.

Ma i tentativi di fermare la flotta petrolifera “fantasma” si scontrano con problemi di natura energetica e geopolitica. Eccetto la Russia, tutte le nazioni che si affacciano sul Mar Baltico sono ormai membri della Nato e alcune temono che ulteriori misure restrittive possano scatenare rappresaglie da parte di Mosca. Invece gli Stati Uniti temono che un’azione diretta contro le petroliere potrebbe scatenare un ulteriore rialzo dei prezzi della benzina, specialmente ora che le tensioni nel Mar Rosso e in Medio Oriente sono molto elevate. Cosa ritenuta assai sconveniente dall’amministrazione Biden, impegnata nella campagna presidenziale di quest’anno.

Tecnicamente il diritto internazionale consentirebbe alla Svezia, alla Danimarca o ai Paesi baltici di interdire le navi che non rispettano determinate misure di sicurezza o battono bandiera impropria. Ma i rischi incrociati per ora fermano l’azione delle nazioni europee, con il rischio di un danno ambientale sul lungo termine.

Leggi anche
eruzioni vulcaniche
di Francesco Carrubba 3 min lettura