Ambiente

Giornata Mondiale della Terra: c’è poco da festeggiare

La salute del nostro Pianeta è a rischio, e con lei la nostra stessa sopravvivenza. Votare è lo strumento più potente che abbiamo per cambiare le cose
Credit: Sergey Vinogradov  

Oggi, 22 Aprile, si celebra l’Earth Day, Giornata Mondiale della Terra. Si tratta della più grande manifestazione ambientale dell’anno.

L’Earth Day dalle origini a oggi

Celebrata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1970, in risposta al disastroso incidente petrolifero verificatosi a Santa Barbara (California) nel 1969, da allora l’Earth Day coinvolge ogni anno milioni di persone in 193 Paesi del mondo.

Fin da subito, l’istituzione di questa giornata, riconosciuta e celebrata anche dalle Nazioni Unite, ha avuto lo scopo di sottolineare la necessità di porre fine a uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, preferendo invece un approccio orientato alla conservazione e al rispetto degli equilibri ecosistemici.

Negli ultimi decenni, con l’aggravarsi delle conseguenze provocate dai cambiamenti climatici, l’Earth Day è diventata anche un’occasione per fare educazione e sensibilizzare sulle tematiche ambientali.

Quest’anno, la Giornata Mondiale della Terra celebra il suo 54esimo anniversario, ma a ben vedere non ci sono molti motivi per festeggiare.

L’Italia tra i Paesi che consuma più risorse naturali

Sappiamo già che in Italia, tra poco più di un mese, per la precisione il prossimo 19 maggio, ricorrerà l’Overshoot Day, che indica il giorno in cui gli italiani avranno “prosciugato” le fonti naturali del nostro Paese e inizieranno a “indebitarsi” consumando le risorse disponibili per il 2025. Un circolo vizioso dalle conseguenze allarmanti.

Secondo l’ultima analisi dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, l’Italia è tra i Paesi meno virtuosi, dietro soltanto al Giappone.

Nel 2024 il Belpaese arriverà a consumare, in appena 5 mesi, il 500% delle proprie risorse, pari a cinque volte le sue possibilità annuali. Come rileva il documento rilasciato da Unicusano, infatti “Se non ci sarà un’inversione di tendenza, nel prossimo futuro soltanto la nostra Penisola dovrebbe ‘immaginariamente’ beneficiare di una superficie grande tre volte il pianeta Terra per soddisfare la crescente domanda di risorse da parte degli italiani”.

Abbiamo superato sei dei nove limiti planetari

Se si adotta una prospettiva macro, le cose non vanno meglio, ma anzi peggiorano.

Uno studio pubblicato lo scorso settembre dalla rivista Science Advances e condotto dalla scienziata climatica Katherine Richardson, ha rivelato come l’attività umana abbia già provocato il superamento di sei dei nove limiti planetari.

I limiti planetari, noti in inglese come planetary boundaries, sono stati teorizzati nel 2009 dallo scienziato Johan Rockstrom, e rappresentano delle soglie critiche oltre le quali il sistema Terra non è più in grado di regolarsi. Si tratta dunque di parametri essenziali per monitorare la sostenibilità della vita sulla nostro Pianeta.

Tra questi parametri, quelli più preoccupanti non riguardano soltanto il riscaldamento globale ma anche l’integrità della biosfera, con conseguenze sugli ecosistemi e sulla perdita di biodiversità; il cambiamento nell’utilizzo del suolo, che sta alimentando il fenomeno della deforestazione; la scarsità di acqua dolce, che espone milioni di persone a vulnerabilità idrica e aumenta il rischio di epidemie.

Le soluzioni esistono ma gli investimenti in finanza climatica sono insufficienti

In questo quadro, la bella notizia è che l’azione climatica è ancora in grado di salvarci, o quantomeno di limitare i danni.

A dirlo è l’Ipcc, il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, che nel rapporto di sintesi del sesto ciclo di valutazione ha scritto nero su bianco che le soluzioni esistono già, che le opzioni per ridurre le emissioni sono “molteplici, fattibili ed efficaci”, già disponibili e sempre più economiche.

L’ostacolo, è sempre lo stesso: la volontà politica di mobilitare risorse economiche per promuovere politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

Agire per il Pianeta, nel concreto, è impossibile senza un aumento consistente degli investimenti in finanza climatica.

Ne ha dato conferma anche il Global Landscape of Climate Finance 2023, il report pubblicato da Climate Policy Initiave (Cpi), che ha ricordato che attualmente i flussi in finanza sostenibile rappresentano solo l’1% del Pil globale e che gli investimenti dovrebbero quintuplicare ogni anno, il più rapidamente possibile, per scongiurare gli scenari peggiori.

In questo contesto, va ricordato che i benefici di investire oggi in alternative sostenibili, di accelerare cioè la sostituzione definitiva delle energie fossili con quelle rinnovabili, sono nettamente superiori ai costi che dovremmo pagare se non agiamo subito.

I costi dell’inazione non faranno che crescere, e quelli odierni generati da eventi meteorologi estremi raggiungono già cifre esorbitanti.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications e condotto da due ricercatori della Victoria University of Wellington in Nuova Zelanda, negli ultimi 20 anni abbiamo speso 2.680 miliardi di dollari per riparare i danni causati dal cambiamento climatico a livello globale.

Poche, ma buone, notizie

Lo scorso Dicembre, alla Cop28 di Dubai, tutti gli Stati hanno raggiunto un accordo storico, esemplificato dalla ormai celebre formula transitioning away, promettendo di impegnarsi per eliminare gradualmente la dipendenza dai combustibili fossili entro il 2050.

Si respira un po’ di ottimismo anche analizzando i nuovi dati del Global Land Analysis and Discovery (Glad) dell’University of Maryland, che rivelano come nel 2023 si sia verificato un calo significativo della deforestazione in Brasile e Colombia, che hanno assistito a una diminuzione considerevole della perdita di foreste primarie, rispettivamente del 36% e del 49% rispetto all’anno precedente.

Cosa hanno in comune questi Paesi? Dal 2022 sono guidati da leader politici che fanno dell’eco-socialismo la loro bandiera, Lula in Brasile (le cui misure sul petrolio hanno però generato non poche controversie) e Petro in Colombia, entrambi mettendo al centro della propria agenda di Governo la tutela dell’ambiente, la conservazione delle foreste e il coinvolgimento della popolazione indigena nei processi decisionali.

Votare per invertire la rotta

In vista delle prossime elezioni europee di Giugno, dal cui esito capiremo in che modo la nuova configurazione politica dell’Europarlamento determinerà il futuro del Green Deal gli esempi positivi di Brasile e Colombia ci ricordano quanto sia importante scommettere sul futuro del Pianeta anche in cabina elettorale.

Non c’è occasione migliore della Giornata Mondiale della Terra per ribadire che l’azione più efficace per contrastare gli effetti di un Pianeta dominato da profonde ingiustizie sociali e ambientali è esercitare il proprio diritto di voto.

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