Ambiente

Che fine hanno fatto le farfalle tartaruga?

Lo UK Butterfly Monitoring Scheme, il più grande set di dati scientifici sulle farfalle, ha rilevato un calo mai registrato prima. E la colpa è della crisi climatica
Credit: Wikimedia commons 

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4 aprile 2024 Aggiornato alle 19:00

Gli esemplari di farfalla tartaruga (Aglais Urticae), riconoscibili dalle coloratissime ali la cui fantasia richiama i disegni del guscio delle testuggini, stanno scomparendo dal sud della Gran Bretagna, facendo registrare nel 2023 un 82% di presenze rispetto al 1976.

È il preoccupante dato emerso dal conteggio annuale di UK Butterfly Monitoring Scheme (Ukmbs), il più grande e longevo set di dati scientifici sulle farfalle al mondo, gestito da Butterfly Conservation, da UK Centre for Ecology & Hydrology (Ukceh), da British Trust for Ornithology e da Joint Nature Conservation Committee.

Dalle indagini dello Ukmbs, in realtà, è stato rilevato che sono molte le specie di farfalle del Regno Unito diminuite: purtroppo, infatti, molti esemplari stanno ancora soffrendo gli effetti della siccità del 2022, come il Pieris Napi (la farfalla bianca venato di verde), che ha avuto un anno sfavorevole nel 2023 perché le piante di cui si nutrivano i bruchi sono morte durante la siccità, lasciando meno bruchi a sopravvivere e a trasformarsi nella successiva generazione di farfalle.

O come le farfalle tartaruga che lo scorso anno hanno fatto registrare un calo così netto da lasciare perplessi gli scienziati, che ora addossano la responsabilità a un parassitoide recentemente approdato nel Regno Unito o, più semplicemente, al deterioramento del clima.

A tal proposito, infatti, numerose ricerche hanno confermato che il cambiamento climatico ha condizionato la sopravvivenza delle farfalle, molte delle quali hanno cercato una soluzione per la conservazione spostandosi verso nuove zone geografiche.

Se è vero che nell’ultimo report di Ukmbs, metà delle 58 specie monitorate si è ritrovata al di sotto della media in termini numerici di popolazione, è vero anche che non ci sono solo brutte notizie, perché l’altra metà di esemplari ha ampliato i suoi areali e/o ha mostrato aumenti in abbondanza: la Maculinea Arion, per esempio, reintrodotta nel Regno Unito negli anni ’80 dopo essersi estinta nel 1979, ha registrato il suo anno migliore finora. Così come anche lo skipper a scacchi, restituito all’Inghilterra nel 2018 dopo essersi estinto negli anni ‘70.

Segni tangibili e incoraggianti che gli sforzi di conservazione stanno funzionando.

Come ha dichiarato Marc Botham, ecologo delle farfalle presso l’Ukceh, le farfalle hanno cicli di vita brevi e quindi reagiscono rapidamente ai cambiamenti ambientali: con un clima sempre più caldo a causa del riscaldamento globale, le farfalle al limite settentrionale dei loro areali hanno cercato l’adattamento espandendo i propri areali spostandosi verso nord in tutto il Regno Unito, esemplari come l’Adonis Blue e l’Argus Bruno hanno iniziato a diffondersi in tutta l’Inghilterra, molte specie migranti (come l’ammiraglio rosso) sono aumentate di numero in zone non abituali (+318%) e molti altri esemplari, tra cui le farfalle tartaruga, si sono decimati nella popolazione non avendo trovato il clima giusto per sopravvivere o le condizioni di vita idonee negli habitat naturali.

In generale, come ha specificato il dottor Richard Fox, responsabile scientifico dell’organizzazione benefica Butterfly Conservation, il fluttuare costante del numero di farfalle rientra in una naturale normalità, con lievi aumenti o diminuzioni della popolazione condizionati soprattutto dalle condizioni climatiche. Ma negli ultimi anni è stata l’attività umana, con la distruzione degli habitat, l’uso di pesticidi, l’inquinamento e i cambiamenti climatici a rendere queste fluttuazioni delle popolazioni di farfalle del Regno Unito pericolosamente costanti in negativo e a lungo termine.

Le farfalle in qualche modo ci comunicano dati sulla salute dell’ambiente e ci consentono di conoscere l’impatto del cambiamento climatico e di altri fattori sulla fauna selvatica, permettendoci di intervenire con iniziative di ripopolazione e progetti di conservazione delle specie: i risultati contrastanti di quest’anno sottolineano la necessità di un monitoraggio continuo e di sforzi di conservazione per proteggere queste importanti specie e i loro habitat ed è per questo che l’Ukmbs, che attualmente registra dati su più di 3.000 siti all’anno per comprendere i cambiamenti nelle popolazioni di insetti, continuerà a stilare report che tengono d’occhio la vita degli insetti dalle ali colorate.

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