Diritti

Diversity & Inclusion: nonèpiùtuttoattaccato

Oggi, seppure interconnesse, diversità e inclusione sono distinte come: concetti, finalità e ambiti professionali. Ti racconto perché
Credit: Monstera Production  

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2 aprile 2024 Aggiornato alle 06:30

Ho la fortuna di poter partecipare a tanti incontri, eventi o convegni sul tema del Diversity&Inclusion. Molte delle persone che intervengono sembrano considerare questo tema come una sola parola o un concetto unico, in estrema sintesi: “l’inclusione della diversità”.

Se anche tu pensi che sia essenzialmente questo sei fermo alla fine del secolo scorso, quando – agli albori dello sviluppo del D&I in azienda – il tema portante era la lotta alla segregazione di alcune categorie (allora escluse in azienda) e alla loro piena integrazione.

Di conseguenza, inclusione e diversità non erano solo strettamente collegate tra loro, ma uno la soluzione dell’altra e consequenziali in termini di azioni. La diversità era soprattutto pensata in termini di categorie di individui e l’inclusione era l’emancipazione piena (quando andava bene, o parziale) di ciascuna categoria.

Oggi, seppure interconnessi, diversità e inclusione sono distinti come: concetti, finalità e ambiti professionali. La diversità ha come obiettivo non più la mera integrazione, ma la massimizzazione della diversità.

Attrarre, proteggere, diffondere e incrementare la diversità sono le principali sfide di chi se ne occupa. L’inclusione, di conseguenza, ha perso la sua valenza strettamente connessa alle categorie, che si sono rivelate più uno strumento di esclusione che di inclusione, ma si rivolge ai singoli individui, alle persone che abitano, popolano e animano un’azienda.

La funzione D&I perderà rapidamente la sua connotazione esclusivamente Hr e diventerà un punto di riferimento dell’azienda, in relazione alle funzioni di governance, di business, di produzione, di sostenibilità, di comunicazione e – anche e soprattutto – di Hr.

Avere più punti di vista tra loro diversi è considerato un punto di forza, consentire l’espressione di questi punti di vista un pilastro portante delle strategie di inclusione.

Gli studi economici e sociali hanno evidenziato, ormai senza ombra di dubbio, che per poter competere in un contesto sempre più complesso, bisogna essere portatori – inclusivi – di altrettanta complessità e diversità. E per attirare la diversità di cui si ha bisogno bisogna essere aperti e inclusivi.

Non abbiamo più bisogno solo di includere la diversità ma di più diversità e l’inclusione che riguardano ciascuna e ciascuno di noi. L’inclusione ha come ambizioso obiettivo quello di farci sentire – ovunque – a casa. Oggi, la sfida è includere mondi prossimi ma ancora distanti: i fornitori, i partner, il territorio e le famiglie dei dipendenti.

Restano ancora aperte, purtroppo, tre grandi sfide che riguardano tre categorie che purtroppo in azienda sono rimaste ferme a 100 anni fa, per pregiudizi e speranze di piena integrazione: persone transessuali, ex detenute e rom, sinti e caminanti. Per loro siamo ancora lontani da una vera inclusione della diversità.

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