Futuro

Non ti fidare delle promesse da marinaio di Seneca

Progettare ogni minimo dettaglio del proprio destino lavorativo è inutile, così come pretendere di avere le idee chiare fin da bambini. Meglio seguire la teoria delle coincidenze pianificate
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24 marzo 2024 Aggiornato alle 06:30

Quante volte abbiamo citato Seneca in latino “Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est” o in italiano “Non c’è vento a favore per il marinaio che non ha direzione”, per mettere la pietra tombale sulla propria o altrui indecisione? E ancora, quante volte ce l’hanno propinato, nei post sui social o all’interno di corsi di formazione sugli obiettivi e le decisioni?

Scopro oggi che Seneca si era sbagliato (e di grosso!) e che ci ha portati a sbagliare. Almeno io ho sempre fatto il tifo per il marinaio sbagliato: quello deciso, pianificatore e determinato. Mentre, un professore di Stanford, John Krumboltz, ha dedicato la vita a studiare come caso, circostanze e coincidenze influenzino le carriere, più della volontà di raggiungere un obiettivo.

«Cosa farai da grande?» ci chiedevano da piccoli. E noi abbiamo imparato che bisogna dare subito una risposta netta, decisa e rapida. Nulla metteva più in ansia i nostri genitori (e l’interlocutore) di un: «Boh! E chi lo sa»? Quando proprio ci vedevano in difficoltà semplificavano la domanda in: «Cosa ti piacerebbe fare»? Alle volte, scandendola bene per venirci incontro e lasciandola precedere da un esortativo «Dai»!

Poi, nel tempo abbiamo cambiato la risposta. L’abbiamo attualizzata, illudendoci che, più o meno, facciamo qualcosa che abbiamo “deciso”.

Mentre eravamo tutti preoccupati di farci trovare, da chicchessia, pronti sia alla terribile domanda sia a giustificare perché avessimo cambiato la risposta, Krumboltz (più seriamente di noi) studiava le “happenstance” nelle carriere di tantissime persone. Potremmo tradurre questo termine con “coincidenze positive: eventi casuali e imprevisti che danno un senso di svolta alla nostra vita.

Tutti raccontiamo le nostre carriere come una serie di coincidenze, pochissimi fanno (veramente) quello che volevano fare da piccoli (e direi per fortuna, avremmo ancora meno ingegnere e troppe hostess, per non parlare dell’esercito di calciatori e ballerine, altro che crisi delle Stem!).

A spiegare bene come le carriere siano basate su coincidenze fu Steve Jobs nel mitico discorso agli studenti di Stanford (sempre lì, fateci caso) nel quale disse: «non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’indietro. Così, dovete aver fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire». Oggi, è facile vedere la forma dei puntini che abbiamo unito. Quando abbiamo iniziato era impossibile capire che forma stava (e stavamo) prendendo.

Se potessi tornare indietro a quando ero piccolo, vorrei tanto aver saputo rispondere: «Cosa farò? Nessuno può unire oggi i puntini della propria vita prima di scoprirli. Ti potrò rispondere solo un giorno». Avrei fatto un figurone, altro che Seneca!

Ricapitolando: essere indecisi è naturale e salutare. Inutile perdere tempo a prevedere il futuro, tanto è impossibile riuscirci.

Però, non bisogna andare avanti alla cieca, ma prepararsi all’incertezza, al cambiamento e alla volatilità della vita. Riflettere non su “che lavoro vogliamo fare” ma quali parti della vita ci hanno reso e ci rendono felici, cosa ci piace e cosa non ci piace. Non ha senso pianificare sempre tutto, perché solo sapendo cogliere le opportunità e trasformandole in coincidenze si possono costruire buone (e gratificanti) carriere.

Krumboltz ci invitava a prepararci all’incertezza. Per questo ha formulato la teoria delle coincidenze pianificate. Ma come? Si possono pianificare le coincidenze? Si! Il professore ha studiato tantissime carriere e scoperto che bisogna lavorare su sé stessi e avere cinque competenze che ci consentono di trasformare in coincidenze positive gli eventi casuali.

- Curiosità. Esplorare, esplorare, esplorare! Essere aperti al nuovo, non avere preconcetti ma disponibilità a provare prima di giudicare.

- Persistenza. Non arrendersi alla prima difficoltà! Insistere, insistere ancora e ancora una volta.

- Flessibilità. Essere disponibili a cambiare e - soprattutto - a cambiare idea su sé stessi (la cosa più difficile). Bisogna sapersi adattare al nuovo.

- Ottimismo. Sforzarsi di vedere anche la parte positiva, l’opportunità che si nasconde dietro. Essere aperti alla possibilità che l’esito possa non essere solo negativo. Diciamocelo: ce la posso fare!

- Assunzione del rischio (risk taking). L’esito non è mai certo, ma nonostante questo ci prendiamo la responsabilità di agire, di provarci.

Studiare Seneca è servito e servirà ai nostri figli ma sarebbe ancora più utile potenziare queste cinque competenze e vivere l’indecisione con meno ansia. Invece di una faticosa avanzata “di bolina” (e di ansia) verso la direzione decisa un tempo, lasciarsi andare al vento e scegliere, di volta in volta, se l’opportunità ci piace.

Tanto, prima o poi, arriverà il vento e ci consentirà di unire i punti e scrivere la nostra storia.

Buon vento a tutte e tutti!

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