Ambiente

L’Italia può diventare un esempio mondiale per il riciclo

Nella Giornata Mondiale del Riciclo le cifre mostrano ancora una volta come la Penisola - capace di riciclare quasi il 75% dei suoi materiali - sia un faro in Europa. Ma deve ancora colmare il gap Nord-Sud
Credit: Antoni Shkraba  

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18 marzo 2024 Aggiornato alle 13:00

L’Italia è brava a riciclare.

Dai rifiuti urbani agli scarti dell’edilizia, dalle gomme sino ai materiali elettronici, il nostro Paese negli ultimi anni è costantemente migliorato nei tassi di riciclo e recupero dei prodotti, ma resta un problema strutturale in questa ascesa positiva: nel suo essere virtuoso l’Italia è ancora un Paese per molti aspetti spaccato in due, dove mentre al Nord è forte la presenza di impianti per il riciclo, al Sud e in parte sulle isole mancano le infrastrutture per tenere il passo.

Detto ciò, oggi 18 marzo - Giornata Mondiale del Riciclo - l’Italia dovrebbe festeggiare per i risultati raggiunti finora e spingere per un ulteriore passo avanti.

Secondo Ispra, che in questa giornata di “iniziativa volta a sensibilizzare i cittadini sull’importanza del riciclo e dell’utilizzo consapevole delle risorse” ha voluto ricordare l’importanza del riciclo, i dati italiani sono infatti incoraggianti e sopra le medie europee.

“Il tasso di uso circolare dei materiali in Italia, nel periodo 2004-2022, passa dal 5,8% al 18,7%, attestandosi sopra la media europea dell’11,5% (2022)” ricorda l’Istituto Superiore per la Protezione

e la Ricerca Ambientale.

Cifre che spiegano, in parte, le posizioni dei partiti di governo che finora in Italia sono rimasti scettici, e spesso hanno navigato in direzione contraria, rispetto alle nuove normative sugli imballaggi europee, quelle per ridurre ulteriormente i rifiuti.

L’Europa - dove nel 2021 ogni cittadino ha generato circa 190 chili di imballaggio, cifra destinata a crescere del 20% nel 2030 - nei suoi nuovi piani punta infatti soprattutto su strategie di riduzione e riuso più che sul riciclo.

Il motivo è il fatto che, a livello europeo e globale, è sempre più evidente la necessità sia di una riduzione dei rifiuti che generiamo, sia la necessità di utilizzare nuovi e differenti materiali, smarcandoci a esempio da plastica e prodotti di origine fossile.

Evitare nuove produzioni, come a esempio quelle legate all’uso di plastica vergine, secondo gli organizzatori di The Global Recycling Day significa poter fare affidamento su una “settima risorsa” fondamentale per gli equilibri del Pianeta.

Oggi secondo la Global Recycling Foundation (Grf), che celebra la giornata annunciando il tema dei #RecyclingHeroes, ci sono sei risorse imprescindibili per i beni che consumiamo sulla Terra: acqua, aria, petrolio, gas naturale, carbone e minerali.

Attualmente - anche se si spera in un futuro a trazione “rinnovabile” - è dall’uso di queste risorse naturali, che non sono infinite, che tutto viene creato. Però c’è appunto una settima risorsa che è quella del riutilizzo: “Ogni anno la “settima risorsa”, i materiali riciclabili, consente infatti di risparmiare oltre 700 milioni di tonnellate di emissioni di CO2”, spiegano dal Grf.

Se fatto correttamente, dai nostri rifiuti casalinghi al recupero dei materiali elettronici come i Raee, dalla plastica in Pet delle bottiglie sino a legno, carta, vetro e altro ancora, il riciclo è decisamente l’arma in più che aiuta “a combattere il cambiamento climatico, che aumenta l’occupazione in tutto il mondo e ci aiuta a conservare le sei preziose risorse primarie della Terra”.

Ecco perché, come testimoniano anche i dati dei tanti Consorzi di recupero e riciclo del nostro Paese, dalla carta sino a gli pneumatici, l’Italia dovrebbe essere davvero presa come esempio, a livello europeo e mondiale, per la capacità di riciclo dimostrata.

Per una volta, dovremmo essere noi il faro guida. a oggi il nostro Paese è fra i leader europei per l’economia circolare, con una percentuale di 72% dei rifiuti riciclati nel 2022 e stime per l’anno in corso intorno al 75%. Insieme ai Paesi Bassi e Germania siamo fra i primi in assoluto in questo campo.

L’intera filiera del riciclo vale complessivamente oltre 70 miliardi di euro di fatturato e a livello di recupero nei cicli produttivi permette un risparmio annuo di 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio o 63 milioni di tonnellate di CO2.

La ricetta italiana, basata su un sistema di Consorzi, sull’insegnamento della raccolta differenziata, sul porta a porta e novità che nel tempo sono diventate abitudini per i cittadini, ha portato il nostro Paese ai vertici nel riciclo, ma mancano ancora due grandi step: ridurre il gap Nord-Sud e aumentare, nel tempo, il recupero dei materiali legati in particolare all’uso di fonti fossili.

Anche di recente uno studio dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia ha ricordato come tra le migliori prestazioni di sostenibilità ambientale ci sono il Trentino-Alto Adige e le Marche, poi Lombardia, Veneto, Toscana e altri mentre in fondo alle classifiche troviamo Puglia, Sicilia, Sardegna, Basilicata, Campania e Calabria, in generale territori che hanno bisogno di più infrastrutture e investimenti per diventare competitive nel riciclo.

Colmare questi ritardi e dimostrare ancora una volta al mondo la capacità italiana del riciclo, sarebbe ulteriore luce per illuminare il percorso già avviato sulla strada del recupero materiali. Il cammino è ancora lungo, ma «l’Italia vuole mantenere il suo ruolo di leader nell’economia circolare, costruito in anni di impegno e investimenti nel riciclo. Nel negoziato europeo sul regolamento imballaggi, l’Italia ha fatto valere le proprie ragioni e lavorato senza sosta per dare valore a questo modello vincente, che ci ha permesso in grande anticipo di traguardare la maggior parte degli obiettivi continentali. Continueremo a farlo con determinazione», ha detto il ministro Gilberto Pichetto Fratin ricordando come, anche tramite Pnrr, presto saranno «realizzati nuovi impianti di gestione dei rifiuti e ammodernamento degli esistenti, arrivando a finanziare, in particolare nelle Regioni con un deficit impiantistico, 1085 progetti. A questi si aggiungono i “progetti Faro di economia circolare” su specifici materiali, quali carta e cartone, rifiuti elettrici ed elettronici, plastici, tessili: su queste iniziative risultano a oggi sottoscritti tutti gli atti d’obbligo con i realizzatori».

Nella direzione giusta, senza ritardi e utilizzando correttamente i fondi europei, potremmo dunque davvero brillare. Anche perché le previsioni per il futuro sono buone.

Secondo Conai (Consorzio nazionale imballaggi) la percentuale di riciclo dei packaging immessi sul mercato nel 2024, ben sei anni prima, supererà di gran lunga il 70% richiesto dall’Europa entro il 2030.

«Ma dobbiamo continuare a impegnarci per migliorare questi risultati: la nostra industria del riciclo è un’eccellenza che può fare ancora meglio», ha detto il presidente Conai Ignazio Capuano.

Per l’anno in corso “la percentuale di riciclo degli imballaggi in Italia dovrebbe arrivare a sfiorare il 75%: oltre 10 milioni e 300.000 tonnellate di rifiuti di imballaggio troveranno una seconda vita, ossia il 74,9% dell’immesso al consumo, che nel 2024 si prevede pari a circa 13 milioni e 900.000 tonnellate”, precisa ancora il Conai.

Molto resta ancora da fare (come ovunque) per il riciclo della plastica, ma come chiosa il Conai elencando le cifre previsionali, in generale l’Italia sta davvero dimostrando che un’altra strada è possibile: «Le previsioni parlano del 77,8% per l’acciaio (409.000 tonnellate), del 73% per l’alluminio (64.000 tonnellate), dell’85,6% per la carta (4 milioni e 298.000 tonnellate), del 65,1% per il legno (2 milioni e 130.000 tonnellate), del 52% di plastica e bioplastica compostabile (1 milione e 183.000 tonnellate, di cui circa 51.000 di bioplastica), e dell’85,9% di vetro (2 milioni e 325.000 tonnellate)».

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