Ambiente

Ucraina, Medio Oriente, Mar Rosso: cosa è cambiato per i mercati?

Il report Mari in tempesta del Centro studi Divulga analizza gli effetti delle guerre e delle tensioni negli ultimi due anni sui mercati, con un focus particolare sui prodotti agricoli
Credit: Mael Balland  

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4 marzo 2024 Aggiornato alle 18:00

L’invasione russa in Ucraina due anni fa ha riportato lo spettro della guerra davanti ai nostri occhi, poi si è riaccesa prepotente la fiamma del conflitto mediorientale tra Israele e Hamas - con Gaza nel mezzo - e infine si sono aggiunte le tensioni nel Mar Rosso.

Quali sono le conseguenze di questi avvenimenti? Cosa è cambiato in 24 mesi? Il rapporto Mari in tempesta del Centro studi Divulga ha analizzato gli effetti provocati sui mercati interni e internazionali, con un focus particolare sui prodotti agricoli.

Il contesto geopolitico globale infatti si è inevitabilmente modificato, soprattutto sul piano dei sistemi agroalimentari. Le prime tendenze emerse sono le forti spinte inflattive che pesano su cittadini e famiglie, insieme alle vulnerabilità negli approvvigionamenti.

D’altra parte, prima del conflitto, l’Ucraina rivestiva un ruolo strategico per le forniture mondiali di alcuni alimenti fondamentali come semi di girasole, mais, grano e altri cereali.

Con l’inizio dell’aggressione da parte del Cremlino, un coltivatore su tre ha dovuto interrompere la propria attività nelle zone maggiormente interessate dalle violenze. Così tra il 2022 e 2023 la resa agricola è calata del 36% per il mais, del 35% per il grano, del 10% per i semi e l’olio di girasole.

Nello stesso arco di tempo, Mosca ha aumentato la propria produzione di grano del 22% raggiungendo quota 92 milioni di tonnellate e consolidandosi come terzo produttore al mondo dopo la Cina, prima con 138 milioni di tonnellate, e l’India, seconda con 104 milioni.

Sempre nel contesto dei riflessi scaturiti dall’invasione russa ai danni di Kiev, Pechino si è ritrovata ad avere un ruolo dominante anche su un altro piano, detenendo il 50% delle scorte mondiali di grano e il 64% di quelle di mais.

Sono noti inoltre gli impatti di quel conflitto sui costi di produzione nel settore agricolo. Nel corso del 2023 l’indice dei prezzi medi dell’energia della Banca Mondiale ha registrato una crescita del 103% rispetto ai periodi pre-guerra, mentre il gas naturale è aumentato del 126%.

Le quotazioni dei fertilizzanti poi hanno subito incrementi del 106% ma lo scoppio delle ostilità, in origine, aveva fatto segnare picchi di aumento dei prezzi medi annui del 204% per il fosfato biammonico, del 230% per l’urea e del 290% per il cloruro di potassio.

Per quanto concerne l’inflazione, sembra di sentire l’eco delle proteste dei trattori in Europa, Italia inclusa, nell’ultimo mese.

Il prezzo del pane in effetti è cresciuto di circa 14 volte rispetto a quello riconosciuto agli agricoltori per il frumento tenero necessario per la panificazione. Un discorso analogo vale per la filiera della pasta, dove il valore dal campo alla tavola è aumentato di cinque volte.

Nel caso della carne bovina il prezzo dagli allevamenti allo scaffale sale di ben otto volte, quattro per la carne suina. E il latte? Se 0,50 euro al litro è il costo medio della produzione, supera l’1,60 euro al litro quello pagato dal consumatore finale.

Le aziende agricole nel 2022 hanno speso mediamente il 50% in più rispetto all’anno prima per far fronte ai propri consumi energetici e il 63% in più per i fertilizzanti. E il gasolio agricolo è un altro protagonista delle rivendicazioni dei contadini, dalla Germania a Bruxelles passando per lo Stivale.

Il rialzo delle sue quotazioni, avvenuto tra il 2022 e il 2023, continua a riflettersi ancora sui prezzi attuali che rimangono del 53% più alti rispetto a 5 anni fa. Dopo i picchi del 2022 con valori pari a 1,34 euro al litro in media, in queste settimane si registra un leggero calo con 1,10 euro/litro, ben distanti rispetto ai 0,70 euro/litro del 2020.

Nel complesso questo quadro già poco rassicurante è reso ancor più complesso dal conflitto israelo-palestinese e dall’inasprimento delle tensioni nel Mar Rosso dovute agli attacchi di un gruppo di miliziani yemeniti, gli Houthi, contro le navi mercantili in transito per il Canale di Suez.

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