Diritti

Nel nome della figlia, Camilla

Regionali in Sardegna. Abbiamo assistito non solo a destra contro sinistra, ma a un conflitto generazionale in cui l’hanno spuntata donne e giovani. Camilla Soru versus il padre, Renato Soru. Alla fine, ha vinto lei. Il padre dovrebbe riconoscerlo
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 5 min lettura
27 febbraio 2024 Aggiornato alle 17:00

E alla fine i complimenti di Renato Soru sono arrivati, alla rivale Alessandra Todde. Ma non una parola per Camilla - sui social Camidda - la figlia ribelle che ha “osato” mettersi di traverso in queste elezioni regionali, candidandosi con il Pd. Che ha osato - pure! - far presente al padre che il suo tempo è già stato, e che questo è un tempo diverso, di una coalizione diversa, con una compagine diversa. Non solo. Che una sua candidatura avrebbe potuto mettere in seria difficoltà il Partito Democratico. Avrebbe potuto riconsegnare la Sardegna alla destra.

Non era il tempo di Renato Soru che pure riempiva i circoli e le piazze, perché era il tempo di un’alleanza a sinistra mai testata, alle regionali, che se fosse andata bene sarebbe potuta essere copiata e incollata altrove. Alla faccia delle primarie che non sono state fatte, dentro la coalizione, e della “base”, che alle volte è più fastidiosa delle altezze.

In un momento in cui la nuova leader del PD - partito con il quale Soru si è sempre accompagnato - faceva una scommessa, mettendoci la faccia e rischiando anche una figuraccia, Soru non si è posto il problema, perché voleva tornare alla politica e la sua velleità personale era più forte della voglia di far vincere il suo partito. Magari appoggiando con la sua esperienza e influenza nella regione la candidata eletta “top down”.

Era il tempo di sperimentare cose nuove dopo 4 anni di destra sull’isola, tempo dell’alleanza con i Cinque Stelle ma era anche il tempo delle donne. Anzi, delle ragazze.

Alessandra Todde, 2 lauree, 4 lingue, manager che ha lavorato in 8 Paesi nel mondo. Il tempo di Elly Schlein, piaccia o meno, politica con uno sguardo alla Spagna e molto vicina ai diritti e all’ecologia, contestatissima dal parterre romano che lavora sempre dietro le quinte al logoramento del numero uno qualsiasi esso sia. Era il tempo, in Sardegna, dell’attivista e consigliera comunale di Cagliari con un cognome pesante. Camilla Soru.

Una giovane politica che ha studiato, una mamma attiva e attivista, una ragazza che grazie al padre avrebbe potuto essere in cima all’azienda di famiglia, e che invece ha preferito mantenere un ruolo defilato.

Al prestigio immediato ha preferito lo studio, e Camilla ha studiato da politica entrando in Consiglio Comunale, per capire come vanno le cose.

Per imparare, prima di tutto.

Io che la conosco, ho assistito personalmente a tante sue battaglie: piccole, ma animate.

Piccole ma tutte con un loro perché. Soprattutto, battaglie che ti preparano bene alla guerra. Anni di piccoli passi che esercitano i muscoli e il coraggio di farne di più grandi, di passi, più avanti.

Camilla, non secchiona ma simpatica, molto molto bella con i suoi capelli lunghissimi da fata e da strega.

Persona autentica, che non le manda a dire, ha fatto tutto con la tranquillità dell’erede, ma senza bruciare le tappe. Secondo le regole umili di chi deve imparare e impara. E anche in campagna elettorale: un manifesto molto giusto a colori rosa e rosso, un programma, un viaggio in giro per la Sardegna, parlando di temi cari ai giovani perché tra i tanti problemi della regione c’è lo spopolamento, i social media usati nel modo figo così come il jeans e la giacca rossa d’ordinanza.

Per chi non lo sapesse - ma è impossibile non saperlo - Renato Soru in Sardegna ha fatto moltissimo. Ha fondato Tiscali, con una capitalizzazione in Borsa che nel 2000 faceva invidia alla Apple, e poi si è candidato alle regionali del 2004. Ora che Tiscali non è più sua, e dopo aver guidato benissimo la Regione, facendo leggi sacrosante contro la speculazione edilizia, si è rimesso in gioco, e ha deciso che non avrebbe accettato mediazioni.

Per me è difficile scriverne perché conosco entrambi da tempo, e voglio bene a entrambi. Ma forse proprio per questo mi vien da dire una cosa che penso sia importante, dopo aver assistito in questi mesi a una rottura inevitabile.

Adesso, il padre - Renato Soru - dovrebbe proprio riconoscere alla figlia la vittoria. Non è solo un tema personale, è un tema politico. E a mio parere anche su Facebook, o sui social media o in televisione o dove vuole, proprio per una questione politica dovrebbe sapere e poter dire alla figlia: “Complimenti, hai vinto. Chapeau”.

Non solo un abbraccio dietro le quinte, meriterebbe Camilla Soru che si è presa l’ingrato compito di combattere, e vincere, una battaglia generazionale con il padre.

Camilla Soru meriterebbe che il suo padre sfidante smettesse di trattarla come una figlia viziatella e ribelle, e riconoscesse che è diventata un’adulta rivale. Una persona, per fortuna, con un’identità forte e formata. Non più una cosa sua. Ma una figlia cresciuta talmente bene da esser stata capace di superare il padre. A sinistra.

Anche in questo caso, il padre, non l’ha vista arrivare. Proprio in questo caso, vogliamo assistere ai complimenti.

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di Cristina Sivieri Tagliabue 6 min lettura