Ambiente

Caccia e catture animali: l’Ue apre una procedura di infrazione contro l’Italia

Con due diversi avvertimenti l’Europa tira le orecchie al Paese che aggira i divieti di caccia in zone vietate o non fa abbastanza per tutelare le specie. Ora ha due mesi di tempo per mettersi in regola
Credit: Janko Ferlič  

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8 febbraio 2024 Aggiornato alle 20:00

Una doppia tirata d’orecchie all’Italia sulla protezione animale e sui divieti di caccia aggirati.

La Commissione europea da poche ore ha aperto due procedure di infrazione diverse contro l’Italia perché il Paese risulta inadempiente a obblighi del diritto europeo sia sulla caccia che sulle misure di protezione di animali come mammiferi marini, uccelli o tartarughe.

Si tratta di una sorta di primo avvertimento: l’esecutivo ha due mesi di tempo per rimediare alle violazioni delle norme europee e istituire sistemi di controllo e divieti, se questo non avverrà la Commissione invierà un parere motivato e successivamente, se l’Italia non avrà aggiustato il tiro, il caso rischia di finire alla Corte di Giustizia dell’Ue.

Una delle due procedure di infrazione si riferisce nel dettaglio al fatto che, a differenza di quanto indica l’Europa, da noi le regioni possono autorizzare l’uccisione o la cattura di alcuni uccelli anche in zone dove l’attività venatoria è vietata, come le aree protette e oltretutto in periodi dell’anno in cui la caccia è vietata. Inoltre le nostre leggi non rispettano le direttive Ue che limitano l’uso di munizioni di piombo, per esempio nelle zone umide, dove uccelli acquatici, ambiente e salute vanno tutelati.

“La Commissione ha deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia (INFR(2023)2187) per il mancato rispetto della direttiva Uccelli (direttiva 2009/147/CE) e del regolamento Reach (regolamento 1907/2006/CE modificato dal regolamento (Ue) 2021/57) a causa delle modifiche introdotte nelle norme italiane sulla caccia”, si legge sul sito dell’Ue.

“La legislazione italiana non è inoltre conforme alle disposizioni del regolamento Reach, quale modificato, sull’uso del piombo nelle munizioni” precisa ancora l’Europa. L’altra procedura è invece relativa al fatto che da noi non applichiamo in maniera corretta le richieste della direttiva Habitat, quella nata per tutelare diverse specie attraverso il monitoraggio e i sistemi tali da evitare le catture accessorie da parte dei pescherecci per esempio di delfini, i vari cetacei, ma anche le tartarughe e gli uccelli marini, tutti animali già in pericolo tra traffico marittimo, inquinamento acustico e da plastica.

Il Green Deal europeo e la strategia sulla biodiversità per il 2030 indicano quanto sia fondamentale che l’Ue arresti la perdita di biodiversità, favorendone la protezione e il ripristino. L’Italia non ha istituito un sistema di monitoraggio delle catture e uccisioni accidentali di specie protette, come il tursiope troncato e la tartaruga comune, entrambi rigorosamente protetti dalla direttiva Habitat”, ammonisce l’Europa specificando inoltre che “l’Italia non ha svolto ulteriori ricerche e non ha adottato misure di conservazione per garantire che le catture e le uccisioni accidentali non abbiano un significativo impatto negativo sulla popolazione delle specie protette”.

Nel dettaglio l’Ue sostiene anche che il nostro Paese “non ha adottato misure adeguate per evitare perturbazioni significative di diverse specie marine e di uccelli marini, quali la berta maggiore, la berta minore, l’uccello delle tempeste europeo e il marangone dal ciuffo nei siti Natura 2000 designati per la loro conservazione”.

Sulla questione si è espressa a più riprese l’Oipa, l’Organizzazione internazionale di protezione animali che, per esempio sulla questione del divieto di munizioni al piombo nelle zone umide, “che con un decreto congiunto dei ministri Pichetto Fratin e Lollobrigida e il decreto Asset hanno raggirato, consentendo l’attività venatoria anche dove vietata”.

Inoltre, ricordano le associazioni ambientaliste, l’Europa nei confronti dell’Italia ha già aperto una inchiesta “sui calendari venatori, sull’abbattimento di specie in stato di conservazione negativo, sulla caccia durante la migrazione pre-riproduttiva e sull’inerzia italiana in tema di lotta al bracconaggio”.

Per queste ragioni, chiosa l’Oipa, “l’intero sistema venatorio italiano, irrispettoso delle direttive europee, è sotto accusa. Occorre che Governo e Parlamento fermino la proposta di legge Bruzzone (Lega), che peggiora le materie contestate, e metta in regola la normativa italiana sulla tutela di uccelli e fauna selvatica. Auspichiamo che i Ministeri vogliano mettere mano alla materia quanto prima. Vanno riviste subito le norme che trasformano l’Italia in un Far West dove i cacciatori possono intervenire sempre e ovunque, anche nei parchi e nelle aree urbane”.

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