Ambiente

Danone rischia il processo per le etichette “carbon neutral” sull’acqua Evian

I querelanti sono due consumatori che si dicono ingannati perché il processo di produzione non garantirebbe la neutralità carbonica
Credit: Jonathan Chng  

Tempo di lettura 3 min lettura
12 gennaio 2024 Aggiornato alle 10:00

Per essere davvero sostenibili bisogna anche dimostrarlo.

La svolta green di molte aziende a livello mondiale sta portando a sempre più impegni, dichiarati sotto varie formule, per avere un impatto più positivo sull’ambiente: in questo contesto rientrano per esempio anche le diciture, che troviamo su certi prodotti, di riduzione delle emissioni, oppure di riciclo o ancora di strategie per limitare l’uso di plastica.

Ma cosa succede se si scrive qualcosa di non corretto o difficilmente comprovabile?

Una domanda a cui dovrà rispondere in qualche modo la famosa multinazionale Danone che, secondo un giudice di New York, dovrà ora affrontare una causa per aver scritto “carbon neutral” sulle sue bottiglie di acqua Evian, senza che questo sia comprovato.

I querelanti sono due cittadini, Stephanie Dorris della California e John Axiotakis del Massachusetts, che hanno affermato di aver pagato un prezzo maggiorato per Evian nel 2022 credendo erroneamente che l’affermazione “carbon neutral” indicasse che l’acqua fosse più rispettosa dell’ambiente.

L’azione collettiva sostiene che i consumatori non avrebbero acquistato Evian se avessero saputo che il processo di produzione di Danone in realtà consente il rilascio di anidride carbonica o è collegata ad altre forme di possibile inquinamento.

Il giudice americano Nelson Roman ha stabilito che definire la produzione “carbon neutral” è qualcosa di ambiguo che può confondere i consumatori, soprattutto se non c’è una reale e concreta neutralità carbonica a livello di emissioni.

Potenzialmente, scrive il giudici, ci sono accuse di frode, arricchimento ingiusto e violazione di richieste di garanzia esplicite ai sensi delle leggi sulla protezione dei consumatori della California e del Massachusetts.

La Reuters fa sapere che né Danone né i suoi avvocati hanno risposto immediatamente alle richieste di commento sulla vicenda e ricorda che la causa è tra le centinaia di azioni collettive proposte ogni anno contro produttori alimentari per via di etichette che possono confondere gli stessi consumatori.

Del resto parlare di “carbon neutral” è molto complesso dato che, secondo alcune definizioni (banalmente dei dizionari), vorrebbe dire “che non risulta in alcuna aggiunta netta di anidride carbonica nell’atmosfera”, cosa estremamente difficile visti i processi moderni di produzione.

Danone dal canto suo ha affermato che l’etichetta riflette una certificazione ottenuta dall’organismo indipendente Carbon Trust e che il punto di vista dei querelanti sfida la scienza e il buon senso.

Per ora il giudice non ha deciso chi ha ragione, ma con la sua decisione ha avviato alla possibilità di un processo.

“Piuttosto che possedere un significato comune e quotidiano, il termine carbon neutral è più tecnico e scientifico. I consumatori potrebbero quindi ragionevolmente confondersi… se non è stato precedentemente definito esplicitamente per loro, a esempio prima di vederlo sull’etichetta del prodotto”, si legge fra le righe di quanto scritto dal giudice stesso.

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