Economia

Quali sono i Paesi emergenti nel panorama dell’economia globale?

Dagli investimenti indiani nei semiconduttori al controllo delle materie prime critiche di Indonesia e Cile: sono diverse le strategie degli Stati per consolidare la propria posizione a livello mondiale
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15 gennaio 2024 Aggiornato alle 11:00

Lo scenario economico mondiale potrebbe presto cambiare. Paesi economicamente emergenti puntano, infatti, ad affermarsi nei prossimi anni tramite ambiziosi progetti di crescita e sviluppo. L’obiettivo comune è seguire l’esempio degli anni ’80 delle nazioni dell’Asia Orientale (Giappone, Corea del Sud, Singapore) che, sfruttando una forza lavoro numerosa e a basso costo, hanno conquistato settori come quello automobilistico, elettronico e farmaceutico.

Oggi lo sviluppo dei Paesi passa per differenti approcci, che vanno dallo sfruttamento delle materie prime critiche per attirare investimenti al protezionismo per sviluppare industrie dell’alta tecnologia.

Narendra Modi, Primo Ministro indiano, punta a incrementare il Pil per superare la soglia di alto reddito posta dalla Banca Mondiale entro il 2047. Per farlo, i funzionari ritengono che sarà necessaria una crescita del Pil pari all’8% annuo: 1,5 punti percentuali in più rispetto a quanto il Paese è riuscito in media negli ultimi 3 decenni.

Modi sta scommettendo su 30 miliardi di dollari di “incentivi legati alla produzione” per catalizzare gli investimenti in 14 settori prioritari, tra cui quello dei semiconduttori. Il suo impegno a raggiungere emissioni nette di gas serra “zero” entro il 2070 prevede la costruzione di parchi solari, la produzione di batterie e molto altro. E l’idea è anche quella di creare posti di lavoro e ridurre il costo dell’energia. Si prevede che la bolletta delle importazioni di energia dell’India scenderà dal 4% del Pil nel 2021 al 2,5% nel 2032.

Stando al rapporto Path to 2075 di Goldman Sachs, l’India dovrebbe diventare entro i prossimi 50 anni la seconda economia mondiale. Tra i motivi dietro questa sua possibile ascesa futura, spiega Santanu Sengupta, economista di Goldman Sachs Research per l’India: il progresso tecnologico, i dati demografici favorevoli (l’indice di dipendenza sarà tra i più bassi tra le grandi economie per i prossimi 20 anni) e la transizione verde, che attirerà grandi investimenti.

Altro Paese asiatico in forte crescita è l’Indonesia. La politica industriale di punta del Governo indonesiano, il downstream, si concentra sulle risorse naturali. L’Indonesia produce infatti il 37% del nichel mondiale (fondamentale per la costruzione di batterie elettriche) e attraverso il divieto di esportazione di materie prime selezionate (tra cui lo stesso nichel, la bauxite e da quest’anno anche il concentrato di rame) il Governo guidato da Joko Widodo punta ad attirare multinazionali nel Paese per costruire raffinerie locali.

Con un progetto ambizioso (Indonesia Vision 2045) il Paese intende diventare una delle prime 5 economie mondiali con oltre 7 trilioni di dollari entro il centenario dell’indipendenza dall’Olanda. Per conseguire l’obiettivo, avrà bisogno di una crescita del 7% annuo, rispetto a una media del 4,6% nello stesso periodo.

In Arabia Saudita, la monarchia intende attuare una riforma strutturale per diversificare l’economia, oggi fortemente dipendente dal petrolio. Nel 2016 è stato lanciato il progetto Saudi Vision 2030, finalizzato a migliorare i servizi pubblici nazionali, espandere il settore turistico, aumentare gradualmente l’accesso delle donne sul mercato del lavoro e a attirare investimenti diretti esteri (Ide).

L’obiettivo del regno è quello di diventare una delle prime potenze economiche mondiali. Secondo le proiezioni di Goldman Sachs, nel 2050 l’Arabia Saudita potrebbe diventare la 13° economia al mondo. Ma prima che affermarsi a livello mondiale, i sauditi devono competere con i vicini Paesi del Golfo.

Seppur in rapida espansione, l’Arabia Saudita non riesce a monopolizzare gli investimenti nel Golfo; nel 2022 gli Emirati Arabi e il Qatar detenevano il primato con rispettivamente 23 miliardi e 29 miliardi di dollari attratti contro i 7,9 miliardi dei sauditi. Inoltre, affinché il Paese possa affermarsi al livello mondiale, dovrà aumentare la propria crescita del 9% annuo, contro un 2,3% odierno.

Strategia differente è stata applicata dal Cile, che punta sull’estrazione di materie prime critiche per collocarsi in una posizione strategica nella transizione ecologica. Secondo produttore di litio al mondo, il Paese ha annunciato un piano di semi-nazionalizzazione per l’estrazione del materiale, offrendo prezzi preferenziali sul carbonato di litio alle aziende che avviano progetti nel territorio cileno.

Grazie alla disponibilità di risorse minerarie, il Cile è tra i Paesi leader nel settore estrattivo; oltre alla salina di Atacama, che da sola produce il 30% del litio a livello globale, il Presidente cileno Boric ha evidenziato che il Paese possiede altre 60 saline e che «il potenziale è enorme».

Lo Stato è anche il principale produttore di rame al mondo e tra i principali di argento, nitrati, iodio. Obiettivo del Cile è quello di entrare a far parte dei principali esportatori di servizi e tecnologie per il settore estrattivo.

Al momento, il Paese punta sullo sviluppo di tecnologie per ridurre l’impatto ambientale - energetico dell’estrazione e potenziare il coinvolgimento delle comunità locali. Il settore necessita di investimenti per la modernizzazione di fonderie e raffinerie e per progetti di esplorazione del suolo.

Altra economia in forte ascesa è il Vietnam. Il Paese ha registrato la crescita più elevata in Asia nel 2022 (+8%), e nello stesso anno gli Ide sono saliti al massimo da un decennio; oltre 20 miliardi di dollari provengono da Giappone, Singapore e Cina.

Numerose aziende quali Dell, Microsoft, Google e Apple hanno spostato intere parti della loro filiera produttiva nel Paese, tradizionalmente associato al settore dell’abbigliamento. Questi investimenti, nel corso degli anni, hanno dato grandi benefici all’economia locale, portando milioni di vietnamiti fuori da condizioni di povertà.

E il Vietnam guarda al futuro. Il Governo vuole trasformare il Paese in un’economia ad alto reddito entro il 2045; per fare ciò occorrerà diversificare l’economia per attrarre maggiori investimenti esteri, oggi legati soprattutto al basso costo della manodopera.

I Paesi emergenti stanno iniziando a trovare un loro posto nello scacchiere economico e politico internazionale. Importante sarà capire se le politiche economiche e commerciali dei singoli Paesi riusciranno a dare gli effetti sperati per restare in linea con i propri programmi di crescita e sviluppo, in uno scenario globale mai così dinamico e instabile come quello odierno.

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