Ambiente

Sci e scarsa neve naturale: l’ennesimo avvio di stagione fra le polemiche

In Appennino molti impianti semi chiusi, a rischio anche alcune zone delle Alpi. Appelli alla Federazione internazionale sci per ridurre le emissioni di uno sport che fatica a guardare al futuro per via della crisi del clima
Credit: Toa Heftiba 

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27 dicembre 2023 Aggiornato alle 15:00

Scorrendo la lista dei siti aggiornati sulle condizioni degli impianti sciistici balza subito all’occhio quanti comprensori siano aperti a metà, a fine dicembre, ma soprattutto di quanti siano costretti a fare affidamento sulla neve artificiale.

Lo sci come lo conosciamo, si sa, è uno degli sport oggi più minacciati dalla crisi del clima che avanza: anche in questo fine 2023, anno più caldo della storia, sono decine gli impianti soprattutto in Appennino che non hanno aperto, complici le alte temperature e la mancanza di neve. Resistono in gran parte le Alpi, soprattutto in Svizzera e Francia, dove si scia con frequenza ma dove caldo e piogge hanno contribuito a far ritardare l’apertura di moltissime stazioni nei giorni di Natale, mettendo a rischio un settore che vale circa 30 miliardi di dollari se si conta l’intero indotto.

Mentre da Morzine a Les Gets nella Alpi francesi la stagione parte a rilento è lo stesso mondo dello sci a interrogarsi sempre di più sul futuro. Diversi studi indicano infatti una tendenza, legata alla crisi del clima, sempre più nera per chi cavalca la neve: con uno scenario di +2 °C (l’anno prossimo arriveremo forse a +1,5 °C…) circa il 53% dei comprensori sciistici di una trentina di località europee esaminate è a rischio di scarsissima quantità di neve. Con +4 gradi °C praticamente il 98% delle località sarebbe costretto a serrare i battenti. Di conseguenza gli stessi sciatori chiedono al mondo dello sci di fare di più per contribuire al taglio delle emissioni. A inizio 2023 circa 500 atleti professionisti avevano chiesto proprio a Fis - Federazione internazionale di sci - maggiori azioni per abbassare l’impatto a livello di emissioni di uno sport che tra viaggi in aereo per le gare, impianti energivori e impronte di carbonio varie, impatta notevolmente a livello climatico. La stessa Fis si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di carbonio del 50% entro il 2030 sostenendo che “stiamo lavorando a un piano di sostenibilità che ci vedrà raccogliere quanti più dati durante possibile nella prossima stagione invernale per fornire la stima più accurata della nostra impronta di CO2”, ma molto ancora deve essere fatto.

«Il futuro degli sport invernali dipende dalla capacità di ridurre le emissioni nei prossimi decenni», ha detto per esempio Dom Winter, di Protect our Winters UK, a The Guardian, aggiungendo che «certamente a 2 °C le località a quote più basse sarebbero in grossi guai. Ma nelle Alpi ci saranno ancora posti con neve naturale, quindi le località a quote più elevate potrebbero sopravvivere. La preoccupazione è quanto potrebbero diventare costosi ed elitari».

Il problema, soprattutto per località a quote basse, è che per garantire lo sci servirà neve artificiale: l’uso dei cannoni, tra enorme consumo di energia e acqua, anche per gli ambientalisti è però decisamente poco sostenibile, oltre che costoso.

Alcuni studi indicano per esempio che l’impatto dell’uso della neve artificiale per un massimo di 100 giorni consecutivi aumenterebbe il consumo di acqua di circa 540 milioni di litri e metterebbe i resort contro le comunità locali, proprio per la concorrenza sull’uso dell’acqua. Consumo che nelle Alpi francesi rischia di aumentare di nove volte entro fine secolo se legato alla dipendenza da produzione di neve artificiale.

Per molti, la soluzione è quella di stagioni sciistiche più brevi e maggior impegno, anche a livello turistico, per garantire una montagna da vivere tutto l’anno ma non appunto sempre e per forza legata alla neve. “Il nostro approccio è quello di concentrarci sul turismo in quattro stagioni nella valle e di rendere la valle e le montagne un luogo in cui si possa vivere tutto l’anno” ricordano a esempio alcune associazioni di Morzine spiegando che “c’è vita dopo lo sci ma dobbiamo adattarci e dobbiamo immaginare come sarà il nostro futuro. Questa è una zona dove puoi arrampicare, andare in mountain bike, camminare o semplicemente immergerti nella natura”.

Da Federazione sci agli albergatori, dagli sciatori sino ai turisti o le industrie del territorio, anche quest’anno le difficoltà legate all’assenza di neve o alla scarsa qualità delle piste ci ricordano che è tempo di iniziare una seria riflessione sul domani delle montagne.

Senza un ragionamento, altrimenti, assisteremo sempre di più ad “accanimenti” di ogni tipo o soluzioni estreme, perfino alla necessità, laddove non ce n’è abbastanza, di portare la neve in elicottero, come accaduto ad Aprica e mostrato da un video rilanciato da Il Dolomiti.