Edilizia sanitaria: in arrivo 10 miliardi di euro in più?
Quando si parla di edilizia sanitaria, si fa riferimento a un quadro normativo che nel corso degli anni non ha subito grandi variazioni e che ha, inevitabilmente, spinto verso un progressivo immobilismo le strutture di cura in Italia.
Con l’ex Art 20 L.67, nel 1988 il Governo presentava un programma di opere e interventi pluriennali per la ristrutturazione e l’ammodernamento degli edifici sanitari appartenenti al comparto pubblico. Una normativa che metteva in campo 30.000 miliardi di lire. L’Art 5 del DL 502/1992, qualche anno dopo ha dato vita agli Accordi di Programma tra il Ministero della Salute e le Regioni con l’obiettivo di programmare e realizzare opere sanitarie in linea con le disponibilità economico finanziarie dei bilanci regionali. Una situazione che negli anni ha incrementato una forte disparità tra le varie regioni, e in particolar modo tra il Nord e il Sud del Paese.
Mentre i tempi sono cambiati e la necessità di migliorare le strutture sanitarie è diventata un’urgenza improcrastinabile, però, l’applicazione della normativa è rimasta il più delle volte incastrata all’interno di iter burocratici estremamente lunghi e farraginosi. Le conseguenze le vediamo con i nostri occhi, di fronte a un sistema sanitario in forte difficoltà: pochi posti letti, ospedali vecchi e in molti casi fatiscenti. Spesso, negli anni a impedire l’adeguato e pieno utilizzo di tutti i fondi stanziato è stata proprio la burocrazia.
Anche il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (Pnrr), che aveva rappresentato una speranza, alcuni mesi fa è stato rivisto con la decisione del Governo di escludere dai fondi la realizzazione di 400 nuove strutture sanitarie, ovvero circa il 20% di tutte quelle previste nel Piano. Una scelta sofferta e che ha aperto la strada a numerose critiche, ma secondo il Governo inevitabile. Mentre le disposizioni del Pnrr sono rimaste immutate, infatti, il caro energia, l’inflazione e la Guerra in Ucraina hanno modificato profondamente il contesto socio-economico non solo a livello nazionale, ma globale, rendendo indispensabile un adeguamento.
Oggi, però, la situazione potrebbe cambiare grazie a un patrimonio di 10 miliardi di euro recuperati dalla Manovra di Bilancio, che punta a snellire la burocrazia del Mexa (ovvero il sistema utilizzato nelle strutture sanitarie per valutare la fattibilità di ciascun intervento) e gli Accordi di Programma assunti con le singole regioni. Una cifra che potrebbe, dunque, permettere la realizzazione di circa 525 opere tra ospedali e case sanitarie recuperando tutte le operazioni del Pnrr precedentemente stralciate dal Governo.
La necessità è proprio quella di far ripartire il sistema sanitario troppo spesso trascurato ma che, complice anche l’inverno demografico del nostro Paese, è invece prioritario. Un sistema che per essere nuovamente valorizzato necessita di un’organizzazione adeguata in ogni fase: dalla progettazione, all’esecuzione fino alla rendicontazione tramite personale altamente qualificato e specializzato, come sottolineato dalla stessa Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali).