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Chi è Gina Rinehart, l’imprenditrice che guarda al litio australiano

Nonostante le sue posizioni spesso antiambientaliste, Rinehart sembra intenzionata a giocare un ruolo molto importante nella transizione energetica mondiale. Ma qual è la sua storia?
Credit: AAP/PPR 

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30 ottobre 2023 Aggiornato alle 12:00

Finora era nota per il suo sostegno ai politici di centrodestra, molto scettici sulla transizione energetica. Ora per Gina Rinehart, 69 anni, considerata la donna più ricca d’Australia, il vento sembra essere cambiato.

L’imprenditrice ha infatti messo gli occhi sul litio, un minerale importantissimo per il funzionamento delle batterie delle macchine elettriche e considerato quindi indispensabile per liberare il mondo dai combustibili fossili.

Negli ultimi mesi Hancock Prospecting, la società mineraria di proprietà di Rinehart, ha iniziato a comprare sempre più azioni di Liontown Resources, un’azienda australiana che ha il suo focus proprio sui minerali necessari per le batterie, a partire dal litio.

Il comportamento di Rinehart è stato una dichiarazione di guerra alla multinazionale americana Albermarle che puntava a comprare Liontown Resources con l’obiettivo a sua volta di rafforzare la propria posizione nel mercato delle batterie elettriche. Il messaggio di Rinehart è sembrato abbastanza chiaro a diversi analisti economici: il litio australiano è ormai nel suo mirino.

La risolutezza e l’abilità di Rinehart sono già ampiamente conosciute in Australia: figlia unica di Lang Hancock, il fondatore della Hancock Prospecting, Rinehart è alla guida della società dal 1992, anno della morte del padre.

Una successione difficile, e non solo per le circostanze a cui era dovuta, ma anche perché in quel periodo l’azienda, tra le più importanti nel settore minerario australiano, era in condizioni economiche molto complicate. Oggi invece è una delle più importanti e floride del Paese. E il merito, concordano gli osservatori, è di Rinehart, capace di far entrare il suo gruppo in settori innovativi come la cannabis medica e le neurotecnologie.

Nel frattempo però il focus è rimasto sulle miniere.

Un settore che in Australia come nel resto del mondo è molto controverso e criticato soprattutto dagli ambientalisti.

Rinehart ha sempre difeso le proprie attività, rivendicando il loro valore economico per il Paese in termini di creazione di ricchezza e posti di lavoro. Riferendosi a chi l’accusa di rovinare l’ambiente ha detto: «Ora è molto popolare limitare l’estrazione mineraria in nome dell’ambiente, anche per serpenti, topi ed erbacce pericolose».

Nel 2021 fece discutere la sua decisione di inviare un messaggio agli alunni della sua ex scuola superiore mettendoli in guardia dalla «propaganda» ambientalista. Il suo video venne però tagliato dalle autorità scolastiche che spiegarono di averlo fatto solo perché «sforava i cinque minuti previsti». Lo staff di Rinehart protestò parlando di censura.

Anche in politica le sue simpatie vanno a leader notoriamente scettici sull’importanza della transizione ecologica.

Rinehart è tra le principali sostenitrici internazionali di Donald Trump che durante il suo mandato da presidente degli Stati Uniti portò il suo Paese fuori dagli Accordi di Parigi.

Eppure ora Rinehart ha deciso di puntare sul litio e sulle macchine elettriche, tanto avversate da alcuni politici a lei vicini (Trump le ha definite «troppo costose» e «non utili per le lunghe distanze»).

I motivi sembrano puramente economici: di fronte alla crescita di questo mercato sarebbe probabilmente assurdo per Hancock Prospecting tirarsi fuori.

Quel che è certo è che per capire il futuro della transizione energetica mondiale bisognerà guardare anche alle mosse dell’imprenditrice australiana. L’Australia è infatti oggi il secondo Paese al mondo per giacimenti di litio. Giacimenti che potrebbero essere sempre più targati Rinehart.

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