Ambiente

Dobbiamo agire ora sul clima. O sarà troppo tardi

È l’appello lanciato dagli scienziati dell’IPCC, il Gruppo intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, che ha appena diffuso il nuovo report sugli effetti del surriscaldamento globale. Disegnando un atlante della sofferenza umana e del Pianeta, al quale però possiamo ancora porre rimedio
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28 febbraio 2022 Aggiornato alle 14:00

Irreversibili. È una parola che, anziché farci arrendere, dovrebbe spronarci a un cambiamento prima che sia davvero troppo tardi. Con questa parola gli esperti dell’IPCC, il gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, hanno definito molti degli impatti del riscaldamento globale già in atto sul nostro Pianeta.

Nel loro nuovo report appena diffuso, una sorta di “bibbia” per comprendere il futuro legato alla crisi climatica mondiale, gli scienziati di tutto il mondo affermano che stiamo andando verso un domani in cui gli esseri umani e la natura verranno spinti oltre le loro capacità di adattamento.

Il 40% della popolazione mondiale è, secondo il report, “altamente vulnerabile” al clima. Questo significa che tutto è perduto? No, ci dicono ancora gli esperti, perché rimane viva la speranza che se l’aumento delle temperature sarà mantenuto al di sotto di 1,5 °C, si potrebbero ridurre le perdite. Ma questo ora dipende dalle società di tutto il mondo e dalle scelte intraprese.

«Il nostro rapporto indica chiaramente che i luoghi in cui le persone vivono e lavorano possono cessare di esistere, che gli ecosistemi e le specie con cui siamo cresciuti e che sono centrali per le nostre culture possono scomparire. Il nostro rapporto sottolinea molto chiaramente che questo è il decennio dell’azione, se vogliamo cambiare le cose», ha detto Debra Roberts, co -presidente dell’IPCC.

Il report esamina le cause, gli impatti e le soluzioni ai cambiamenti climatici. Ci indica come quanto stiamo già vivendo - come per esempio le morti per ondate di calore, la siccità, le tempeste e le alluvioni - o ancora la perdita di biodiversità, peggioreranno rapidamente. Ma si può ancora evitare il peggio: «Il futuro dipende da noi, non dal clima» sostengono esperti come Helen Adams, una delle autrici del report.

Secondo il documento, gli eventi meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici stanno colpendo gli esseri umani e altre specie molto più duramente di quanto indicato dalle precedenti valutazioni e vanno oltre le capacità delle persone di riuscire a farvi fronte.

In buona parte questi impatti dipendono anche da dove si vive: tra il 2010 e il 2020 circa 15 volte più persone sono morte a causa di eventi estremi in regioni vulnerabili, soprattutto Africa, Asia meridionale e America centrale e del sud, rispetto ad altre zone del Pianeta. Allo stesso tempo pagano il prezzo altre specie: dalle barriere coralline che stanno scomparendo alle foreste distrutte tra siccità e incendi. Anche la neve sta diminuendo e si stima che persino in un mondo con basse emissioni di anidride carbonica l’8% della terra coltivabile oggi diventerà inutilizzabile entro il 2100.

A questi scenari vanno aggiunti gli insediamenti costieri e la vita a rischio lungo le coste, dato che l’innalzamento del livello del mare porterà all’immersione e la perdita.

Secondo i vari scenari esaminati dall’IPCC nei prossimi decenni 1 miliardo di persone sarà più a rischio proprio per questi impatti sulle coste. Inoltre, se le temperature saliranno tra 1,7 e 1,8 °C (già oggi andiamo verso gli 1,2) al di sopra dei livelli preindustriali, metà della popolazione umana potrebbe essere esposta a periodi di condizioni climatiche pericolose per la vita.

Per il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres i risultati del rapporto sono una sorta di «atlante della sofferenza umana. I fatti sono innegabili. Questa abdicazione alla leadership è criminale. I più grandi inquinatori del mondo sono colpevoli dell’incendio doloso della nostra unica casa».

Come se non bastasse, crescerà poi il numero di malattie che probabilmente si diffonderanno più rapidamente. Fra queste per esempio la febbre dengue trasmessa dalle zanzare che con il cambiamento delle condizioni climatiche si diffonderà più velocemente. La crisi climatica potrebbe poi aumentare problemi di salute mentale, stress, traumi legati a eventi meteo estremi.

Oltre all’uomo, metà degli organismi viventi sulla Terra, che già si stanno muovendo verso alture differenti o poli per poter sopravvivere, pagheranno caro il prezzo della crisi. Il 14% delle specie valutate andrà probabilmente incontro a un rischio molto elevato di estinzione se il mondo si riscalderà di 1,5°C, cifra che sale al 29% delle specie se si arriverà a 3°C di riscaldamento.

Per animali e vegetali che già vivono in aree vulnerabili la probabilità di estinzione raddoppierà con l’aumento del riscaldamento verso i 2°C e aumenterà di 10 volte se il mondo raggiungerà i 3°C. Con il rischio di raggiungere punti critici, come quelli legati allo scongelamento del permafrost, si teme poi che diverse condizioni possano diventare irreversibili.

Molti passaggi del report indicano la necessità di seguire la via tracciata alla Cop26 di Glasgow, per esempio sposando le rinnovabili e completando la decarbonizzazione, ma sostengono anche una scarsa fiducia nelle soluzioni quali la rimozione dell’anidride carbonica dall’aria con le nuove tecnologie.

«Questo rapporto è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione. Sottolinea l’urgenza di un’azione immediata e più ambiziosa per affrontare i rischi climatici. Le mezze misure non sono più una possibilità» ricorda Hoesung Lee, presidente dell’IPCC.

Una soluzione per rendere meno devastanti gli impatti della crisi climatica è puntare sulla natura. Per gli esperti ripristinando gli ecosistemi degradati e conservando efficacemente ed equamente il 30-50% degli habitat terrestri, d’acqua dolce e marini, le società umane possono trarre beneficio dalla capacità della natura di assorbire e immagazzinare carbonio accelerando così verso uno sviluppo sostenibile.

Ripristinare la natura da una parte e dall’altra lavorare per sviluppare città con edifici verdi, energia rinnovabile, sistemi di trasporto sostenibili e in grado di limitare le emissioni di gas serra. Temi fondamentali sono poi l’equità e la giustizia climatica, la difesa delle comunità indigene, il sostegno ai paesi meno sviluppati.

Il sesto rapporto di valutazione dell’IPCC (AR6), per tentare di evitare altri processi irreversibili, conclude con la necessità di finanziamenti adeguati e un impegno politico più efficace all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla riduzione delle emissioni.

«L’evidenza scientifica è inequivocabile: i cambiamenti climatici sono una minaccia al benessere delle persone e alla salute del Pianeta. Ogni ulteriore ritardo nell’azione concertata a livello globale farà perdere quella breve finestra temporale - che si sta rapidamente chiudendo - per garantire un futuro vivibile» Hans-Otto Pörtner, altro principale autore del report.

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