Futuro

L’Italia e lo Spazio: Luna 1999 arriviamo

Grazie al nuovo approccio privato allo Spazio, supportato da commesse statali - in larga parte americane -, il nostro satellite naturale torna a suscitare forte interesse
Credit: ESA/Foster+Partners
Tempo di lettura 7 min lettura
9 agosto 2023 Aggiornato alle 06:30

Uno dei primi serial di fantascienza che vidi da piccolo fu Luna 1999.

Insieme a Star Trek furono le mie prime basi di cultura fantascientifica. In pratica poppavo latte e sognavo le stelle.

Ho sempre tenuto d’occhio le stelle e ancora oggi ritengo che sia fondamentale avere delle posizioni extra planetarie stabili. La Guerra Fredda terminata si è portata via la maggioranza degli investimenti terresti in budget extra terrestri.

Grazie al nuovo approccio privato allo Spazio, supportato largamente da commesse statali (in larga parte americane) la Luna torna a essere di interesse.

Se si vuol fare un serio ragionamento sulle opportunità lunari basta pensare ai minerali industriali presenti sul nostro satellite.

Tutti elementi utili per la costruzione di futuribili colonie circumlunari: ferro, titanio, rame e molti altri elementi base che si sono concentrati lassù grazie ai bombardamenti di asteroidi ferrosi. A questi si aggiunge la ricchezza della superficie lunare di elio-3, uno dei migliori candidati per la fusione nucleare.

Si aggiunga la capacità di produrre e avere industrie in un ambiente dove il bioma e l’atmosfera è assente: la capacità di spostare lassù fabbriche ad alta tecnologia automatizzate rappresenta un’opportunità. Prima che tutti questi sogni si avverino serve mettere su una sede stabile sulla Luna, auspicando che ognuno dei grandi fratelli (Russia, Cina e Usa) trovino un modo non pestarsi i piedi.

All’interno di questo scenario rientrano i progetti di Artemis: una posizione occidentale sulla Luna e nella sua orbita, per cominciare i primi passi della civiltà (occidentale) spaziale.

Gli accordi definiti nel 2022 tra ASI (Agenzia Spaziale Italiana) e Nasa rappresentano una opportunità vitale per l’Italia e tutta la filiera della space economy. Accordi rinnovati di recente nel viaggio della Pm Meloni in Usa.

L’adesione ai principi e alle linee guida americane per l’esplorazione lunare implica la nascita di collaborazioni della Nasa con l’Agenzia Spaziale del Paese firmatario: è in questo contesto che sono nati i bilaterali Nasa-Asi, che stanno definendo i contenuti delle collaborazioni Italia-Usa per l’esplorazione lunare.

Ovviamente il singolo joint statement è la base per numerosi accordi che possono aver luogo tra le agenzie governative (Nasa e Asi) e le aziende delle rispettive filiere. Per dirla semplice gli accordi tra le due agenzie sono la definizione di uno spazio comune che spiana la strada a interazioni di differenti intensità all’interno di quella che viene generalmente chiamata space economy.

Una delle formule più spesso adottate, nelle relazioni privati pubblici, è il baratto: uno scambio in cui ognuna delle due parti fornisce qualche infrastruttura o servizio. Parlando della Luna, per esempio sono già attive collaborazioni sul Lunar Gateway, la futura stazione in orbita lunare.

Infine, le agenzie spaziali affidano la costruzione delle infrastrutture oppure la fornitura di servizi alle industrie e ai privati. a oggi sono numerose le aziende private che hanno le capacità tecniche e finanziarie per partecipare alla corsa allo spazio.

SpaceX e Blue Origin sono due nomi familiari a tutti ma anche nell’ecosistema italiano ci sono nomi importanti.

I nomi principali della filiera italiana sono noti: Leonardo, Alenia Thales Space, Telespazio. Se consideriamo la singola Leonardo già nel 2020 un accordo Italia Usa si traduceva in un accordo di oltre 1 miliardo di dollari.

Tuttavia, è la filiera delle oltre 200 le Pmi che partecipano questo settore a essere importante.

Resta ovviamente un limite, in un settore così sensibile della space economy, il tema del Buy America: la linea protezionista americana che impedisce il superamento del 25% sugli appalti non-Usa.

C’è da dire che questo limes non è mai stato un fattore bloccante in ambito space exploration per l’Italia, neanche nell’era trumpiana di America First.

Sul fronte delle startup italiane egualmente vi sono nomi di tutto rispetto: dalla comasca De-orbit a Leaf (che ha appena ricevuto un importante investimento).

Queste due realtà operano nel segmento dei satelliti, in apparenza un tema non così eccitante come l’esplorazione umana, tuttavia, i satelliti compongono quella invisibile ragnatela che permette a tutti noi di comunicare agevolmente in meno di un secondo.

Il futuro dell’industria satellitare orbitale e lunare è in continua crescita: già oggi i satelliti sono utilizzati per rilevazioni climatiche, geologiche, e militari, solo per citare i segmenti più floridi.

Una flotta di satelliti di piccole dimensioni, che circondasse la Luna ci offrirebbe una rapida, e relativamente economica, soluzione per mappare il nostro satellite e individuare i siti più promettenti per miniere, basi lunari sotterranei (sfruttando le cavità lunari derivate dall’era magmatica lunare), posizioni per centri di ricerca etc.

A queste due realtà già “scalate” si aggiungono numerose altre startup che operano sia nel settore satellitare che i servizi. Loro rappresentano un piccolo elemento della space economy ma, scalando grazie alle risorse e subappalti americani, potrebbero portare ulteriore occupazione e crescita al settore.

2NDSpace fornisce satelliti di servizio per le manutenzioni di quelli già in orbita.

Astradyne produce strutture dispiegabili come i pannelli solari pieghevoli a origami: l’energia delle flotte dei futuri satelliti sarà solare, soprattutto se parliamo di satelliti orbitali.

Involve Space si occupa di monitoraggio di sonde e satelliti. Marscenter abilita esperimenti scientifici e tecnologici in condizioni di microgravità, sia a bordo di stazioni spaziali che a bordo di sistemi con capacità di rientro. Anche in questo caso una buona parte delle prime operazioni nella stazione circumlunare e la base lunare saranno ricerca scientifica.

AdapTronics è una startup focalizzata sulla robotica avanzata, determinando nuovi sistemi che permettono ai bracci robotici di manipolare gli oggetti. Se consideriamo che l’ambiente lunare è ostile alla vita (consideriamo solo le radiazioni solari che ogni minuto colpiscono il nostro satellite) l’utilizzo di robot esploratori ad alte prestazioni e precisi è vitale.

ABzero, che ha ideato un sistema per la consegna di sangue, organi e medicinali mediante l’utilizzo di droni. Nell’immediato sulla Terra la soluzione può essere interessante ma, se consideriamo casi futuribili di emergenze mediche sulla superficie lunare, questo servizio potrebbe essere vitale.

L’ambito della raccolta di dati, soprattutto in modo automatizzato per le future stazioni lunari, è forse il settore che merita maggiore attenzione, anche in campo di startup italiane della filiera.

Cshark sta sperimentando le interazioni tramite algoritmi (impropriamente definiti AI) con un satellite prova. Latitudo 40 offre una data Platform basata su AI (algoritmi).

Computer vision processa informazioni per città e aziende per diventare più sostenibili e resilienti al climate change.

Mespac integra i dati forniti dai satelliti, con dati proprietari per nuovi siti di impianti eolici offshore. Ovviamente in questo caso le applicazioni lunari saranno più focalizzate su impianti solari, mancando il vento sulla luna (i venti solari non contano).

La space economy italiana, in sinergia con le risorse finanziarie americane, può portare l’Italia sulla Luna. Ma la strada non sarà semplice: Cina e Russia sono egualmente pronte alla Luna e tutte le nazioni dei Brics stanno dimostrando sempre più crescente attenzione allo spazio: Arabia Saudita, Iran, Brasile, India, solo per citare le nazioni che hanno progetti spaziali in forte crescita.

L’opportunità di avere l’umanità presente su più corpi celesti è una necessità per la salvaguardia della nostra specie, il primo passo è la Luna.

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