Economia

Le banche promettono zero emissioni nette, ma i loro investimenti dicono altro

Secondo un’analisi della società no profit britannica Share Action, 25 istituti che hanno firmato accordi green hanno finanziato 50 società di gas e petrolio
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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16 febbraio 2022 Aggiornato alle 13:00

Ormai lo sappiamo tutti, se la Terra vuole evitare effetti ambientali gravi e condizioni climatiche estreme, deve limitare il riscaldamento globale medio a meno di 1,5 °, riducendo le emissioni entro il 2050. Lo dicono gli esperti, sì, ma ne sono convinte anche le banche a tal punto che il 43% degli istituti globali esistenti fa parte della Net-Zero Banking Alliance, promossa dalle Nazioni Unite e impegnata a contrastare il climate change. Purtroppo, però, molte non sembrano poi così impegnate: secondo l’organizzazione no profit britannica ShareAction, infatti, alcune delle più grandi banche europee guidate dai colossi HSBC, britannico, dall’irlandese Barclays e dal gruppo francese BNP Paribas, hanno finanziato lo sviluppo di gas e petrolio con miliardi di dollari. A ricevere questa enorme somma di denaro fanno capolino la compagnia statunitense ExxonMobil, le britanniche Shell e British Petroleum, e la saudita Saudi Aramco.

Il 19 gennaio 2022 la Net-Zero Banking Alliance ha superato il traguardo dei 100 membri, a poco più di due mesi dalla sua nascita, a novembre dell’anno precedente. Di questi, secondo gli attivisti, 24 hanno fornito 33 miliardi di dollari per nuovi progetti legati a petrolio e gas, con più della metà dell’importo proveniente da quattro dei membri fondatori: HSBC, Barclays, BNP Paribas e Deutsche Bank.

Secondo le stime del rapporto, HSBC ha investito circa 8,7 miliardi di dollari in gas e petrolio nel 2021, mentre Barclays 4,5 miliardi di dollari e Deutsche Bank 5,7 miliardi di dollari. Si è registrato, comunque, un calo rispetto all’anno precedente quando, secondo la società di consulenza Profundo, HSBC da sola ha stanziato oltre 18 miliardi di dollari e ci sono stati grandi cali di finanziamenti su tutta la linea tra il 2020 e il 2021. Questo però, spiega ShareAction, è dovuto alla pandemia: in questo periodo, infatti, le banche si sono concentrate sulla fornitura di prestiti per mantenere a galla le aziende di combustibili fossili durante la pandemia, mentre nel 2021 i finanziamenti sono tornati ai livelli pre-pandemia. Tra i pochi istituti che lo scorso anno hanno aumentato i finanziamenti c’è l’italiana Intesa Sanpaolo, che è passata da 1,3 a 1,9 miliardi di euro, mentre l’altra italiana in lista, Unicredit, li ha ridotti da 4,3 a 1,5 miliardi.

Secondo gli attivisti, «le banche affermano di voler aiutare i propri clienti ad abbandonare i combustibili fossili, ma ci sono poche prove che confermino questo impegno». Ma, come riferisce la Bbc, un portavoce di HSBC ha affermato che la banca è «impegnata a lavorare con i nostri clienti per realizzare una transizione verso una fiorente economia a basse emissioni di carbonio». Anche Barclays è dello stesso avviso, con l’obiettivo di ridurre del 15% le emissioni finanziate dall’energia, inclusi carbone, petrolio e gas, entro il 2025: «Abbiamo anche restrizioni sul finanziamento diretto di nuovi progetti di esplorazione di petrolio e gas nell’Artico o sul finanziamento di società impegnate principalmente nell’esplorazione e produzione di petrolio e gas in questa regione», ha spiegato la portavoce all’emittente britannica. E Deutsche Bank ha detto di essere «a buon punto» rispetto agli obiettivi green entro il 2023. Dal canto suo ExxonMobil, che ha ricevuto parte dei finanziamenti, ha affermato che l’Agenzia internazionale per l’energia - un’organizzazione internazionale intergovernativa fondata nel 1974 dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - e il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici «concordano sul fatto che sono ancora necessari investimenti significativi in petrolio e gas negli scenari allineati a Parigi».

British Petroleum prevede di «mantenere stabili gli investimenti in petrolio e gas nel corso di questo decennio con il calo della produzione, espandendo allo stesso tempo la nostra spesa nelle attività di crescita della transizione - tra cui ricarica di veicoli elettrici, convenienza, energie rinnovabili, idrogeno e bioenergia - a circa il 50% del totale entro il 2030». Né Shell né Aramco hanno commentato. Perché forse sanno che i fatti contano più delle parole.