Ambiente

El Niño: dobbiamo farci trovare pronti

L’Onu avverte: cresce la probabilità che il fenomeno climatico, che porta a ondate di calore e temperature intense, possa tornare dopo quasi quattro anni. A cominciare dal prossimo autunno
Credit: Avishek Das/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
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5 maggio 2023 Aggiornato alle 13:00

Una pericolosa spallata.

Mentre in Italia piangiamo le ultime vittime legate alle intense alluvioni in Romagna, mentre in Spagna pregano per un po’ d’acqua vista la siccità estrema in corso e le temperature elevate, e mentre in diverse città dell’Asia e del Medio Oriente già ora si stanno sperimentando ondate di calore bollenti, dall’Onu arriva la conferma che El Niño sta per tornare. Si tratta di un fenomeno climatico naturale legato al riscaldamento del Pacifico tropicale centrale e orientale e tende a portare - in varie aree del mondo - corrente calda e temperature più elevate.

Negli ultimi due tre anni abbiamo sperimentato il suo opposto, La Niña (raffreddamento della stessa area del Pacifico tropicale centrale e orientale), che può veicolare condizioni più fredde, mentre El Niño si ripete con intervalli che vanno da due a sette anni e dura tra i nove e i dodici mesi.

Il problema è che quando inizia (attualmente ci sono segnali che potrebbe formarsi presto), se combinato agli effetti già devastanti della crisi climatica che abbiamo iniziato a conoscere, potrebbe incidere sulla vita di milioni di persone facendo alzare di fatto la colonnina di mercurio, favorendo situazioni secche e incendi e contribuendo anche a rendere invivibili città già duramente provate dallo smog.

Di recente l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, ha spiegato che il mondo deve prepararsi al ritorno di El Niño che farà probabilmente aumentare le temperature a livelli record.

Attualmente le possibilità che si crei si stima che raggiungeranno il 60% da maggio a luglio e poi aumenterà al 70% tra giugno e agosto e all’80% tra luglio e settembre.

«Lo sviluppo di un El Niño porterà molto probabilmente a un nuovo picco nel riscaldamento globale e aumenterà la possibilità di battere i record di temperatura», ha spiegato Petteri Taalas, capo dell’Organizzazione meteorologica mondiale.

Quando arriva, El Niño non colpisce tutti i luoghi nella stessa maniera. Generalmente porta piogge in varie aree del Sudamerica e nel sud degli Usa, ma anche nel Corno d’Africa (che ne ha bisogno) o nell’Asia centrale.

In Australia per esempio tende a portare siccità, così come in Indonesia e anche sull’Europa i suoi effetti possono variare. In maniera pericolosa, d’estate tende ad alimentare uragani nel Pacifico centro-orientale (e ostacolarli sull’Atlantico).

In generale, resta comunque molto impattante a livello di innalzamento delle temperature. Come sappiamo gli ultimi dieci anni sono praticamente tutti fra i più caldi della storia: il 2016 però fu da record e questo proprio per l’effetto combinato di un Niño molto potente e del surriscaldamento globale che abbiamo implementato con le nostre attività. L’ultima volta che si è verificato è stata nel 2018-19.

«Il mondo dovrebbe prepararsi allo sviluppo del Nino - continua Taalas - Potrebbe portare sollievo dalla siccità nel Corno d’Africa, ma potrebbe anche scatenare più eventi meteorologici estremi. Questo sottolinea la necessità dell’iniziativa lanciata dall’Onu Primo allarme per tutti, per istituire in tutti i Paesi del mondo sistemi di allarme tempestivi per gli eventi eccezionali».

Attualmente gli esperti stimano che l’impatto più potente di El Niño si farà sentire in maniera evidente nel 2024. “Ci aspettiamo che nei prossimi due anni si verifichi un grave aumento delle temperature globali” tuonano dal Wmo. Quando si farà sentire, sarà necessario essere pronti: sistemi di allerta precoce, sistemi sanitari che possano reggere i ricoveri per le ondate di calore così come energia necessaria per gli impianti di aria condizionata saranno prioritari.

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