Diritti

Perché la ziganofobia è così diffusa?

Oggi l’antiziganesimo è più forte che mai. Secondo l’Eu Agency for Fundamental Rights, su quasi 5.000 persone romaní in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia, Uk, il 45% si è sentito discriminato
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Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 9 min lettura
25 aprile 2023 Aggiornato alle 21:00

Le stime parlano di almeno 500.000 morti. Tra le mura dei campi di sterminio sono morti mezzo milione di “zingari”. Per il Terzo Reich erano colpevoli di “wandertrieb, istinto al nomadismo: un morbo incurabile che secondo i nazisti li affliggeva tutti e li rendeva meritevoli di un biglietto di sola andata per i campi, senza contare le esecuzioni sommarie e la sterilizzazione coatta imposta alle donne e ai bambini sopra i 12 anni e gli atroci esperimenti del Dr. Mengele sui piccoli rom.

Eppure, questa è una storia che non ricordiamo mai. È il Porajmos o Porrajmos, il “grande divoramento” (o “devastazione”) delle popolazioni romaní da parte della Germania di Hitler e dei suoi alleati, Italia compresa.

Non è, purtroppo, un caso che lo sterminio di Rom, Sinti, Manush, Kalé sia lo sterminio più dimenticato della storia del nazifascismo. I dati, le cronache da tutta Europa e quello che possiamo vedere quotidianamente intorno a noi ce lo spiegano più di qualsiasi saggio.

I rom nel “Paese dei campi”

Borseggiatrici incinte che si vorrebbero dietro le sbarre, “io non sono razzista MA gli zingari li ammazzerei tutti”, “attenti che rubano i bambini”: non sono solo le frange di popolazione più razziste ad alimentare l’odio nei confronti delle persone romaní, ma anche chi non esita a definirsi progressista e antirazzista e a esporsi per difendere le (altre) minoranze discriminate. Inclusione e tolleranza sembrano fermarsi sulle soglie dei “campi rom”, l’orrore tutto italiano a cui si riduce l’immaginario legato agli “zingari” e che nasconde la realtà ben più ampia delle persone rom, sinti e caminanti in Italia.

L’Italia che l’European Roma Rights Centre nel 2000 ha definito il “Paese dei campi” perché “quella impegnata, più degli altri, nella progettazione e nella gestione di ghetti etnici riservati a cittadini identificati come rom o sinti. L’Italia che il secondo rapporto della Commissione europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (Ecri) ha invitato ad abbandonare “il falso presupposto che rom e sinti siano nomadi”, visto che sulla base di questa idea sbagliata viene adottata “una politica di segregazione dal resto della società” con l’installazione dei “campi nomadi” spesso sforniti dei servizi più basilari e dove è impossibile condurre una vita dignitosa, nati per ospitare solo temporaneamente una piccola percentuale di queste popolazioni.

Sì, perché l’immagine degli zingari sporchi, che rubano, vivono di accattonaggio in roulotte fatiscenti è un “un caleidoscopio di ‘leggende urbane’ ancorate a stereotipi e pregiudizi”, spiega il rapporto 2021 della onlus Associazione 21 luglio, L’esclusione nel tempo del Covid. Basta vedere i numeri.

In totale erano circa 17.800 i rom e sinti nelle baraccopoli formali e informali, pari allo 0,03% della popolazione italiana. Si stima che circa il 49% abbia la cittadinanza italiana, il 41% sia in possesso della nazionalità dei Paesi dell’ex Jugoslava, il 10% la cittadinanza rumena, con meno di 1.000 cittadini a rischio apolidia. “Se fosse confermata la stima del Consiglio d’Europa di una presenza di persone rom in Italia pari a 180.000 unità, si potrebbe affermare che allo stato attuale, nel nostro Paese, meno di 1 cittadino rom su 10, può essere identificato come un abitante del ‘campo’”.

Secondo dati più aggiornati, addirittura il tasso sarebbe sceso a 1 su 13: “In Italia si registrano 50 insediamenti abitati da 8.411 rom; 67 insediamenti abitati da 4.739 sinti; 3 insediamenti abitati in forma mista da 219 rom e sinti. Per un totale di 120 insediamenti abitati da 13.369 rom e sinti”, spiega il sito ilpaesedeicampi.it, sempre a cura dell’Associazione 21 luglio. “Ciò significherebbe che in Italia solo 1 rom/sinto su 13 vivrebbe in insediamenti monoetnici”.

Eppure, delle vite e delle storie dei 12 cittadini romaní che non vivono nei campi non sappiamo niente. A malapena sappiamo che esistono e quello che ignoriamo quando diciamo “che se ne tornino al loro Paese” è che questo è, a tutti gli effetti, il loro Paese, perché per la maggior parte si tratta di cittadini italiani. Questo è funzionale alla narrazione dei rom brutti, sporchi, cattivi e ladri e alla giustificazione dell’odio nei loro confronti. Un odio che, questo sì, non è un’esclusiva italiana.

I numeri di un odio che non conosce confini

“Germany: discrimination against Roma and Sinti on the Rise”. “Roma people still face discrimination in Czechia”. “War in Ukraine: ERRC monitoring report confirms Discrimination against Romani refugees”. “Ram in Turkey: discrimination, exclusion, deep poverty and deprivation”. “It is time to address anti-Roma discrimination in the US”. “J.I.v. Croatia: Violence against Roma women - discrimination not an issue?”. Questi sono solo alcuni dei tantissimi titoli usciti negli ultimi 6 mesi. Scrollare la pagina dei risultati di Google News è sufficiente per rendersi conto di quanto esteso sia il fenomeno dell’antiziganesimo. E i dati lo confermano.

Secondo il sondaggio condotto dalla Eu Agency for Fundamental Rights su quasi 5.000 persone romaní in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito, quasi la metà degli intervistati (45%) si è sentita discriminata in almeno un ambito della vita nell’anno precedente. Ciò è coerente con il diffuso antiziganismo rivelato da indagini precedenti, che hanno mostrato che quasi la metà dei cittadini dell’Ue (45%) si sente a disagio ad avere Rom o nomadi come vicini.

Il 44% ha subito molestie motivate dall’odio nell’anno precedente, mentre il 7% è stato aggredito fisicamente, ma la maggioranza non ha denunciato a nessuno né le molestie (93%) né le aggressioni fisiche (88%).

«I dati mostrano chiaramente che la discriminazione non è solo un problema in alcune parti d’Europa, ma si verifica ovunque. In effetti, il nostro sondaggio mostra che i rom e i nomadi nell’Europa occidentale si sentono più discriminati rispetto all’Europa centrale e orientale», ha affermato Ursula Till-Tentschert, esperta di discriminazione dei rom responsabile dell’indagine presso l’Agenzia per i diritti fondamentali.

Già nel 2011 il rapporto di Amnesty International denunciava come una “discriminazione sistematica è in atto nei confronti di 10 milioni di Rom in tutta Europa” e la ricerca di Pew Research del 2014 li definiva “la minoranza più discriminata d’Europa”. Diversi studi, intanto, mostrano come in tutto il continente subiscano quotidianamente attacchi in strada e in altri luoghi pubblici. Ma sono moltissimi i casi, spesso spinti dal tam tam mediatico (a volte del tutto ingiustificato, come nel caso delle false accuse si stupro di una ragazza torinese nel 2011), in cui gli aggressori hanno assaltato i campi per compiere atti di violenza nei confronti dei loro occupanti.

Anche in questo contesto di odio generalizzato, però, l’Italia può festeggiare un triste primato: secondo un altro studio del Pew Research Center del 2019, infatti, il Paese dei campi è anche quello che odia di più. “In 10 dei 16 Paesi intervistati, la metà o più ha un’opinione sfavorevole dei rom. Il più forte sentimento anti-Rom è in Italia, dove circa 8 su 10 (83%) affermano di avere opinioni sfavorevoli sui Rom”. Giusto per fare un confronto, in Spagna la percentuale era del 40%, in Francia del 44%, in Germania del 37%, nel Regno Unito del 60%.

Perché la ziganofobia è così diffusa?

Se l’odio nei confronti degli zingari è così diffuso e radicato è perché le sue radici sono antiche e ormai solidissime, affondate nella società, secolo dopo secolo, almeno fin dall’arrivo di queste popolazioni in Europa durante il Medioevo. Erano diversi, parlavano una lingua incomprensibile e avevano tradizioni strane: tanto è bastato per farne la razza maledetta per antonomasia. Uno stigma che, unito alla paura, portò gli zingari dritti sui roghi dell’Inquisizione, accusati assieme a eretici e altri indesiderabili, di stregoneria.

La loro colpa era la loro stessa esistenza: per questo a partire dal XV secolo sempre più stati adottarono leggi contro gli zingari, bandendoli dai propri territori pena l’espulsione o, in alcuni casi, la morte.

Anche oggi le popolazione romani scontano la colpa della loro rivendicata diversità: se la destra li odia perché rappresentano il bersaglio ideale, anche la sinistra ha mostrato nei loro confronti una mai celata insofferenza, anche, e forse soprattutto, perché i rom (o, almeno, quello che l’opinione pubblica pensa siano i rom) non vogliono aderire al modello dell’immigrato penitente e grato che chiede scusa per la propria esistenza.

Quello che cambia è, in parte, il modo in cui odiamo: i social network, infatti, se da un lato aiutano a testimoniare abusi e violenze ai danni dei rom, aiutano anche a diffondere hate speech e discriminazione, “riciclando stereotipi razzisti che dipingono la minoranza come criminale”, spiega Andrei Petre su Balkan Insight: “L’odio contro i rom espresso online ha un’importante somiglianza con la discriminazione subita da questa minoranza nei suoi rapporti con la polizia e i tribunali: in entrambe le sfere, si presume automaticamente che i rom siano stati colpevoli”.

I rom sono quelli che “rubano i bambini”, anche se la ricerca Adozione di minori rom/ sinti e sottrazione di minori gagé di Migrantes ha mostrato che non esiste nessun caso di sottrazione di bambini da parte di Rom ma solo di 2 casi di tentato rapimento o, meglio, di racconti di un tentato rapimento; sono quelli che “rubano per strada e nelle case”, anche se è stato messo in luce che la percentuale di delinquenza non è superiore a quella di altre etnie e degli stessi italiani; sono quelli che “non vogliono vivere nelle case e nella decenza”, e per questo vengono reclusi in baraccopoli fatiscenti creati dalle amministrazioni locali a partire dagli anni ’80 sulla base dell’assioma (oggi totalmente infondato) rom=nomadi: in Italia, solo il 3% dei rom è nomade e anche in Europa la percentuale degli stanziali è dell’85-90%.

La verità è che i rom ci fanno paura. E ci fanno paura perché non sappiamo niente di loro se non, come abbiamo visto, un insieme di luoghi comuni e stereotipate falsità. Perché rom e sinti, o alcuni di loro, rifiutano quel sistema che strenuamente difendiamo invece di esserci grati. Perché sono il nemico perfetto e perché, in questo odio comune, forse ci sentiamo più vicini.

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