Ambiente

Viva il Bike to Work, peccato non in Italia

Le città incitano i residenti a pedalare per andare a scuola e al lavoro, ma nel Paese continuano a mancare ciclabili e infrastrutture ciclistiche
Credit: Giovanni Jonny Caruso/ Unsplash
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13 dicembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Sempre più città italiane applicano il “Bike to Work”. L’idea è pagare con monete virtuali le persone che vanno in bici, soprattutto per raggiungere i luoghi di studio e lavoro, migliorando così la mobilità urbana e puntando alla sostenibilità. Ma nel nostro Paese le biciclette devono ancora affrontare diversi ostacoli.

Molti progetti di Bike to Work messi in piedi dai Comuni, in seguito a un bando del Ministero dei Trasporti, prendono vita in collaborazione con la piattaforma Wecity che permette di trasformare i chilometri pedalati in “CO2 Coin”, da reinvestire negli esercizi e nelle attività locali, inclusi bar e ristoranti.

Tra le regioni in prima linea c’è l’Emilia Romagna con progetti di Bike to Work attivi in città come Bologna, Faenza, Ferrara, Reggio Emilia, Modena, Parma. Solo per il territorio faentino si parla di 8.000 euro distribuiti ai lavoratori in bicicletta tra la fine di giugno e l’inizio di novembre.

Invece, tra le iniziative per avere un’aria più pulita, il comune di Padova riconosce un incentivo economico ai lavoratori che utilizzano la bicicletta tradizionale o a pedalata assistita per gli spostamenti casa-lavoro e viceversa. Tutti i dipendenti possono aderire all’iniziativa ricevendo in cambio 20 centesimi per ogni chilometro percorso in bicicletta, fino a un massimo di 50 euro al mese.

Il Bike to Work attecchisce anche in realtà più piccole o di periferia: a esempio Legnano, a nord di Milano, vanta quasi 500 iscritti per un totale di circa 120.000 chilometri “pedalati”, che corrispondono a 25.000 euro erogati e ben 120.000 chilogrammi di CO2 risparmiati; poi ci sono gli oltre 400 studenti saliti in sella per raccogliere più di 9.000 euro, utilizzabili anche per acquistare materiale didattico da usare nelle scuole.

D’altra parte, nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità, Milano stessa ha vinto il 12esimo “Giretto d’Italia - Bike to Work 2022”, il campionato nazionale della ciclabilità urbana promosso da Legambiente, con la partecipazione di oltre 60.000 cittadini in 36 Comuni. Il capoluogo lombardo ha messo a segno il maggior numero di spostamenti casa-scuola e casa-lavoro in bicicletta o comunque con mezzi di micro-mobilità elettrica.

Ma è proprio Legambiente, a fronte di queste buone notizie, a lanciare un allarme: in un contesto europeo più attento al tema, l’Italia continua a non essere “un Paese per bici” visto che, con 98 miliardi di euro, investe cento volte di più sull’automobile e sulle strade a discapito dei pedali e delle ciclabili mancanti, settori fermi a un solo miliardo.

Per rimettersi in “pista”, al Belpaese basterebbe destinare circa 3 miliardi nei prossimi sette anni, al fine di creare 16.000 chilometri di ciclabili ancora assenti e arrivare a 21.000 chilometri totali nel 2030. Per questo è partita la petizione “Vogliamo città ciclabili”, che chiede di prevedere subito 500 milioni all’anno e colmare così il divario con il resto del Vecchio Continente.

Gli italiani da un lato vorrebbero affidarsi maggiormente alle biciclette e alle ebike, dall’altro sono consapevoli e preoccupati riguardo a questo gap. Il rapporto “State Of The Nation 2022” di Shimano evidenzia come un nostro connazionale ogni due non ritenga che ci sia stato un miglioramento delle infrastrutture ciclistiche.

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