Ambiente

Non c’è ecologista più convinto di un conservatore?

L’affermazione della presidente Giorgia Meloni è vera solo dal punto di vista etimologico. Programma alla mano, non sembra che il nuovo governo possa rivendicare una grande vocazione ambientalista
Credit: ANSA / ANGELO CARCONI
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6 novembre 2022 Aggiornato alle 06:30

L’antropocentrismo implicitamente invocato da Giorgia Meloni sia in campagna elettorale che nel discorso di insediamento alla Camera del 25 ottobre 2022, contiene diversi elementi che meritano una riflessione.

«Non c’è un ecologista più convinto di un conservatore», ha dichiarato la presidente del Consiglio, citando il filosofo inglese Roger Vernon Scruton. «Ma quello che ci distingue da un certo ambientalismo ideologico – ha proseguito Meloni – è che noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro, coniugando sostenibilità ambientale, economica e sociale».

Partiamo dal principio, ovvero dal termine ecologista. Tutti gli “ismi”, denotano un approccio limitato, quanto meno unidirezionale con la realtà. L’ “ismo” è un presupposto ideologico, un modello di comportamento sociale. Ci sono il sovranismo, lo sciovinismo, il populismo, il machismo, il femminismo, il darwinismo, il razzismo, etc.

“Ecologia” (dal greco oikos, “casa” e logos, “sapere”), è invece la branca della biologia che studia le relazioni tra gli organismi viventi e il loro ambiente naturale. Di conseguenza possiamo considerare l’ecologismo il modello comportamentale di colui che fa della salvaguardia dell’ambiente e dell’equilibrio naturale, la propria missione: l’ecologista.

Ora, affermare che non ci può essere un ecologista più convinto di un conservatore come ha fatto la Presidente Giorgia Meloni è vero solo dal punto di vista etimologico: basta associare la parola “conservatore” a quella di “conservazione” (in questo caso “della natura”), ma tutto finisce qui. Programma alla mano, non ci sembra che nel nuovo governo figurino chissà quali paladini dell’ambiente. Del resto, latitano anche a sinistra…

Insomma, pare eccessivo rivendicare la vocazione ambientalista da parte di chi per ora si limita a puntare tutto su trivellazioni, snellimento burocratico e neutralità tecnologica (principio in base al quale è ritenuto scorretto scommettere su una sola tecnologia a dispetto di altre).

È ecologista chi ha a cuore il proprio “ambiente”, non chi si affanna a estrarne senza criterio risorse a proprio uso e consumo.

È ecologista chi riconosce l’inscindibile legame che sussiste tra uomo e natura e si prodiga per perpetuarlo, non chi vuole investire ancora su carbone e nucleare e inneggia a opere faraoniche come il ponte sullo Stretto di Messina.

È noto: se le api scomparissero dalla faccia della Terra all’uomo non resterebbero che pochi anni di vita. Idem se a rendere fertili i terreni non ci fossero più lombrichi e formiche. Che dire poi del plancton e vegetali? Senza di loro non ci sarebbe neppure l’ossigeno.

Diversamente se da domani la nostra specie scomparisse dalla Terra, la natura non potrebbe che trarne giovamento, libera, finalmente, di proliferare rigogliosa. Una considerazione, quest’ultima, che deve farci riflettere.

Lo specificare da parte di Giorgia Meloni che bisogna «tutelare la natura con l’uomo dentro» non ha senso, perché non può esistere un “uomo fuori”. Ed è questo il concetto chiave su cui dovrebbero ragionare una volta per tutte i cosiddetti progressisti.

Da un punto di vista biologico l’uomo ha raggiunto già da diverso tempo il suo apice evoluzionistico. Manca un ultimo fondamentale passo da compiere, che è quello della consapevolezza, affinché non ci siano più né ambientalismo, né ambientalisti, ma semplicemente uomini in armonia col loro ambiente. E questo, a quanto pare, la politica non ce lo insegnerà mai.

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