Ambiente

Decolla il piano italiano sulle trivelle

Pubblicato in Gazzetta ufficiale, il “Pitesai” ha individuato le aree dove sarà possibile avviare attività di ricerca e coltivazione degli idrocarburi. Un coro di critiche si è alzato dal mondo ambientalista
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
16 febbraio 2022 Aggiornato alle 07:00

Individuate le aree – che coprono 15 regioni, dal Friuli fino alla Puglia – dove sarà possibile svolgere attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. La ricerca sarà sia offshore che a terra e riguarderà il gas.

La notizia arriva con l’entrata in Gazzetta ufficiale del nuovo Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), voluto dal ministro Roberto Cingolani per sanare il ritardo della sua pubblicazione, attesa da anni.

Pubblicato l’11 febbraio, il documento ha l’obiettivo, fa sapere il MiTE, di fornire una serie di regole chiare agli operatori e accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale in un’ottica di decarbonizzazione e al contempo di rispetto del fabbisogno energetico.

«L’iter – si legge in una nota del ministero – ha visto un complesso lavoro iniziale di mappatura, portata avanti insieme a istituti di ricerca specializzati (Ispra, Rse), in seguito al quale il ministero della Transizione Ecologica ha proposto il Piano che è stato così sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS), processo che prevede una fase di consultazione interamente pubblica».

Lo scorso 29 settembre il Pitesai era stato consegnato dal MiTE, avviando così la fase di interlocuzione con la Conferenza Unificata che a dicembre 2021 si è pronunciata positivamente, «proponendo il vincolo di valutazione di possibili attività connesse a permessi di ricerca limitandole esclusivamente al gas».

In un Paese come l’Italia durante colpito dal caro energia, l’idea alla base del ministro del Mite è incrementare la produzione nazionale del gas da 3,5 miliardi di metri cubi anno a 7 (il fabbisogno annuo italiano è di 70 miliardi) per contrastare l’aumento delle bollette. Tuttavia, ha spiegato Ecco, think thank italiano focalizzato su cambiamento climatico ed energia, trovare o sviluppare giacimenti di gas potrebbe influenzare il prezzo europeo solo se fossero di dimensione rilevanti rispetto al fabbisogno complessivo. «Le intere riserve di gas naturale in Italia ammontano a meno di un solo anno di consumi e la produzione italiana annua non potrebbe quindi significativamente aumentare rispetto a quella attuale. Di conseguenza, si tratterebbe di incrementi irrilevanti rispetto al rapporto offerta/domanda che genera il prezzo di mercato, e quindi rispetto al prezzo stesso».

Inoltre, il prezzo del gas, importato oppure estratto localmente, viene comunque immesso nella stessa rete e scambiato in mercati organizzati come prodotto indistinto a un prezzo che è influenzato solo dal rapporto tra offerta complessiva e domanda della macroregione di riferimento (l’Europa nel caso dell’Italia). «Un consumatore non solo non paga prezzi diversi per il gas locale, ma nella gran parte dei casi non è nemmeno in grado di sapere da dove venga il gas che sta consumando», ha continuato Ecco.

All’annuncio della pubblicazione del Pitesai, si è alzato un coro di protesta da parte di Europa Verde: «Invece di pensare ad attuare il Pnrr, sostenendo immediatamente le fonti rinnovabili e sollecitando tutte le autorizzazioni legate a questo settore, (il ministro Cingolani, ndr) approva un piano che sospende la moratoria sulle estrazioni di idrocarburi nel nostro Paese. La cosa gravissima è che l’aumento delle estrazioni non avrà alcun effetto sulle bollette poiché il gas è comunque poco e viene immesso sul mercato internazionale, tra l’altro con costi proibitivi delle tecniche di estrazione che porteranno il prodotto ad avere lo stesso prezzo di mercato di quello attuale».

Inoltre, il Piano risulterebbe incompatibile con quanto suggerito dall’Agenzia europea dell’energia che nel suo studio Net zero by 2050” aveva sostenuto che l’obiettivo di emissioni nette zero al 2050 e quello di contenere entro fine secolo la temperatura a +1,5° richiede l’immediata sospensione di nuovi investimenti nell’upstream delle energie fossili.

Infine, come ricorda Ecco, alla scorsa COP26 di Glasgow Cingolani si era impegnato, insieme ad altri 20 Paesi e istituzioni, a terminare il supporto pubblico nei progetti fossili esteri. Una scelta, questa, mirata anche a evitare di “esportare” attività dannose.

All’appuntamento scozzese dello scorso novembre, l’Italia ha anche aderito, con la qualifica di “friend”, alla Beyond Oil and Gas Alliance, coalizione in cui governi si propongono di dire stop alle licenze e concessioni per nuove esplorazioni di giacimenti di petrolio e gas nei territori in cui hanno giurisdizione e, parallelamente, a individuare un percorso di progressivo termine della produzione esistente di petrolio e gas in linea con gli obiettivi climatici nazionali e internazionali. C’è da dire che effettivamente la qualifica di “friend” non impegna l’Italia ad adottare queste misure ma, ha concluso Ecco, manda un forte segnale di condivisione degli obiettivi e di fatto “un impegno a impegnarsi” nel breve termine.