Diritti

Chi sono le donne libiche che riscrivono la storia

Durante la dittatura Gheddafi c’era solo una casa editrice fedele al governo. Oggi sempre più autrici stanno impugnando le penne per dar voce a personaggi femminili
Credit: Abdel Magid al Fergany/AP
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
9 settembre 2022 Aggiornato alle 17:00

È in atto un cambiamento importante nella letteratura libica: le scrittrici, in minoranza rispetto agli uomini che popolano questo settore, stanno man mano rivisitando la storia del proprio Paese dal punto di vista dei personaggi femminili.

Negli ultimi anni, spiega un lungo articolo dell’emittente Al-Jazeera, autrici libiche o italiane nate a Tripoli hanno iniziato a riscrivere gli avvenimenti del passato dando voce alle donne, finora trattate come oggetti inanimati. Un esempio? Alma Abate, trasferitasi a Milano dopo l’ascesa del colonnello Muammar Gheddafi, che ne ha esaminato l’avvento attraverso gli occhi di Sara in Ultima estate in suol d’amore. Oppure la scrittrice e poetessa Maryem Ahmed Salama, che ha raccontato del matrimonio interrazziale nel 1900 con la voce della giovane infermiera Fatima in Di porta in porta.

È stata Safa Elnaili, docente di lingua araba alla University of Alabama, a notare per prima questa tendenza durante una ricerca sul popolare sito web libico Al-Mostakbal: la presenza centrale delle donne nei racconti pubblicati sul portale era qualcosa di totalmente nuovo per il canone letterario libico. «La discussione di queste storie avviene attraverso la posizione del personaggio femminile nella narrazione in relazione ai membri della famiglia, alla società e al contesto socio-politico», ha spiegato a Al-Jazeera.

Negli anni Settanta, i primi del governo del militare Gheddafi, alla guida del Paese dal 1969 a seguito di un colpo di Stato, venne istituita un’unica casa editrice e chi si fosse rifiutato di scrivere a sostegno dell’autorità sarebbe stato imprigionato, costretto a emigrare o avrebbe dovuto smettere di scrivere. Gheddafi eliminò anche ogni possibile minaccia alla sua idea di Libia come società araba omogenea, appiattendo la diversità culturale: bandì la scrittura e il Tamazight, la lingua berbera propria degli Amazigh, un popolo del Nord Africa che rappresenta circa il 5-10% della popolazione totale libica, punendo coloro che tentavano di promuoverne cultura e diritti con la prigione o la morte.

Secondo Salama il clima instaurato da Gheddafi ha favorito un senso di insicurezza tra i libici, trasmettendo informazioni distorte e impedendo agli scrittori di evolversi in modo naturale: «Siamo cresciuti in gabbie di ferro, non sapendo più di quello che lui voleva farci sapere, incapaci di andare oltre le sue istruzioni. Le donne libiche sono state quelle che hanno subito più danni», ha spiegato a Al-Jazeera. Ma tutto questo non le ha fermate. Ecco alcune delle loro opere.

We Were and They Were, Mahbuba Khalifa

È stato il suo primo romanzo, pubblicato in arabo nel 2021. Un racconto autobiografico che racconta gli anni da studentessa di Khalifa fino alla caduta di Gheddafi, nel 2011: «Il mio ingresso all’università ha coinciso con i drastici cambiamenti avvenuti in Libia, a seguito del colpo di stato contro la monarchia. La mia generazione è stata testimone oculare di questi cambiamenti confusi per noi, il popolo libico, che allora vivevamo in pace».

Il colonnello, Kawther Eljehmi

«Il primo romanzo, Aidoun, l’ho scritto quando ero incinta, ma questo è stato molto più difficile da finire, durante la guerra civile del 2019. Le bombe hanno reso “quasi impossibile” stabilire una routine di scrittura», ha raccontato ad AJ. Il racconto è incentrato su un personaggio immaginario che assomiglia a Gheddafi.

Le amazzoni, Manuela Piemonte

Tra le scrittrici italiane che hanno esaminato la colonizzazione della Libia da parte dell’Italia dal 1911 al 1943, c’è Manuela Piemonte: nel suo romanzo del 2021 ha raccontato quel periodo attraverso gli occhi di due bambine, figlie di coloni italiani nella Libia rurale.

La casa di Shara Band Ong, Mariza D’Anna

C’è chi si è concentrato sul dopoguerra, dall’indipendenza dichiarata dalla Libia nel 1951 a quando, nel 1970, Gheddafi ordinò l’espulsione della popolazione italiana del Paese. Mariza D’Anna si è concentrata sui suoi ricordi di bambina nata a Tripoli e fuggita in Sicilia, quel luogo che lei e molti altri consideravano casa.

Leggi anche
Empowerment
di Lizza Kawooya, Maria Angela Maina, Sandra Hawi e Sophie Gai 7 min lettura
Esteri
di Lizza Kawooya 4 min lettura