Diritti

Patrick è tornato a casa, ma non è ancora libero

Il primo febbraio dovrà presentarsi all’udienza del processo a suo carico, tutto per aver scritto un articolo
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8 dicembre 2021 Aggiornato alle 10:57

Patrick Zaki è tornato a casa. Non è ancora libero: il primo di febbraio dovrà presentarsi all’udienza del processo a suo carico per accuse che vanno da “diffusione di notizie false dentro e fuori il paese” a “istigazione a commettere atti di violenza e terrorismo” e “appello al rovesciamento dello stato”. Tutto per aver scritto un articolo in cui criticava il governo egiziano per il trattamento riservato alla comunità cristiana copta.Chi in questi due anni ha mantenuto viva l’attenzione sulla carcerazione preventiva di Patrick (ormai chiamato per nome, come un ragazzo qualsiasi di quelli che incontri a Bologna a ciondolare sotto i portici in direzione del Pratello: perché questo era, prima) tira un sospiro di sollievo, almeno temporaneamente. Ma rimane l’impazienza verso il nostro governo, che non ha mai applicato la decisione del Parlamento, con la sola astensione di FdI (un partito il cui tanto sbandierato cristianesimo è, a essere generosi, a intermittenza) di conferirgli la cittadinanza italiana. E rimane l’ansia rispetto alla sua sorte futura, nelle mani dello stesso paese che sta ostacolando ogni indagine sulla morte di Giulio Regeni. La cittadinanza avrebbe un valore simbolico, è un atto di pressione diplomatica: un segnale che l’Italia mette i diritti umani davanti agli interessi economici e militari che ci legano all’Egitto, un paese verso il quale continuiamo a esportare armi, a dispetto di una risoluzione del Parlamento Europeo risalente a dicembre 2020 che chiede di “sospendere le licenze per tutte le esportazioni di armi, tecnologie di sorveglianza e altre attrezzature di sicurezza verso l’Egitto”. Pecunia non olet, e a quanto pare nemmeno le torture e la soppressione del dissenso disturbano granché i vertici del paese.Però, almeno per ora, Patrick Zaki è di nuovo con le persone che ama, al sicuro. Può ricevere le cure mediche e psicologiche di cui ha bisogno. Il sollievo prevale sull’angoscia di saperlo stremato, in carcere, a oltranza.