Storie

La croce di Lampedusa come simbolo della nostra Pasqua

La Fondazione Arti per Lo Spirito ha inaugurato un progetto che fa rivivere le storie dei migranti nelle strade del mondo. Il legno delle barche arrivate sulle coste viene abilmente lavorato e diventa uno strumento narrativo: una croce, uno strumento musicale, anche una speranza.
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17 aprile 2022 Aggiornato alle 07:00

Una barca è una barca. No, è tante altre cose. Una croce, a esempio, tante croci. O un violino, tanti violini. Oggetti che in comune hanno il dolore che riescono a trasformare in speranza. È così.

Una volta, da bambino, andai a pesca con mio padre e il suo amico Andrea, pescatore di Lierna, sul lago di Como. Forse, quella fu la prima volta che salii su una barca, di legno e un po’ malmessa e maleodorante; almeno così erano le panche, piene di schegge, su cui stavamo seduti. Avevo i pantaloni corti, una si conficcò nella mia gamba. Ho pianto. Mio padre mi comprò un gelato, una volta a riva. Basta, finito. Erano capricci. Io me la ricordo così, quella vecchia barca, che non smetteva di arrancare tra le creste del lago, condotta dal suo anziano proprietario.

Arnoldo Mosca Mondadori, qualche settimana fa mi ha fatto vedere le foto delle “sue” barche, quelle che, con la Fondazione per le Arti e lo Spirito, il lavoro sapiente di artigiani trasforma in oggetti unici. Come la Croce di Lampedusa, simbolo dell’odissea dei migranti: non si è mai fermata dal 9 aprile 2014, quando Papa Francesco l’ha benedetta in Vaticano. Sette anni. Da quel giorno viaggia di mano in mano, genera incontri e solidarietà tra popoli di diverse culture e religioni.

Due assi incrociate: 2 metri e 60 centimetri, 25 chili di dolore. Da anni quella croce viaggia grazie una staffetta simbolica: è passata in più di 2400 luoghi tra chiese, santuari, paesi e città, in Europa e nel mondo. Si è fermata per un po’ durante la pandemia, poi ha ripreso a viaggiare: a ottobre dello scorso anno è arrivata a Santiago di Compostela. E prosegue. A lavorare quel legno intriso di sofferenza sono i detenuti del carcere di Opera.

I barconi sono quelli arenati sulle nostre coste del Sud, o i pezzi arrivati sulla riva, dopo i naufragi: compiono un altro viaggio, fino ai laboratori di falegnameria e liuteria, della casa di reclusione alle porte di Milano. I detenuti realizzano anche croci più piccole che vengono donate alle scuole; così il viaggio della Croce di Lampedusa prende mille strade contemporaneamente. Una croce di Lampedusa è al British Museum, fa parte della collezione espositiva permanente.

Alla Croce di Lampedusa si è ispirato Ennio Morricone, che a ha scritto e donato alla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, la sua musica: “La Voce dei Sommersi”. La musica, si. Immaginate il suono di un violino, la pace che può dare ascoltandolo. Pensate a un violino, un po’ rosso, azzurro, e un po’ bianco. E al rumore del mare. La meravigliosa scoperta è stata che il legno di un barcone flagellato dalle intemperie del Mediterraneo che ha attraversato, abilmente lavorato dalle mani di quelle persone dentro il carcere di Opera, può diventare uno strumento musicale. All’inizio c’era un po’ di scetticismo. Ne hanno fatto un prototipo, l’hanno provato gli esperti: l’acustica è perfetta. Quel legno sembra fatto apposta, ha detto qualcuno. Apposta per la musica, apposta per trasformare il dolore in speranza, come la Pasqua.

E, se conosco bene Arnoldo non si fermerà. Continuerà a far viaggiare quel legno nei luoghi di dolore, per portare la speranza. A Kiev, in Siria, tornando in Africa, dove la storia dell’Uomo è cominciata.