Economia

Che cos’ha la Norvegia di così speciale?

Prima nel Democracy Index 2023 stilato dall’Economist, virtuosa anche nel campo della parità di genere. Ci sono però anche ombre, come le spinte antidemocratiche e il gender pay gap
Credit: Oliver Cole  

Tempo di lettura 4 min lettura
21 marzo 2024 Aggiornato alle 13:00

Prima della classe: la Norvegia si riconferma in cima al Democracy Index 2023 stilato dall’Economist. Con un punteggio di 9.81 su 10, il Paese scandinavo è considerato una democrazia matura insieme a Nuova Zelanda, Islanda, Svezia, Finlandia e Danimarca.

Il caso della Norvegia è decisamente curioso: una monarchia costituzionale fuori dall’Unione europea ha il massimo dei voti in pluralismo, partecipazione elettorale e politica. Curioso, inoltre, che gli stessi Paesi in cima al Democracy Index siano anche i primi nel Gender Gap Index 2023 del World Economic Forum. La Norvegia stavolta è al secondo posto, dopo l’Islanda.

Partendo dal piano politico, i 169 membri dello Storting, il parlamento norvegese, sono eletti con un sistema proporzionale. Nella tornata del 2021, vinta da una coalizione di centrosinistra, ha partecipato al voto il 77% degli aventi diritto e i seggi sono andati a 10 partiti, 76 donne e 93 uomini.

Le chiavi socioeconomiche del successo del Paese sono diverse, ma sono riassumibili nelle condizioni di uguaglianza garantite alla popolazione. Il livello di fiducia tra cittadini e istituzioni è molto alto e basato, anzitutto, su un solido sistema di welfare.

Il modello from cradle to grave(letteralmente “dalla culla alla tomba”) assicura servizi essenziali per tutto l’arco della vita e nasce in reazione ai costi umani ed economici della Seconda guerra mondiale. Conclusa l’esperienza bellica, fu subito prioritario garantire un sistema di accesso gratuito e universale a sanità, istruzione, lavoro. Un modello costruito in decenni di massicci investimenti e che accomuna tutti i Paesi del Nord Europa.

Sui risultati nell’ambito della parità di genere, la Norvegia si caratterizza per politiche orientate a ridurre al minimo gli ostacoli che una madre trova nell’accesso e nella permanenza nel mercato del lavoro.

Per fare un esempio, la Norvegia è all’avanguardia nelle norme sul congedo parentale retribuito, che oggi supera l’anno e riguarda sia gli uomini sia le donne. Accanto a queste misure sono garantiti sussidi per la prima infanzia, che consentono ai figli di frequentare gli asili e svolgere attività extra-scolastiche.

Rispetto agli Stati dell’Europa continentale, la Norvegia ha un’esperienza più lunga nel campo dell’equilibrio di genere. È del 1975 una sentenza della Corte suprema che, in una causa tra due coniugi sulla proprietà della casa, stabilì che era di entrambi, nonostante la moglie, casalinga, non avesse contribuito alle spese. Questo perché i giudici ritennero che l’accudimento dei figli e i lavori domestici della donna avessero consentito al coniuge di lavorare e, quindi, pagare le spese di costruzione.

La Norvegia è all’avanguardia anche nel lavoro femminile nel mondo del business. È stata la prima, nel 2003, a imporre l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società per azioni. Del 2005 è la legge, la prima al mondo, che fissa al 40% la percentuale di donne nei board delle società quotate in borsa.

Nonostante l’aura di “isola felice”, la Norvegia ha le sue zone d’ombra. Per esempio, non è immune all’avanzata di spinte antidemocratiche: il Framstegspartiet (“partito del progresso”) è la quarta forza politica in parlamento, con 21 seggi.

Qualche ombra anche in tema di parità di genere. Secondo gli ultimi dati del Centro di ricerca per l’uguaglianza di genere di Oslo, gli uomini continuano a guadagnare di più delle donne, che percepiscono in media l’89% dello stipendio dei primi. Quanto al “tetto di cristallo”, solo il 14% dei vertici delle grandi aziende sono donne.

Leggi anche
divario di genere
di Chiara Manetti 4 min lettura
Parità di genere
di Riccardo Carlino 4 min lettura