Culture

Mai sentito parlare dei social cats?

Chip è il gatto influencer della top model Claudia Schiffer: scrive libri, recita nei film, ha una sua linea di trasportini e alimenta il super business dedicato ai pets
Credit: Instagram.com/@chipthecat  
Tempo di lettura 4 min lettura
30 gennaio 2024 Aggiornato alle 06:30

Non dire gatto se non ce l’hai nello zaino a quadri customizzato (al momento la capsule è ancora online su Travelcatshop.com), non gli fai firmare un contratto a pluri-zeri con una casa editrice tedesca per raccontare le sue memorie feline, non lo lanci nello star system di Hollywood come spy-cat nel nuovo poliziesco Argylle del regista Matthew Vaughn. Che guarda un po’ è anche tuo marito.

Brava Claudia Schiffer, da gattara a gattara capisco la tua sete di fama per quel meraviglioso Scottish Fold dalle orecchie piccoline, il pelo grigio tigrato e gli occhietti gialli che rimane impassibile davanti ai flash, come se avesse assorbito il Dna della sua padrona super top. Brava perché proprio come noi ci annoiamo del vecchio soprammobile smangiucchiato dal nostro isterico peloso di casa, e cerchiamo di piazzarlo a 1 euro su Vinted, tu hai monetizzato l’imperturbabile noia fisiologica del tuo micio Chip e ne hai fatto un bel business d’oro.

Leggo su Repubblica che la casa editrice Gestalten ha appena mandato alle stampe il volume illustrato Blue Chip - Confessions of Claudia Schiffers Cat, “un libro divertente e ironico che esplora il mondo del cinema e della moda dalla curiosa prospettiva di un gatto stanco di vivere allombra della celebre mamma”. Il pezzo ci aggiorna sui soggiorni di Claudia e Chip tra Londra e Cannes, tra la Costiera Amalfitana e la fashion week milanese, ma basta aprire la pagina Instragram di Chipthecat (più di 18.000 seguaci) per capire che il gatto della supermodella e attrice è diventato un vero influencer, e per sua fortuna è ancora basso di follower così non sarà costretto ad adeguarsi alla imminente scure della Legge Ferragni.

Non so mai come pormi, al di là dell’ironia, verso i pets che diventano star-giocattolo in mano a padroni abilissimi nel marketing “animalesco”. Da una parte consumo in modo ossessivo i loro reel, perché chi ha un 4 zampe in casa ne diventa poi addicted anche nelle storture, dall’altra invocherei una legge a protezione dell’immagine degli animali sui social, per frenarne l’eccessiva spettacolarizzazione. Secondo il New York Times il mercato intorno ai “pupfluencer” nel 2020 valeva quasi 30 miliardi di dollari, che lieviteranno a 42 entro il 2026.

Non è il caso di fare i bacchettoni, però: esattamente come il mio cellulare è pieno di foto di Zampa, la nostra “gattaccia di periferia” adottata in piena pandemia quando volevamo tutti salvare il mondo, anche le star stravedono per i loro cuccioli scodinzolosi per i quali sono certa darebbero la vita. È normale che diventino celebri sull’onda della loro celebrità e che qualcuno più furbo decida di fatturarci sopra magari con l’aiuto di qualche agenzia di marketing specializzata.

Il fenomeno è ovviamente già oggetto di studio, come dimostra la ricerca Pet influencers on social media: The joint effect of message appeal and narrator pubblicata su Science Direct, in cui si afferma che “quando il post sui social media è scritto dal punto di vista di un animale domestico, i consumatori rispondono più positivamente a un appello razionale. Quando il post è scritto dal punto di vista del proprietario, i consumatori mostrano un livello simile di atteggiamento indipendentemente dall’appello del messaggio”. Da qui si capisce perché, se togli il muto da tantissimi post, senti più spesso parlare un cane o un gatto in “umanese” che in “animalese”. Strategia, furberia: mettila come vuoi.

Personalmente, più del cane Chico che parla con la voce alterata del suo padrone (sì dai che lo conosci, è ovunque e pure lui ha scritto un libro), sono molto più sensibile agli appelli dei tanti volontari che si fanno in quattro anche sui social per far adottare i randagi e i senzatetto. Sarà perché quando entri in un rifugio e non in un negozio (a proposito, in Francia è stata vietata la vendita degli animali negli shop, è bene ricordarlo) la tua prospettiva sul mondo animale cambia radicalmente, e da lì non si torna più indietro.

La nostra gattaccia Zampa aveva la tigna, gli acari e una serie di altre disgrazie risolte con faticose cure: non è stato semplice abituarsi a vicenda e i suoi agguati che ci svegliano di notte rischiano ogni volta di farla tornare al mittente. Ma basta un “miaoo” ruffiano al mattino nel suo miglior gattese, una strusciatina ai nostri piedi freddi, e tutto, ovviamente, si sistema.

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