Ambiente

Il climate change rende gli stambecchi più notturni (e non va bene)

Uno studio dell’Università di Ferrara ha dimostrato che il riscaldamento globale sta cambiando le abitudini degli animali che, per sfuggire al caldo, hanno iniziato a muoversi sempre più spesso di notte
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19 gennaio 2024 Aggiornato alle 09:00

Con una forza sempre maggiore, soprattutto negli ultimi anni, il cambiamento climatico sta impattando prepotentemente su interi ecosistemi. Dal mare ai boschi, dalle praterie ai deserti, dalle savane alle zone polari: non c’è luogo in cui il riscaldamento globale non abbia procurato già ingenti danni.

Ettari di terreno che bruciano, calotte di ghiaccio che si sciolgono e animali che cambiano le vecchie abitudini e modificano lo stile di vita, provando ad adattarsi in ogni modo alle condizioni estreme che il climate change sta imponendo per sopravvivere.

È quello che stanno facendo, per esempio, gli stambecchi delle Alpi: secondo uno studio dell’Università di Ferrara, realizzato con il contributo dell’Università di Sassari, del Parco Nazionale del Gran Paradiso e del Parco Nazionale Svizzero e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, questi animali, tipicamente diurni, da qualche tempo, hanno iniziato a muoversi sempre più spesso durante la notte per sfuggire alle temperature troppo elevate del giorno. Anche a costo di correre un rischio maggiore di essere predati dai lupi.

La ricerca – supervisionata dal Professor Stefano Grignolio del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie – ha dimostrato che l’aumento di attività notturna in relazione alla temperatura, per gli stambecchi delle Alpi è simile sia nei maschi sia nelle femmine, anche se quest’ultime pesano circa la metà dei maschi e hanno corna decisamente più piccole, andando quindi incontro a un rischio di predazione più elevato.

Gli stambecchi sono animali che si sono evoluti, nel corso degli anni, per essere attivi nelle ore diurne, hanno una scarsa visibilità notturna e una pressoché nulla capacità di sopravvivere agli agguati dei predatori della notte.

Così, tra le preoccupazioni più grandi per gli esperti si fa strada il temibile pensiero che questi cambiamenti nelle abitudini quotidiane e nel comportamento degli stambecchi delle Alpi possano implicare un peggioramento delle condizioni di vita e un aumento del rischio di predazione fuori controllo.

Secondo gli studiosi, inoltre, la risposta di questa specie, che con il maggior caldo si sposta in aree meno idonee, aumentando l’attività notturna e accettando un rischio di predazione maggiore, potrebbe essere messa in atto anche da altre specie tipicamente diurne.

Questo potrebbe significare due cose: in primis che se gli animali cambiano i momenti del giorno in cui sono attivi, sarà necessario rivedere le attività di gestione della fauna, per esempio i censimenti, perché durante le ore di luce si farà più fatica a trovare e contare gli animali; ma soprattutto che il cambiamento climatico - a lungo andare - potrebbe essere davvero pericoloso non solo per gli stambecchi, ma anche per altre specie poco adatte alle temperature più elevate.

«Le conseguenze di questi cambi nel comportamento delle specie diurne non ci sono ancora evidenti e dovremo capire se potranno mettere a rischio la conservazione di queste specie», ha dichiarato il professor Grignolio.

Infatti, quando sono attivi di notte, i mammiferi tipicamente diurni possono soffrire di ridotta efficienza di foraggiamento, comportamenti antipredatori indeboliti, capacità di movimento limitata e, in definitiva, ridotti tassi di riproduzione e sopravvivenza.

Quello che è certo che, dati ed evidenze alla mano, è necessario intervenire in ogni modo e nel minor tempo possibile per arginare quello che potrebbe trasformarsi in un grave problema: se intervenire per frenare i danni del cambiamento climatico non è un processo poi così immediato, allora sarà intanto fondamentale ridurre le altre sorgenti di stress che potrebbero forzare ulteriormente gli animali a essere meno attivi di giorno. Per esempio, riducendo la presenza di turisti nelle aree più utilizzate dagli stambecchi o evitando il sorvolo di elicotteri.

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