Economia

Corporate sustainability due diligence directive: raggiunto un accordo provvisorio

Dopo quasi due anni Commissione, Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio in materia di sostenibilità. La direttiva Csdd coinvolgerà le grandi imprese. Temporaneamente escluso il settore finanziario
Credit: Carolien van Oijen  

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19 dicembre 2023 Aggiornato alle 10:00

L’Europa continua a spingere verso una maggiore sostenibilità nell’ambito delle imprese. Sono diverse, infatti, le misure adottate dall’Unione europea per coinvolgere al massimo tutte le imprese, soprattutto quelle piccole e medie.

Tra le misure decise dalla Commissione europea in questo ambito ricordiamo: la tassonomia ambientale dell’Ue, la Sustainable Finance Disclosures Regulation (Sfdr), la Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd) e la Corporate sustainability due diligence directive (Csdd).

In particolare, l’attenzione è rivolta alla Direttiva Csdd, che prevedeva l’istituzione di un obbligo di dovuta diligenza da parte delle imprese. Dalla proposta di febbraio 2022, il cammino è stato lungo.

Dopo un lungo dibattito, è stato ora raggiunto tra Commissione europea, Consiglio e Parlamento europeo un accordo provvisorio sulla Direttiva Csdd, che punta a rafforzare la protezione dell’ambiente e dei diritti umani nell’Unione europea e nel mondo.

Le aziende dovranno identificare, valutare, prevenire, mitigare, porre fine e porre rimedio al proprio impatto negativo e a quello dei propri partner a monte e a valle, compresi produzione, fornitura, trasporto e stoccaggio, progettazione e distribuzione sulle persone e sul Pianeta.

Nell’accordo, si legge che la direttiva riguarda le “grandi imprese che hanno più di 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale di 150 milioni di euro. Per le imprese extra-Ue si applicherà se hanno un fatturato netto di 300 milioni di euro generato nell’Ue, a tre anni dall’entrata in vigore della direttiva. La Commissione dovrà pubblicare un elenco delle società extra-Ue che rientrano nel campo di applicazione della direttiva”.

Tutto questo processo è stato, comunque, accompagnato da polemiche e discussioni. Il timore principale, infatti, riguardava il futuro delle aziende, in particolare dal punto di vista della competitività, ma si temeva anche per un possibile coinvolgimento delle piccole e medie imprese.

Queste, infatti, avrebbero rappresentato forse il settore più minacciato a causa della loro difficoltà di adattarsi alle norme senza danneggiare l’equilibrio tra sostenibilità, diritti ambientali e competitività del sistema imprenditoriale europeo, a differenza delle grandi multinazionali europee.

«Le imprese hanno bisogno di una regolamentazione che metta al centro competitività e crescita. Al contrario negli ultimi anni abbiamo assistito a livello Ue a una tendenza verso una regolamentazione sempre più invasiva, che impatta in particolare sulle Pmi e la loro capacità di competere. La proposta di direttiva sulla due diligence ne è un chiaro esempio», ha dichiarato Stefan Pan, delegato di Confindustria per l’Europa.

In particolare, le questioni su cui si è dibattuto relativamente al mondo delle imprese sono state: l’inclusione della vendita nell’obbligo di due diligence; il punto che riguarda la responsabilità civile che può riguardare solo le azioni imputabili all’azienda; la questione delle sanzioni, non considerate proporzionate e, infine, evitare che la direttiva inducesse le aziende europee a ritirarsi da alcune aree del Mondo o da alcune attività.

Al tempo stesso, Francia, Germania e Italia avevano chiesto all’Europa un quadro di governance economica che fosse credibile, che fosse rispettato e che fosse favorevole agli investimenti e alla crescita per cercare di competere con Cina e Stati Uniti e per aumentare l’unità e la competitività dell’Unione europea in ambito economico.

Con il raggiungimento di un accordo provvisorio, inoltre, il settore finanziario è stato “temporaneamente escluso dal campo di applicazione della direttiva, ma ci sarà una clausola di revisione per un’eventuale futura inclusione di questo settore sulla base di una sufficiente valutazione d’impatto”.

Per quanto riguarda l’aspetto delle sanzioni e della vigilanza, ogni paese dell’Unione europea designerà un’autorità di vigilanza per monitorare se le imprese rispettano questi obblighi. Questi organismi si scambieranno le migliori pratiche e coopereranno a livello dell’Ue nell’ambito della Rete europea delle autorità di vigilanza istituita dalla Commissione. Potranno, inoltre, avviare ispezioni e indagini e imporre sanzioni alle aziende non conformi, con multe fino al 5% del loro fatturato netto mondiale.

Si attende ora l’approvazione definitiva dell’accordo da parte delle istituzioni europee, dopo la quale si potrà procedere con la graduale entrata in vigore della direttiva.

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