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Chi è Nichi Vendola?

L’ex presidente della Puglia è stato eletto, a fine novembre, presidente di Sinistra italiana. Un’elezione che segna il suo ritorno alla politica attiva. In questo articolo vi raccontiamo la sua storia
Credit: ANSA/ANGELO CARCONI  

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14 dicembre 2023 Aggiornato alle 18:00

«Questo è tempo di tornare a casa per rimetterci in cammino».

Con queste parole Nichi Vendola ha annunciato il suo ritorno nell’agone politico: l’ex presidente della Puglia e volto ormai storico della sinistra italiana è stato eletto per acclamazione a fine novembre presidente di Sinistra italiana (Si). Vendola è da tempo considerato una delle figure politiche più carismatiche e il suo ritorno ha già riacceso gli animi a sinistra. Anche e soprattutto per via della sua storia.

Nicola Vendola nasce nel 1958 a Terlizzi in provincia di Bari. Il padre lavora come impiegato alle poste mentre la madre è casalinga. La sua passione politica affonda le sue radici proprio nella famiglia. E addirittura nell’arredamento di casa: nella sua abitazione ci sono due grandi ritratti, uno di Papa Giovanni XXIII e l’altro di Yuri Gagarin, il primo pilota ad andare nello spazio e diventato uno dei simboli della potenza sovietica.

Anche il suo nomignolo ha origini politiche: “Nicola” è il nome del santo patrono di Bari, ma i genitori decisero di rivolgersi al figlio chiamandolo Nichi in onore di Nikita Krusciev, all’epoca leader dell’Unione sovietica e apprezzato soprattutto per avere denunciato il culto della personalità di Stalin.

Con questi presupposti l’interesse di Vendola per la politica arriva prestissimo: nel 1972 si iscrive alle giovanili del Partito comunista. In seguito si laurea in Lettere e Filosofia all’Università di Bari con una tesi su Pier Paolo Pasolini. La sua abilità nel riuscire a unire nella sua oratoria la retorica letteraria a quella politica lo rendono fin da subito molto apprezzato nel partito. E in seguito lo porteranno a diventare uno dei simboli dell’intellettualismo di sinistra, pur restando sempre prima di tutto un politico.

Un altro suo punto di forza sono le campagne per i diritti civili. Dettate anche da storie personali: nel 1978 fa coming out e si dichiara apertamente omosessuale e, negli anni successivi, è tra i promotori dell’associazione Arcigay nazionale e della Lega italiana per la lotta contro l’Aids (Lila). In seguito dichiarerà: «Da comunista, da credente, da omosessuale ho potuto vivere tutte le mie diversità dentro una comunità che mi ha sempre accolto e benvoluto. Le mie differenze non ho dovuto nasconderle in un armadio, ma ho sempre avuto l’impressione che potessero essere una ricchezza».

Nel 1991 la storia del Partito comunista giunge al suo termine. Al suo posto nasce il Pds, ma Vendola è tra coloro che non vogliono rinunciare al nome “comunista” e diventa uno dei fondatori di Rifondazione comunista. Nel 1992 viene eletto per la prima volta deputato.

Tra le sue prime attività c’è l’impegno in difesa del Leoncavallo, storico centro sociale milanese finito nel mirino del centrodestra. Nel corso del decennio successivo fortifica la sua posizione come uno degli esponenti più apprezzati dall’elettorato post-comunista e viene più volte rieletto in Parlamento.

Nel 2004 sfiora l’elezione al Parlamento europeo risultando il primo dei non eletti alle spalle solo del segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti. L’anno successivo però arriva la vera svolta: Vendola si candida alle Regionali in Puglia. La sfida non è semplice. A partire dalla sfida interna alla coalizione di centrosinistra che lo vede vincitore per un soffio (50,9% contro 49,1%) contro Francesco Boccia, sostenuto dai Ds (uno dei due partiti antenati del Pd).

Superato questo ostacolo, Vendola deve affrontare Raffaele Fitto, presidente in carica e considerato l’enfant prodige del centrodestra. Anche in questo caso la vittoria arriva inaspettata e sul filo del rasoio: batte Fitto con il 49,84% dei voti. Si tratta di una vittoria per certi versi storica perché alla vigilia in pochi avrebbero pronosticato il successo di un candidato comunista e dichiaratamente omosessuale in una regione storicamente più tendente al conservatorismo.

La vittoria in Puglia rende definitivamente Vendola un personaggio di caratura nazionale. La sua popolarità lo porta ad avere le forze per fondare un proprio partito Sinistra, ecologia e libertà (Sel). La formazione nasce dallo scontro con Paolo Ferrero che nel 2008, all’indomani di una dura sconfitta della sinistra, sostiene la necessità di una sinistra più intransigente in polemica con la visione di Vendola più dialogante nei confronti del Pd delle altre forze del centrosinistra.

Nel 2010 Vendola bissa la vittoria sconfiggendo il candidato del centrodestra Rocco Palese. L’esperienza pugliese lo rende molto popolare soprattutto per il suo lavoro a favore delle giovani generazioni. Ma gli causa anche diversi guai giudiziari che a partire dal 2012 lo vedono al centro di diversi processi per questioni legate alla gestione della sanità pugliese e dell’Ilva: la sentenza sarà di assoluzione o archiviazione per tutti, tranne per il processo che lo vede imputato per concussione, dove sarà condannato in primo grado a tre anni nel 2021.

Nel 2012 si candida come leader della coalizione di centrosinistra in vista delle Politiche del 2013: arriva terzo dopo Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi.

La seconda metà degli anni 2010 lo vedono allontanarsi dalla politica operativa. Il suo progetto Sel si scioglie nel 2016 per trasformarsi di lì a poco in Sinistra italiana, guidata da Nicola Fratoianni, che è stato uno dei più stretti collaboratori di Vendola.

Il 2016 è anche l’anno che vede la nascita del figlio di Vendola, ottenuto grazie alla maternità surrogata in California. Da lì Vendola sceglie di vivere in Canada. Anche per sfuggire ad alcune polemiche politiche sulla sua scelta di avere un figlio. Eugenia Roccella, oggi ministra della Famiglia, dice che «la prima protezione che manca a quel bimbo è la presenza della sua mamma, a cui è stato tolto grazie a un contratto e a un pagamento».

La lontananza dall’Italia non impedisce a Vendola di continuare a intervenire nella politica italiana. Anche grazie alla partecipazione al film Tolo tolo di Checco Zalone in cui interpreta sé stesso, facendo dell’autoironia sull’incomprensibilità della dialettica di certa sinistra.

Poi la scorsa settimana la decisione di tornare in campo. «Non mi candido», mette subito in chiaro a chi già suggerisce una sua corsa alle Europee del prossimo anno. La voglia di tornare protagonista però c’è. A Repubblica dichiara: «Sento il richiamo della foresta. Ma la mia foresta non è un Palazzo chiuso, ma una piazza aperta».

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