Futuro

Il professore di Harvard a caccia di Ufo

Dopo aver pubblicato il libro “Non siamo soli”, lo scienziato Abraham Avi Loeb ha ottenuto 1,8 milioni di dollari per progettare una rete di monitor in grado di rilevare la presenza di oggetti non identificati nell’atmosfera terrestre
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
16 febbraio 2022 Aggiornato alle 15:00

Abraham Avi Loeb non è un cacciatore di Ufo qualsiasi, ma uno scienziato dalla carriera brillante. Professore all’Università di Harvard e per qualche tempo direttore del Dipartimento di Astronomia, è riuscito recentemente a ottenere un finanziamento di oltre 1 milione di dollari da Eugene Jhong, un imprenditore della Silicon Valley, per studiare “i fenomeni aerei non identificati”.

Ovviamente le sue posizioni in merito suscitano reazioni discordanti: i suoi detrattori, pur riconoscendo le sue competenze scientifiche, ritengono sia a caccia di fama, più che di alieni. Il professor Loeb aveva fatto parlare di sé già nel 2017, quando un osservatorio astronomico situato sulle Isole Hawaii aveva rilevato il passaggio di un oggetto misterioso vicino alla Terra (24 milioni di km). Un evento ribattezzato con il nome del telescopio che l’aveva avvistato, Oumuamua. Prima di allontanarsi e sparire nel buio cosmico, era rimasto visibile per alcuni giorni, sufficienti ad alimentare la curiosità degli scienziati e non solo.

In base alla traiettoria gli esperti dedussero si trattasse di un oggetto estraneo al Sistema solare, il primo mai osservato nella Storia dell’umanità. “Abbiamo avuto la prova che ci sono, o ci sono state, altre civiltà in grado di esplorare l’Universo”. Una prova che la comunità scientifica finora non ha riconosciuto, ritenendola una cometa, ma su cui Avi Loeb non nutre dubbi, tanto da aver pubblicato proprio di recente il libro “Non siamo soli”. È convinto, infatti, che ad aver sfiorato il nostro pianeta sia stata un’antenna parabolica per la trasmissione di segnali o un frammento di una nave spaziale alla deriva.

“Esaminando il modo in cui la luce solare si rifletteva sull’oggetto non identificato, abbiamo capito qualcosa sulla sua forma: un oggetto piatto, con una lunghezza pari a circa dieci volte l’altezza”, spiega Loeb. “Inoltre, anziché essere attratto dalla forza gravitazionale del Sole, ha accelerato in direzione opposta”.

Ormai sono trascorsi 5 anni da Oumuamua, eppure il professore di Harvard è ancora profondamente affascinato da quell’episodio, tanto da aver presentato a luglio del 2021 il Progetto Galileo, il cui slogan è “Il coraggio di guardare attraverso nuovi telescopi”. L’obiettivo generale del progetto da 1,8 milioni di dollari è quello di cercare prove della tecnologia extraterrestre. Come? Analizzando possibili oggetti interstellari individuati nello spazio tramite gli osservatori astronomici. Con un team di oltre 30 astronomi e ingegneri, più alcuni famigerati non scienziati appassionati dell’argomento, Loeb spera finalmente di svelare il mistero degli degli extraterrestri. La parte più ambiziosa però dell’iniziativa è quella che prevede l’istallazione di una sofisticata rete di monitor in grado di rilevare la presenza di Ufo nell’atmosfera terrestre. In funzione 24 ore al giorno, i monitor avrebbero lo scopo di registrare tutto ciò che si muove nel cielo: da uccelli a insetti, aerei di linea e droni. Gli algoritmi di intelligenza artificiale sarebbero però in grado di distinguere gli oggetti conosciuti, da quelli non indentificati.

Seth Shostak, un astronomo dell’Istituto SETI, membro del comitato consultivo del Progetto Galileo, ha spiegato che già esiste una rete di telecamere simile che dal 2010, ha rilevato 2 milioni di meteore per il progetto LaserSETI. La novità del Progetto Galileo, dice Shostak, è il suo focus sulla caccia agli alieni nell’atmosfera terrestre. Un prototipo del monitor di Loeb è già in costruzione e verrà posizionato sul tetto dell’Osservatorio dell’Harvard College in primavera. Se gli strumenti informatici dovessero funzionare intende costruirne di nuovi: l’idea quindi è di raccogliere altri fondi privati. Noi aspettiamo fiduciosi.