Diritti

Il diritto al voto per i fuorisede è ancora negato

La Commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il Ddl per il voto anticipato presidiato, ma solo in caso di referendum. Intanto, 5 milioni di persone sono costrette a spostarsi per le elezioni
Credit: EPA/TIMUR BATYRSHIN
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18 aprile 2023 Aggiornato alle 21:00

Il problema del voto fuorisede rimane ancora una volta irrisolto. Nonostante l’accordo raggiunto dalle forze politiche riguardo la proposta di legge presentata a ottobre 2022, il Ministero dell’Interno ha respinto la possibilità di far votare a distanza i cittadini che hanno il domicilio in un Comune diverso da quello di residenza per motivi di studio, lavoro o cura, eccetto nei casi di referendum.

L’esercizio del diritto di voto è nella pratica negato a oltre 5 milioni di cittadini, costretti a fare ritorno al proprio Comune di residenza per poter votare alle elezioni. Per ovviare al problema, il disegno di legge presentato dalla deputata Marianna Madia (Pd) proponeva di intervenire attraverso il cosiddetto voto anticipato presidiato: lo studente o il lavoratore fuorisede avrebbe potuto cioè chiedere tramite Spid di votare nel Comune di domicilio temporaneo entro 45 giorni prima, per poi esprimere la propria preferenza in quello stesso Comune il giorno prima delle votazioni, così da permettere l’invio delle schede nel Comune di residenza in tempo per lo spoglio.

La Commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo, rifiutando però il sistema di voto proposto per “difficoltà organizzative”. Della proposta originale si è quindi salvata soltanto la parte che prevede il voto fuorisede in caso di referendum. Questo perché il passaggio dal Comune di residenza a quello di domicilio non comporta alterazioni della rappresentanza e dell’eguaglianza del voto. Le schede dei referendum infatti sono identiche in tutto il territorio nazionale e, ai fini del risultato, dice il Ddl, “non assume alcun rilievo il luogo in cui l’elettore esprime il proprio voto, essendovi un’unica circoscrizione nazionale”.

Non è la prima volta che il Ministero dell’Interno si oppone alle decine di proposte di legge susseguitesi negli anni per tutelare il diritto costituzionale al voto dei cittadini fuorisede. L’ultimo disegno di legge, presentato nel 2019, mirava a introdurre il voto per corrispondenza e, in via sperimentale, anche il voto elettronico. 2 anni dopo però, il Viminale si era opposto per ostacoli definiti “insormontabili” e aveva escluso la possibilità di voto a distanza per le successive votazioni politiche.

Le barriere che il Ministero definisce “organizzative” rendono l’Italia, insieme a Malta e Cipro, l’unico Paese europeo senza una legge che consenta di votare fuori dalla propria città di residenza. È vero, esistono agevolazioni economiche dedicate per gli spostamenti tra le Regioni, ma i rincari rendono comunque poco accessibile il costo dei biglietti e le ore di viaggio sono superiori a 4 per quasi 2 milioni di persone (il 38% del totale dei fuorisede), mentre nel 15% dei casi diventano più di 12. Per offrire questi sconti, negli ultimi 15 anni lo Stato ha speso più di 60 milioni di euro.

Ma quali sono i problemi connessi al voto per corrispondenza? Il tema principale è quello della segretezza. Nella scorsa legislatura è stato presentato un libro bianco, redatto dalla commissione di esperti istituita dal Governo Draghi per studiare la possibile riduzione dell’astensionismo e l’agevolazione del voto: i risultati dicono che il voto per corrispondenza offre minori garanzie, per quanto riguarda la segretezza, la personalità e quindi la libertà del voto, rispetto al voto anticipato presidiato.

Il voto per corrispondenza (cioè il voto che l’elettore esprime per via postale, solitamente tramite una raccomandata) oggi è utilizzato dagli elettori italiani che risiedono o si trovano temporaneamente all’estero per motivi di lavoro, di studio o di cura. In Europa è fruibile dai cittadini fuorisede nella maggior parte dei Paesi in cui il sistema è utilizzato per votare, ovvero Austria, Germania, Lussemburgo, Spagna, Slovenia, Polonia e Ungheria.

Il voto anticipato presidiato, utilizzato da 18 Stati Ue, sarebbe in grado di ovviare alle obiezioni che da sempre si accompagnano al voto per corrispondenza. Tra questi, il rischio connesso al trasferimento delle schede elettorali per raggiungere il seggio dove l’elettore è iscritto.

Oltre a tutelare il diritto di voto e a ridurre l’astensionismo, un altro incentivo al voto a distanza riguarderebbe il contrasto al voto di scambio. L’Istat stima che a quasi 2 milioni di cittadini siano stati offerti denaro, favori o regali per avere il loro voto alle elezioni amministrative, politiche o europee, soprattutto al Sud e nelle Isole.

Per l’ong The Good Lobby, promotrice della campagna Io voto fuorisede, “votare a distanza darebbe spazio, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, a una nuova generazione di elettori che, lontana da influenze illecite e clientelismi, garantirebbe più legalità e meno corruzione”.

Indicato come possibile via per risolvere in sicurezza il problema del voto a distanza, il voto anticipato è quindi stato adottato come riferimento nella recente proposta di legge, tuttavia rigettata dal Ministero. Alla luce delle critiche avanzate, il Ddl potrà ora essere modificato: intanto, per un’altra legislatura (la quarta), chi vorrebbe votare rischia di non poterlo fare.

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