Futuro

La guerra cambia anche i nostri sogni

Le grandi tensioni mondiali, dall’11 settembre all’Ucraina, “entrano” nell’inconscio sotto forma di incubi ricorrenti. Lo confermano studi su rifugiati e reduci di guerra. E lo viviamo ogni notte anche noi, a causa del doomscrolling e della infodemia
Credit: jakob owens
Tempo di lettura 5 min lettura
3 aprile 2022 Aggiornato alle 13:00

Notizie e informazioni sulla guerra in Ucraina viaggiano alla velocità della luce. Si insinuano mentre siamo bloccati nel traffico, durante le pause caffè e nei momenti di attesa. Parliamo, e sentiamo parlare, così tanto di guerra e distruzione che ci sembra di rivedere le immagini del conflitto anche di notte, durante i nostri sogni.

E, infatti, insieme agli equilibri sociali e politici di tutto il mondo, anche la qualità del nostro sonno e dei nostri sogni rischia di cambiare.

Molto di quanto elaboriamo durante il sonno attinge proprio da circostanze e avvenimenti della vita quotidiana, unitamente a desideri inconsci: le emozioni penetrano nel sonno, attraverso immagini, simboli o rimandi diretti alla giornata.

Non a caso, in Psicologia si parla di residui diurni, ossia tracce del giorno appena trascorso, che possono funzionare da stimolo al sogno, riempirlo e dargli espressione. Accanto a questo materiale, le impressioni di ciò che si è vissuto e lasciato in qualche modo in sospeso, non ancora completamente elaborato dal punto di vista emotivo o cognitivo.

Allinterno di giornate frenetiche e piene di impegni, il sonno diventa quindi, paradossalmente, l’unica occasione per fermarsi, un momento in cui, sebbene si dorma, si crea il tempo e lo spazio mentale per elaborare angosce, tensioni e conflitti.

Sognare è come pensare, scrive lo psicologo junghiano James Hillman. Una sorta di processo digestivo degli eventi e accadimenti vissuti durante il giorno. Anche quando questi hanno a che fare con il recente conflitto.

La guerra in Ucraina va infatti avanti da più di un mese ed espressioni come Terza Guerra Mondiale”, Crisi Umanitaria” o Disastro Nucleare” sono ormai entrate a far parte dei nostri discorsi, generando inevitabilmente sentimenti di ansia, confusione e preoccupazione.

Lesposizione continua a eventi e fatti di cronaca mina il nostro benessere ed equilibrio mentale, alimentando ulteriormente stress e sovraccarico cognitivo che si protraggono, spesso, anche di notte.

Vogliamo sapere, vogliamo capire, e così ci ritroviamo a trascorrere ore e ore a cercare in rete immagini e informazioni sul conflitto, entrando molto spesso in un loop senza fine: quello del doomscrolling o dellinfodemia. E in questo loop, come già ricordato, manca il tempo per elaborare tutto ciò che si vede, legge, ascolta.

La mente è piena e in uno stato di allerta e le conseguenze di ciò possono essere anche molto gravi. Secondo una ricerca britannica la continua esposizione mediatica a eventi violenti e traumatici può provocare infatti sintomi e manifestazioni cliniche simili a quelle riportate in diagnosi di disturbo post traumatico da stress (PTSD). Tale condizione è comune tra persone che hanno vissuto eventi particolarmente traumatici - come rifugiati o veterani di guerra - e presenta una sintomatologia che può influire pesantemente sulla qualità del sonno di chi ne è affetto, anche a distanza di anni dall’episodio scatenante.

In queste persone, i traumi del passato tendono a ripresentarsi in incubi vividi e ricorrenti: uno studio statunitense ha mostrato per esempio come in un campione di ex-soldati impegnati nella guerra in Vietnam, circa il 50% dei sogni analizzati raffigurava ambienti, personaggi e oggetti tipici degli scenari di guerra a loro noti.

Sebbene tali sintomi rappresentino un estremo delle possibili conseguenze associate alla continua esposizione a immagini e video, ci ricordano quanto la nostra mente - e i nostri sogni - siano sensibili alle tensioni e alle cronache che ci circondano ogni giorno. Alterazioni del sonno e dell’attività onirica sono state infatti registrate più volte all’interno della popolazione generale in occasione di eventi che hanno particolarmente attirato l’attenzione globale.

Durante la pandemia, per esempio, uno studio internazionale ha registrato un incremento significativo della frequenza e dellintensità degli incubi a livello generale. Incubi, in cui, inoltre, si riversavano stress ed emozioni negative provate durante il giorno, manifestandosi attraverso immagini oniriche legate al lockdown come paura del contagio, perdita del lavoro o fragilità delle persone anziane.

Un andamento del tutto simile è emerso in occasione di un altro scontro ben noto in Occidente: gli attentati dell’11 settembre. Anche in tal caso si registrò infatti un aumento comune della frequenza di incubi caratterizzati da contenuti chiaramente connessi agli attacchi terroristici quali dirottamenti di aerei, incendi ed esplosioni.

Pertanto, anche se è necessario attendere studi e sviluppi futuri sul recente conflitto, il passato ce lo insegna: ansia, timori, e preoccupazioni legate a eventi traumatici e situazioni minacciose possono influenzare il modo in cui le persone dormono e sognano. Emozioni e percezioni contano, ora come allora.

*Palma Scarano è Well-being & Operations Assistant di Mindwork, servizio di consulenza psicologica per le aziende

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