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Cosa sono e come funzionano gli ecovillaggi

Si tratta di modelli abitativi basati sulla sostenibilità e sull’autosufficienza energetica e alimentare di chi ne fa parte. Diversi quelli presenti in Italia
Credit: Freepik 
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11 febbraio 2024 Aggiornato alle 13:00

Ecosistemi in grado di sostenersi in autonomia e che hanno come principio base lo stile di vita green e nessun impatto sull’ambiente. Si tratta degli ecovillaggi, comunità solidali che rispettano l’ambiente e puntano all’autosufficienza energetica e alimentare, e dove la parola collaborazione è fondamentale.

Cosa sono

Gli ecovillaggi sono comunità che portano avanti una quotidianità a impatto zero, dove più persone, non tutte della stessa cerchia familiare, decidono di vivere insieme e costruire dei progetti di vita sostenibile a livello ecologico, sociale, spirituale ed economico.

Il principio fondamentale è l’autosufficienza, volta a soddisfare internamente il più possibile le esigenze dei propri membri in termini di lavoro, divertimento e bisogni affettivi tramite bioedilizia, energie rinnovabili, nuove tecnologie e molto altro.

Caratteristiche principali

Negli anni molti esperti hanno studiato gli ecovillaggi, tra questi l’ecologo e agronomo australiano David Holmgren, che ha stabilito alcune caratteristiche distintive di questo tipo di comunità.

L’adesione dei partecipanti è volontaria, così come la condivisione dei principi comuni. I nuclei abitativi sono progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale; si utilizzano energie rinnovabili e l’autosufficienza alimentare è basata su permacultura (un sistema di progettazione del territorio che integra l’uomo con l’ambiente e i suoi elementi) o altre forme di agricoltura biologica. L’obiettivo è progettare insediamenti duraturi, il più possibile simili a ecosistemi naturali, tramite le componenti del paesaggio.

Gli ecovillaggi però non sono tutti uguali. Esistono quelli urbani che puntano a migliorare la qualità della vita in città; quelli tradizionali in cui si hanno villaggi rurali e comunità esistenti che decidono di progettare insieme il percorso, con processi che uniscono tradizione e innovazione; e quelli intenzionali creati da persone che realizzano un progetto comune sulla base di una visione condivisa.

L’ecovillaggio inoltre è considerato un modello resiliente, con capacità di affrontare e superare le difficoltà e di adattarsi ai cambiamenti naturali.

I più noti

A causa della situazione ambientale critica degli ultimi anni, l’attenzione verso questo tipo di struttura si è fatta più forte, favorendo la formazione di nuove comunità ecologiche, che in alcuni casi hanno sviluppato anche forti aspetti religiosi e sociali.

Il primo ecovillaggio della storia è nato in Tennesse nel giugno del 1971 con il nome di The Farm. Sviluppatosi dall’idea si un professore dell’Università di San Francisco, Stephen Gaskin, di creare una comunità attenta ai bisogni del Pianeta, è arrivato a un massimo storico di 1500 abitanti nel 1983.

Il primo villaggio italiano nacque invece nel 1982 in Umbria con il nome di Utopiaggia. Ideato da un gruppo di giovani tedeschi, è tuttora esistente e oggi conta una comunità composta tra le 20 e le 40 persone che vivono e lavorano producendo autonomamente pane, formaggio, tessuti e altri beni di prima necessità.

Nell’ecovillaggio Lumen, nato nel 1992 in provincia di Piacenza, più di 60 persone sono impegnate nel promuovere la cultura dell’ecosostenibilità, della sana alimentazione e della cura delle relazioni.

Di recente costruzione è invece l’ecovillaggio La Magione situato nel Comune di Montefano vicino Macerata. Un progetto nato per essere completamente autosufficiente dal punto di vista energetico ed economico, con abitazioni in paglia e terra cruda, costruite direttamente da chi ci abita.

Come testimoniano queste realtà, l’interesse per le comunità sostenibili è ancora molto vivo. A confermarlo, anche la Rete Italiana Villaggi Ecologici, secondo la quale solo nel 2019 si sono associati 118 ecovillaggi in tutta Italia.

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