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Kenya, i parlamentari e il nuovo dress code

Le regole di stile introdotte nel parlamento del Paese africano mettono al bando il kaunda, un abito tradizionale spesso indossato dai capi di Stato
Credit: ANSA 
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10 dicembre 2023 Aggiornato alle 06:30

Alcuni abiti diventano iconici per la personalità e la notorietà di chi li indossa, tanto da prenderne il nome.

E così, per gli italiani, il cappotto di panno pesante (il Duffel) di mezza lunghezza con il cappuccio e l’allacciatura con alamari è chiamato Montgomery dal nome del generale inglese che lo indossava sopra la divisa (da notarsi che lo chiamiamo così noi italiani ma non gli stranieri, inglesi compresi).

In Africa, invece, la tipica sahariana abbinata a pantaloni dello stesso colore, non molto dissimile dagli abiti indossati nelle immagini ufficiali dal fondatore della Cina moderna, Mao Tse-tung, è conosciuta come kaunda dal nome di Kenneth Kaunda, il primo presidente dello Zambia indipendente (era il 1964).

In questi giorni la stampa keniana e africana in genere, ma anche quella internazionale (The New York Times, BBC), riporta la notizia che tale indumento, insieme a copricapi, camice a mezze maniche, gonne sopra il ginocchio e abiti troppo succinti è bandito dal dress code del parlamento keniano.

Di per sé forse la notizia non avrebbe tanta eco se non fosse per il fatto che il kaunda è un abito spesso indossato dai leader africani, a partire dal presidente keniano William Ruto, che è sempre più solito portarlo da quando è stato eletto lo scorso anno, quasi che il kaunda sia una divisa di chi guida uno Stato. E Ruto è un leader che sta conquistando sempre maggiore popolarità non solo in Kenya ma anche nel resto dell’Africa.

Certamente il kaunda presenta il fascino sobrio degli indumenti propri dei Paesi caldi e unisce in sé l’idea di una divisa da lavoro (simile alla tuta degli operai) e una uniforme militare, senza identificarsi con l’una o con l’altra: in altri termini, si presta a rappresentare laboriosità, modestia ma anche la forza e il prestigio di coloro che rappresentano o meglio guidano una forza armata.

Come sopra anticipato, la misura adottata dal parlamento non è rivolta al solo kaunda, ma anche ad altri abiti tipicamente africani, secondo criteri volti a coprire nudità o evitare eccessi folkloristici quali i copricapi. Lo speaker del parlamento keniano ha giustificato l’intervento con la necessità di assicurare un decoro all’istituzione, in modo non dissimile da altri parlamenti di tutto il mondo.

La decisione al momento è stata apprezzata da molti e criticata da altri, che in particolare nel kaunda vedono un abito tipicamente africano e quindi un segno di distinzione della propria terra.

Al pari di ogni atto relativo alla politica, può essere interpretato in maniera diversa: se, infatti, si può apprezzare una certa indipendenza dal presidente, che non potrà indossarlo quando entrerà in parlamento, salvo spiacevoli atti di forza o di soggezione da parte dei parlamentari, dall’altra c’è chi vede in questa imposizione, una sorta di atto volto a rafforzare e distinguere l’immagine del presidente, al quale di fatto si riserva l’uso del kaunda nelle immagini ufficiali e si distinguerà così dai parlamentari che vestiranno perlopiù abiti occidentali.

Quanto al decoro, a prescindere dalla decisione e dalla situazione keniana, purtroppo ben sappiamo che spesso in tutto il mondo non basta il dress code per evitare scene da corrida nelle riunioni parlamentari, con comportamenti che appaiono assai poco onorevoli a prescindere dai titoli di cui si fregiano i membri del parlamento.

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