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Cercasi pioggia disperatamente

Il global warming colpisce anche i nostri inverni: il Nord Italia è arido, i fiumi sono sempre più a secco, sulle Alpi c’è poca neve. E in Pianura gli indici degli inquinanti nell’aria schizzano
Credit: Brad Helmink
Tempo di lettura 3 min lettura
31 gennaio 2022 Aggiornato alle 07:00

Non piove abbastanza. È difficile continuare a definirli semplicemente “anomali” quando - nel contesto della crisi climatica in corso - eventi come la mancanza di pioggia in inverno o la siccità d’estate continuano a ripetersi.

Da settimane, soprattutto nel nord Italia, non sta piovendo: in regioni come Piemonte, alcune zone dell’Emilia e della Lombardia, oppure la Liguria, i fiumi stanno registrando livelli sempre più bassi e preoccupanti mentre al contrario i livelli di smog e l’effetto “cappa” continuano ad aumentare. L’agricoltura, dai carciofi d’Imperia che hanno visto un calo di produzione del 70% sino alle coltivazioni piemontesi, è in estrema sofferenza. Nella zona di Torino, dal cielo non è venuta giù acqua per più di 6 settimane e nella Pianura padana i valori delle polveri sottili sono sempre più allarmanti.

Tra la fine 2021 e inizio 2022 la presenza quasi costante di un blocco anticiclonico sull’Atlantico ha portato per esempio in Piemonte a temperature superiori alla norma (+0.9°a dicembre e +1.5°C a gennaio) ricorda l’Arpa, con quasi 50 giorni consecutivi senza pioggia. La Coldiretti, in un’analisi che coinvolge Lombardia e altre zone d’Italia, ha parlato di un inverno senza piogge significative per settimane che ha portato grandi laghi a secco e medie inferiori rispetto allo scorso anno.

Poi c’è il Po a preoccupare: la sua portata è dimezzata rispetto all’anno scorso e a Piacenza si sono registrati 379,7 metri cubi al secondo, il dato più basso degli ultimi 16 anni secondo l’Anbi. Tutti effetti e impatti di una crisi climatica che si manifesta in più modi e continua a preoccupare facendosi sentire su vite ed economie, dalle città dove cresce l’inquinamento atmosferico alle campagne dove le coltivazioni soffrono per primavere anticipate e poi, come accaduto lo scorso anno, gelate ad aprile.

Ci sono diverse aree del Nord, soprattutto nell’ovest di Piemonte e Liguria, dove a parte per la nevicata dell’8 dicembre praticamente sono 2 mesi che non si registrano eventi di pioggia rilevanti. Sulle Alpi c’è poca neve, le temperature sopra la media, mentre in pianura regnano nebbia e inquinamento. Va un po’ meglio al Centro Sud e nella zona adriatica, ma una generale persistenza dell’alta pressione sull’Europa occidentale sembra a oggi continuare a tenere l’Italia prevalentemente all’asciutto.

Forse, indica il meteo, sarà necessario probabilmente aspettare i primi di febbraio, anche se Alpi e Nord potrebbero rimanere ancora a secco. La speranza è dunque racchiusa in un cambio radicale della circolazione atmosferica e l’attenuazione del campo anticiclonico. Se quest’estate tra ondate di calore, temperature record (come gli oltre 48 gradi in Sicilia) e incendi, anche in Italia si è assaggiato per l’ennesima volta l’impatto della crisi climatica, bisognerebbe cominciare a ragionare sempre di più anche sugli inverni: appaiono meno piovosi, cambiano e, con loro, la nostra agricoltura.

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