Futuro

Piccolo - Spazio - Pubblicità

L’anno appena iniziato potrebbe essere quello giusto. Per una campagna pubblicitaria nello spazio. Bello, brutto, chissà. Ma poi decollerà, questo space advertising?
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16 gennaio 2022 Aggiornato alle 21:00

Per chi si fosse stancato della solita campagna below the line in centro città, adesso si può davvero osare. Cioè, guardare in alto, e magari pianificare. L’anno che si è appena concluso ha aperto la strada al turismo suborbitale rendendo lo Spazio un luogo sempre più “accessibile”: a inizio febbraio quattro civili raggiungeranno per la prima volta la Stazione Spaziale Internazionale. L’ADV ultraterrestre, quindi, potrebbe essere il passo successivo?

Qualcuno ci prova già. Lo scorso anno, ad agosto, la start-up canadese Geometric Energy Corporation (GEC) ha annunciato di voler lanciare un piccolo satellite, chiamato CubeSat con un cartellone pubblicitario installato su un razzo SpaceX (l’azienda aerospaziale fondata da Elon Musk, ndr). L’idea è montare uno schermo pixellato su un lato del satellite su cui proiettare pubblicità, loghi e immagini.

Altra idea geniale. Lo spazio pubblicitario potrà essere acquistato con particolari token, gettoni di una criptovaluta emessi per l’occasione. La notizia non poteva non sortire le critiche dagli ambientalisti che, immaginando una sorta di sole di notte, hanno chiesto informazioni circa l’inquinamento luminoso che potrebbero produrre le luci della pubblicità spaziale. La Geometric Energy Corporation in realtà spiega che la misura del CubeSat sarà di solo 4 pollici per ciascun pannello (nel progetto sono 3). E le pubblicità non saranno affatto visibili da terra: gli annunci verranno fotografati utilizzando un selfie stick di ultima generazione per essere trasmessi in live streaming su YouTube o Twitch.

L’idea è che chiunque possa acquistare uno spazio pubblicitario sul satellite di GEC, componendo il proprio messaggio, decidendo i colori, la luminosità e per quanto tempo verrà visualizzato.

Ma l’advertising spaziale è una chimera per molti, non si sa quale futuro reale, e certamente annovera già qualche antenato celebre. Per esempio, nel 2019 Vladilen Sitnikov, insieme alla start-up russa StartRocket, ha lanciato il progetto Orbital Display: una rete di satelliti cubici collegati tra loro che componevano cartellone suborbitale di 50 chilometri quadrati. Ma già durante gli anni Novanta il Programma spaziale russo siglò collaborazioni con diversi marchi: nel 1996 furono pagati 5 milioni di dollari per far galleggiare una lattina di Pepsi appena fuori dalla stazione spaziale Mir. E qualche anno più tardi, nel 2000, Pizza Hut pagò 1 milione di dollari per stampare il logo su uno dei razzi russi allora in orbita.

Ma è oggi che stanno arrivando “matti veri”. Per esempio, la giapponese ALE vuole utilizzare satelliti che lancino delle sfere per creare delle stelle cadenti artificiali su richiesta. Una proposta - turpe dictu - che ha già raccolto milioni di dollari di finanziamenti.