Ambiente

Ecogiustizia: la Corte Penale Internazionale viene chiamata a intervenire contro i crimini ambientali

Esperti e attivisti hanno unito le loro voci per porre fine all’impunità dei crimini ambientali, chiedendo alla Corte di svolgere un ruolo più attivo nella difesa dell’ambiente
Credit: Harrison Moore  

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27 marzo 2024 Aggiornato alle 18:00

La Terra è sotto attacco, e coloro che lo danneggiano devono essere chiamati a rispondere delle proprie azioni davanti alla legge: suona come un tentativo di rompere ciò che molti definisco un regime di impunità l’appello unanime che attivisti, esperti legali e accademici hanno lanciato alla Corte Penale Internazionale (Cpi), chiedendole di svolgere un ruolo più attivo nella difesa dell’ambiente globale, avviando indagini e procedimenti giudiziari contro chi commette crimini contro l’ambiente.

Da canto suo, Karim Khan, procuratore capo della Cpi rassicura: la Corte, già da febbraio, sta lavorando a un documento politico sui crimini ambientali. Obiettivo? Aiutare a “promuovere la responsabilità, la trasparenza e la prevedibilità” del suo ufficio in un’area così importante.

Le finalità del documento

Il documento su cui sta lavorando la Corte sembrerebbe includere anche i riferimenti allo Statuto di Roma e altri trattati ambientali che offrono una panoramica di norme di diritto internazionale consuetudinario, oltre che lasciarsi ispirare dalle decisioni di altri tribunali nazionali e internazionali.

Intrecciando questi elementi, dunque, si vuole indicare una strada legale più ampia e rigorosa per combattere chi danneggia l’ambiente, riconoscendo sempre più il diritto umano a vivere un ambiente sano e, al tempo stesso, la progressiva penalizzazione dell’ecocidio, oltre all’inasprimento delle responsabilità delle aziende attraversi requisiti di due diligence più stringenti.

In un commento congiunto, avvocati e scienziati dell’Institute of Commonwealth Studies della University of London, dell’Oxford Sustainable Law Program e dell’International Nuremberg Principles Academy mettono in luce come le azioni che conducono gravi danni ambientali spesso si intreccino con la violazioni dei diritti umani.

Una sovrapposizione, questa, che apre la porta all’ipotesi che tali azioni possano qualificarsi come crimini simili al genocidio, ai crimini contro l’umanità o ai crimini di guerra, dando così una nuova luce sul potenziale impatto dell’applicazione dello Statuto di Roma in ambito ambientale.

Con questa nuova prospettiva, dunque, le accuse potrebbero essere mosse contro chiunque danneggi l’ambiente, dai politici ai leader di bande criminali, fino ai dirigenti aziendali: «Ad esempio, si sostiene che gli amministratori delegati che supervisionano alcune società di combustibili fossili abbiano sistematicamente incoraggiato pratiche insostenibili nell’estrazione di combustibili fossili, nonostante fossero consapevoli da almeno 50 anni dell’impatto dannoso delle conseguenti emissioni di gas serra», dicono gli esperti.

E continuano: «Affrontare l’impunità di coloro che propagano deliberatamente disinformazione sul riscaldamento globale è un passo essenziale per fermare la continua espansione dei combustibili fossili, che sta minacciando l’umanità e il Pianeta».

Ancora, l’avvocato per i diritti umani Michael Mansfield KC ha espresso chiaramente l’urgenza di sanzioni penali, sostenendo che, senza di esse, la graduale eliminazione dell’impronta di carbonio diventerà vana. Una posizione, questa, che riflette le preoccupazioni dell’organizzazione Stop Ecocide International, la quale, nella sua lotta per una modifica allo Statuto di Roma per includere il reato di ecocidio, ha accolto la recente consultazione, pur evidenziando che il trattato attuale si dimostra insufficiente nell’affrontare le tante minacce che la natura e il clima affrontano quotidianamente.

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