Ambiente

Perché (non) dovremmo sospendere l’Ets?

Le imprese insistono per bloccare il sistema di compensazione economica dei gas serra dell’Ue. Prima di chiederci se è possibile e quali sarebbero gli effetti, dovremmo domandarci: perché (o per chi) dovremmo farlo?
Credit: Elia Pellegrini/unsplash
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
10 novembre 2022 Aggiornato alle 11:00

In 17 anni ha permesso di abbattere quasi della metà le emissioni di CO2 delle aziende europee. Ora, però, a causa del caro-energia qualcuno vorrebbe sospenderla. Ma è davvero possibile mettere in pausa il sistema di scambio delle emissioni (conosciuto anche come Ets, dall’inglese Emission Trading System), la strategia di compensazione economica dei gas serra dell’Ue? E, soprattutto, quali potrebbero essere le conseguenze di questa scelta?

Partiamo dalle basi: come funziona questo sistema? L’Unione europea, che è il terzo produttore al mondo di anidride carbonica, per prevenire i cambiamenti climatici punta a ridurre in modo sostanziale le proprie emissioni entro il 2030 e raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. L’Ets è una delle strategie messe in atto per raggiungere questi risultati. Lanciato nel 2005, è attivo in 31 paesi e si rivolge specificatamente alle industrie.

«Il sistema di scambio delle emissioni - spiega il sito dell’Europarlamento - obbliga più di 11.000 centrali elettriche e fabbriche a richiedere un permesso per ogni tonnellata di CO2 che emettono. Questo è un chiaro incentivo a inquinare meno: meno si inquina, infatti, meno si paga. Le industrie devono comprare queste quote attraverso aste e il prezzo segue le regole della domanda e dell’offerta. Alcune quote sono state date gratuitamente, per evitare che -in alcuni settori a rischio- le industrie si trasferissero in regioni con meno restrizioni ambientali».

La concezione di base viene definita “cap and trade”. Ogni azienda acquista dei “crediti” (carbon credit) per ogni tonnellata di gas serra che può emettere secondo i limiti imposti dall’Ue; in seguito, può decidere se utilizzarli per compensare le emissioni effettive o rivenderli ad altre aziende, investendo invece in sistemi e tecnologie più sostenibili e meno inquinanti.

Poco sorprendentemente, a chiedere di sospendere l’Ets sono gli imprenditori, le associazioni di categoria (Confindustria in testa) e i politici che ne rappresentano gli interessi (da Forza Italia a Carlo Calenda), ma la spinta arriva anche dall’estero ed è caldeggiata anche dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca, che detiene attualmente la Presidenza del Consiglio Europeo. Nonostante il focus sul risparmio per i consumatori e sulla presunta insostenibilità economica di questo sistema in un momento in cui il prezzo del gas ha raggiunto cifre record, questa – insistente – richiesta si traduce, né più né meno, nella pretesa di continuare a inquinare liberamente, smettendo di pagare le (bassissime) compensazioni per le emissioni di CO2.

Prima di chiederci se questa è una strada percorribile (e quali sarebbero i suoi effetti reali), quindi, dovremmo chiederci: perché (e per chi) dovremmo farlo? Se è vero che a pagare l’aumento dei costi dell’energia sarebbero quasi certamente i consumatori finali, possiamo accettare che la via per non gravare sulle loro tasche sia quella di alleggerire i conti delle industrie allentando le maglie della lotta al cambiamento climatico? O, forse, piuttosto che tornare indietro potremmo (o dovremmo) individuare delle azioni che non carichino (ancora di più) il peso della crisi energetica sui cittadini senza aggravare ulteriormente le condizioni già critiche dell’ambiente eliminando una seppur minima barriera all’inquinamento sregolato?

Ma veniamo al cuore della questione: sospendere l’Ets è possibile? Non secondo la International Emissions Trading Association (Ieta). Come ha spiegato a S&P Global la responsabile Politiche Ue di Ieta, Julia Michalak, al momento non esisterebbero infatti le basi legali per introdurre misure di questo tipo. La sospensione dovrebbe passare per una modifica della direttiva Ets, che dovrebbe essere concordata a livello di Consiglio e poi recepita da tutti i 27 Stati Ue. «La direttiva dovrebbe essere modificata attraverso un normale processo di co-decisione che coinvolgerebbe la Commissione, l’Europarlamento e il Consiglio e durerebbe da 1 a 2 anni e mezzo». Inoltre, bisognerebbe «eliminare o sospendere l’obbligo di restituzione delle quote Ets da parte delle aziende con una modifica alle varie legislazioni nazionali».

Già alla fine di agosto, in occasione del Baltic Sea Summit di Copenaghen la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva ribadito che la Ue «ha bisogno dell’Ets per ridurre le emissioni di CO2» e che «il vero motivo dell’aumento dei prezzi elettrici è il gas, principalmente il gas russo manipolato da Putin. […] Il prezzo dell’elettricità è composto per il 94% da fattori, principalmente il gas, diversi dall’Ets, che rappresenta solo il 6%».

Questa è anche un’implicita risposta a quelli che promettono un abbattimento drastico del caro bollette in conseguenza della sospensione dell’Ets: gli effetti di una manovra di questo tipo, infatti, sarebbero limitati e non inciderebbero in misura sostanziale su aziende e consumatori.

L’effetto più concreto sarebbe limitare la politica climatica dell’Unione Europea togliendo un elemento strategico fondamentale, senza il quale raggiungere l’obiettivo zero emissioni entro il 2050 è impossibile. Piuttosto, sarebbe necessario intervenire per fare in modo che la compensazione economica delle emissioni venga impiegata in effettive pratiche di transizione ecologica: secondo il report L’uso dei proventi della vendita all’asta dell’Ets dell’Ue sulle azioni per il clima dell’Ecologic Institute di Berlino, a oggi in Italia solo il 36% di queste risorse è stato investito in politiche climatiche.

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