A scuola di fauna selvatica

Indagare le relazioni tra i comportamenti umani dannosi per l’ambiente e la diffusione dei microrganismi e dei virus, come il Covid-19. È questo uno degli obiettivi del nuovomasterdi secondo livello inMedicina della conservazione e gestione sanitaria della fauna selvatica, organizzato dalDipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Teramoe dalParco Nazionale della Maiella. Ma non è un semplice corso per la cura degli animali: il tema principale è l’equilibrio nel rapporto tra essere umano e natura,analizzando le conseguenze che le pratiche di conservazione possono avere sulla salute pubblica, secondo il principioOne Health. Con l’avvento del Covid “abbiamo dovuto confrontarci con alcuni concetti di epidemiologia, prima sconosciuti ai più”, hanno spiegato gli organizzatori in una nota di presentazione. Primo fra tutti quello dispill over, o salto di specie, cioè lamigrazione di un virus da un animale -per esempio il pipistrello – a una persona. Perciò “abbiamo capito comele relazioni tra noi, le popolazioni animali e l’ambiente debbano essere viste con un approccio integrato, olistico”. Gli studenti del master, da una parte, dovranno mettersi in gioco per trovare e applicare misure più efficaci pertutelare le specie vulnerabilioppure a rischio di estinzione. Dall’altro dovranno “strutturare un sistema disorveglianza sanitariasulle popolazioni selvatiche sia nelle aree protette che negli ambienti” abitati dagli esseri umani. La formazione passeràdall’ecologia, allabiologia, fino alletecniche di controllo dell’igieneedella sicurezza delle carniderivate dalla caccia e dall’allevamento”. L’obiettivo è imparare a comprendere le dinamiche delle epidemie, come ilCovid, ma anche la Mers o l’Ebola, in modo da arginarle in tempo. “Abbiamo sentito spesso dire che oltre il 70% dell’origine delle malattie infettive emergenti dell’uomo è di origine animale, perlopiù da animali selvatici, ed è vero: ma è altrettanto vero che tali malattie sono effetto direlazioni complessetra uomini, animali domestici e selvatici – si legge ancora nella nota – Queste trovano spiegazione, quando riusciamo ad averla, nell’analisi di fattori quali densità di popolazione umana, diversità e abbondanza di animali selvatici, e cambiamenti dell’ambiente messi in atto dall’uomo, primi fra tuttideforestazione, espansione dipratiche agricolturalieproduzionezootecnica intensive, commercio di animali”. Nata negli anni ‘90, lamedicina della conservazione- oconservation medicine -cerca di indagare proprio questi legami. La figura del veterinario diventa fondamentale come intermediario, non solo tra il mondo umano e animale, ma anche tra “competenze ecologiche”, di tutela della biodiversità e dell’ambiente, e quelle “sanitarie”, come l’epidemiologia o la virologia. La classe del master inMedicina della conservazione e gestione sanitaria della fauna selvaticaè composta da 30 alunni fra medici veterinari, liberi professionisti, funzionari di enti pubblici impegnati nella gestione della fauna, dirigenti di aziende sanitarie locali e ricercatori provenienti da tutta Italia. Le lezioni sono strutturate in 2 parti: una teorica, online, l’altra pratica, grazie all’attività sul campo a cura delWildlife Research Centerdel Parco della Maiella,nella sede scientifica di Caramanico Terme (Pescara) e in altre aree di interesse, in collaborazione con laSocietà Italiana di Ecopatologia della Fauna Selvatica(Sief). La particolarità geografica e la ricchezza di aree protette dell’Appennino abruzzese hanno già permesso in passato di avviare i primi studi in Italia relativi al rapporto tra lo stato di salute delle specie protette e i loro effetti sull’essere umano. Nei suoi parchi naturali sono infatti diffusi il lupo, il camoscio e l’orso bruno marsicano, tutelati anche da programmi di conservazione dell’Unione Europea.