Le persone povere sono sempre più povere

All’alba di un nuovo anno,l’inflazione continua a pesaresulle teste degli italiani, con un+11,6%. Gli effetti più eclatanti si sono registrati su tutte quellespese legate alla casache sonopiù che raddoppiate(+54,5%). Le spese alimentari sono aumentate dioltre il 13%, ben 10,2 punti percentuali in più rispetto a dicembre 2021. E ancora nell’ambito dellamobilità, crescono le preoccupazioni per l’ascesa del prezzo del carburantea cui fanno eco gliaumenti del costo dei biglietti dei mezzi di trasportonelle varie città italiane. A Milano, sono passati da 2 a 2,20 euro, mentre a Roma, da agosto 2023, anziché 1,50 euro si pagheranno 2 euro per una singola corsa. Ad avere subito scostamenti più ampi sono, dunque, i cosiddetti beni primari. Ed è proprio per questo che le conseguenze non sono uguali per tutti, rendendo la situazione pesante soprattutto per i più poveri. Chi prima della crisi aveva un piccolo margine extra di spesa adesso fa una scelta ed è costretto arinunciare a un viaggio o a una cena fuori con gli amici, come dimostrano le prospettive di consumo degli italiani per il 2023. Ma non parliamo solo di beni voluttuari: molte persone che si trovavano già in condizioni di difficoltà, rischiano ora di non riuscire a far fronte alle spese basilari. I poveri diventano ancora più poveri. Infatti, nell’ultimo anno è aumentato il numero di famiglie in povertà assoluta che, secondo ilreport di CaritasL’anello debole, sono 1.960.000 e rappresentano quasi il 10% della popolazione.Il rinnovo degli affitti registra un +25%, mentre secondo l’Associazione bancaria italiana i tassi di interesse dei mutui sono passati dall’1,45% a gennaio 2022 a 2,73% a ottobre dello stesso anno. L’inflazione è responsabile anche del mancato rinnovo di numerosi contratti di lavoro a termine: il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) calcola chesu 12,8 milioni di lavoratori dipendenti, la metà ha il contratto scaduto. I lavoratori dipendenti sono quelli che soffrono maggiormente le difficoltà del periodo: benché il valore nominale della retribuzione sia rimasto lo stesso,sta diminuendo il potere d’acquisto del lavoratore, essendo cambiato il costo della vita. Secondo l’indagine diIlo(Organizzazione internazionale del lavoro), in Italia si è registrata una riduzione del 12% del potere di acquisto a parità di busta paga tra il 2008 e il 2022, la percentuale più alta tra i Paesi del G20. Questi numeri sono alla base delle decisioni e delle manovre effettuate dal governo. Ciononostante, sono numeri talmente elevati da richiedere un sforzo maggiore. Per una crescita economica sostenuta, occorre la partecipazione di tutti: se una buona fetta della popolazione viene lasciata indietro, l’obiettivo si allontana. In questo scenario, diventa fondamentale l’azione del governo per garantire unamaggiore ridistribuzione del redditotramite interventi ancora più incisivi.